Massimiliano Panarari per la Stampa
zingaretti giachetti martina
Niente fuochi d' artificio, e tanto fair play. A metà tra il «neo-doroteismo» e la volontà di andare incontro alla richiesta di molti militanti di non litigare.
Con la (parziale) eccezione di Roberto Giachetti, che ha giocato la sua partita in maniera un po' più «eretica» degli altri due candidati alla segreteria del Pd. E, dunque, niente incivility - che, purtroppo, dilaga sul web ampiamente sfruttata dai leader populisti -, e invece un format tv da «tribuna elettorale» postmoderna.
A dominare il confronto è stata la sobrietà di toni, come pure di location, all' insegna di un modello «discorsi del caminetto» diversissimo dal «format X Factor» dei dibattiti del passato. Lo studio accanto a Montecitorio di SkyTg24 presentava la sua caratteristica scenografia col mattone a vista, e tre seggiole-sgabelli minimal. Dove si è visto - situazione piuttosto allegorica - Martina in mezzo a Zingaretti e Giachetti, stile forza di peace-keeping; giustappunto, una trasposizione nello spazio dei tre orientamenti politici.
zingaretti giachetti martina
O, quanto meno, dei rispettivi posizionamenti, dal più lontano al più vicino, rispetto alla stagione del renzismo. Il body language e gli scambi dialettici suggerivano il seguente schema di gioco: Zingaretti la «forza tranquilla» (e quello che aveva più da perdere), Martina il «pompiere in servizio permanente effettivo» e il mediatore (anche troppo) ecumenico, e Giachetti l' outsider che spariglia (difatti, memore della lezione pannelliana, è stato quello che ha cercato di più l' attacco polemico e la «provocazione», come sul Venezuela).
zingaretti giachetti martina
Scravattati sia il turborenziano che il governatore del Lazio, plausibilmente per mettersi in sintonia con uno spirito dei tempi che associa l' accessorio al famigerato establishment (e, a onor del vero, i due politici romani l' indossano di rado). Spiccava così solo la cravatta a tinte rosse di Martina, plausibilmente un richiamo subliminale alla tradizione cromatica per eccellenza della sinistra.
I colori degli indumenti erano prevalentemente scuri (dal blu al grigio), una scelta classica del guardaroba maschile grazie alla quale non si rischia, e non ci si sbaglia mai. E, infatti, dal punto di vista della prossemica, la gestualità dei tre competitor è risultata assai controllata e misurata, a volte perfino trattenuta, mentre si sentiva aleggiare la «Grande paura» per una scarsa affluenza di votanti ed erano tutti dediti allo scopo primario di non commettere errori (un mix che fa incorrere nella sindrome del «braccino»).
MASSIMILIANO PANARARI
Se le risse allontanano gli elettori del centrosinistra dalla mobilitazione (come testimonia il buonsenso politico), è altresì vero che non l' aiutano neppure delle piattaforme troppo simili e un eccesso di indistinzione (come recitano, in questo caso, le regole del marketing). Nella politica postmoderna, volenti o nolenti, il partito che sfonda è un triplete di leadership, comunicazione e narrazione (più in termini di seduzione simbolica che di piattaforma programmatica). E per tutte e tre servono idee e segni forti, che stimolerebbero maggiormente la partecipazione alle primarie. Ma su questo il confronto di ieri ha lasciato parecchio a desiderare