Michele Masneri per il Foglio – Estratti
danilo coppola
Esiste un razzismo finanziario? Prima di essere arrestato ieri ad Abu Dhabi, il finanziere romano Danilo Coppola postava all’impazzata su Instagram storie in cui accusava giudici “deviati” e pezzi del Csm, ma tutti erano colpiti piuttosto dalla parlata. “Penzate che io nella vita voglia fa’ er latitante?”
(...) Il problema di Coppola, già soprannominato “er Cash”, lasciando da parte la vicenda giudiziaria, è che è romano. Certo anche l’estetica non aiuta.
Occhiali scuri azzurrati sotto lampadari dorati, una via di mezzo tra Wanna Marchi a Durazzo e un Gianluca Vacchi però capitolino, Coppola potrebbe avere un futuro come influencer, del resto il latitante influencer non si era ancora visto. Quando esplose, Coppola, negli anni Duemila, il paese restò attonito per la capigliatura, un gran carré misto tra Venditti e Hillary Clinton prima maniera, e non si era ancora abituati al fantasismo tricologico, non c’erano stati i Trump e i Milei. Per l’Italia la finanza era Enrico Cuccia, completi gessati, profilo basso, attaccatura alta (l’omonimia di Coppola con un famoso parrucchiere faceva il resto).
DANILO COPPOLA
Coppola impersona una specie di controstoria della finanza italiana, uno specchio deformante del self made man mediterraneo. Arrestato varie volte, a un certo punto sembrava però che si prendesse tutto, o almeno tutto quello che un buon capitalista italiano sognava negli anni Duemila. Lui, nato alla Borgata Finocchio, periferia est di Roma, figlio e nipote di palazzinari siciliani, sogna giornali, barche, Mediobanca, tutti i miti che la rivista Capital metteva in copertina. E quasi ci riesce: il 5 per cento di Mediobanca, la Bnl, l’Antonveneta, poi un giornale. Non il Corriere della Sera, che pure era stato il sogno di un altro compagno di giochi e di capelli, quello Stefano Ricucci che ne era una versione ancora più frizzante.
DANILO COPPOLA
Se Ricucci si era preso la villa ex Feltrinelli all’Argentario, Coppola si era fatto il villone a Grottaferrata (da pronunciarsi con una sola “r”). Il sogno del Corriere, poi, che tenerezza, un periodo in cui i giornali contavano ancora qualcosa e qualcuno ancora li leggeva: Coppola divenne a un certo punto azionista invece di “Editori Per La Finanza”, gruppo col logo che era una preziosa perla, gran trovata, poi andò tutto a scatafascio e il giornale fallì. Ma Coppola si regalò quello che sognavan tutti in quegli anni, aveva l’aereo privato, identico a quello di Diego Della Valle, un Falcon metallizzato (ma non gli piaceva, e gli portò sfiga, ne derivarono altri drammi legali. Il non ancora direttore Claudio Cerasa raccontò in un gran ritratto qui sul Foglio che Coppola a un certo punto incontrò Della Valle e si domandò se “quel signore fosse davvero più ricco di me”. Senza capire che il problema non sono mai stati i soldi). A un certo punto Gad Lerner su Vanity Fair scrisse che “l’economia italiana” era affetta “da gracilità congenita, da fisiognomica lombrosiana”. Ecco il razzismo. L’Italia è un paese che ha sempre odiato il successo, i soldi van bene se il casato è antico o lo sarà presto, ma con stile, diamine, siamo o non siamo il paese del made in Italy?
L’imprenditore trucido non è ammesso. (...)
SEQUESTRO DELLA VILLA DI DANILO COPPOLA
Coppola e i suoi, invece, i “furbetti del quartierino”, secondo la celebre autodefinizione di Ricucci intercettato, vennero forse ostacolati anche per un fattore estetico. Loro sono sempre rimasti i romani di “Yuppies” che al ristorante “El Camineto” di Cortina in alta stagione cercano un tavolo, e stranamente lo trovano, gli danno addirittura quello del conte Nuvoletti (che dirà: non vengo oggi, ci sono troppi romani). Loro vagheggiano di essere come l’Avvocato che li sorvola in elicottero, ma poi si scannano sul conto del ristorante (“ahò, te piace l’avocado”). Erano davvero un gruppetto curioso, i furbetti, capitanato dai due romani, Coppola e Ricucci.
DANILO COPPOLA
Da romano Coppola si era comprato non solo la villa a Grottaferrata e una quota della Roma, ma anche i grandi magazzini Mas. Lo accusarono di esser amico della banda della Magliana ma poi si rivelò tutto falso. Perché a Roma scade tutto sempre in “Suburra” e coi ricchi a forma di ricco, blazer coi bottoni d’oro tipo Ruggero De Ceglie dei “Soliti idioti”.
DANILO COPPOLA
Certo, quella compagine non era rappresentativa solo della capitale. C’era anche il bresciano Chicco Gnutti che dette delle soddisfazioni. Gli Gnutti a Brescia sono come i Rothschild, ricchissimi e ramificatissimi, lui trascinò una città da sempre a economia vorticosa ma catto-pauperistica (Paolo VI, Bazoli ecc.) in un vortice di finanza e avventurismo, e quando finì, male, al ristorante La Sosta, il Bolognese bresciano, un azionista gabbato lo riconobbe e gli diede un gran manrovescio.
Però oggi vista la profusione di documentari o docufiction a tema soldi e “sòla”, da “Inventing Anna” a Liliane Bettencourt coi suoi parassiti, a Bernard Tapie ai vari siliconvallici-bidone, ci si chiede come mai i furbetti coi loro capelli, macchinoni, barche e ragazze non abbiano ancora prodotto né documentari né fiction. Loro son rimasti quei ragazzi lì, tra “Vacanze di Natale” e “Yuppies”, ma intanto sono arrivati i social.
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Così ecco Coppola che negli ultimi tempi postava reel dove sulle note di Adele esibiva ritagli di giornali quando era grande (“Coppola sale al 98 per cento del Lingotto di Torino”, “Coppola arriva al 10 per cento della Roma”; “Effetto Coppola”). Occhiali da sole azzurrati alla Renato Zero, “vivo come il Fuggitivo di Harrison Ford”, dice, “per colpa di un giudice che non ammette un errore” e magari ci ha pure ragione, chissà; il romanesco comunque non aiuta, il romanesco fa subito “a me m’ha rovinato ’a guera”. Però forse Coppola una volta sistemate le sue beghe legali potrebbe riciclarsi come finanziere-influencer, in quota underdog. Del resto i tempi sono cambiati, l’Avvocato è morto da vent’anni, i suoi eredi si vendono tutto e soprattutto, notizia proprio di ieri, il ristorante El Camineto di Cortina è passato di mano: dagli storici gestori a Flavio Briatore.
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