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    CON-TE PERDERÒ – PEPPINIELLO APPULO  IN SICILIA HA MESSO IN SCENA IL SUICIDIO PERFETTO. ROMPENDO IL PATTO CON IL PD SULL’EURODEPUTATA CATERINA CHINNICI E LANCIANDO NUCCIO DI PAOLA COME PROPRIO CANDIDATO, REGALA LA VITTORIA AL CENTRODESTRA (E QUINDI A SCHIFANI) – DEL RESTO, CONTE DIFFICILMENTE AVREBBE POTUTO FARE CAMPAGNA ELETTORALE IN SICILIA CONTRO IL PD A LIVELLO NAZIONALE E CONTEMPORANEAMENTE BATTERSI A FAVORE DI UN'EURODEPUTATA PIDDINA ALLA REGIONE


     
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    Laura Anello per “la Stampa”

     

    GIUSEPPE CONTE GIUSEPPE CONTE

    L'ultimo distillato del «laboratorio Sicilia» è l'arsenico per il suicidio perfetto del centrosinistra che si avvia al doppio appuntamento del 25 settembre - elezioni regionali e politiche - nell'incubo della disfatta.

    Un veleno trangugiato lunedì alle 16, con il post di Giuseppe Conte che annunciava la decisione di rompere il patto elettorale con il Pd sull'eurodeputata Caterina Chinnici e di lanciare un proprio candidato, il capogruppo grillino all'Assemblea regionale Nuccio Di Paola.

     

    Il colpo di scena fino a ieri pomeriggio sembrava avere decretato il fine corsa per l'aspirante governatrice dem. «La coalizione non c'è più», aveva detto, prima di decidere di confermare comunque il suo impegno («Non volterò le spalle agli elettori»).

    Caterina Chinnici Caterina Chinnici

    Un sì sofferto arrivato dopo il pressing del vicesegretario nazionale del Pd - il siciliano Peppe Provenzano - e la telefonata accorata di Letta. Il rischio era di perdere per strada la candidata a tre giorni dalla chiusura delle liste e di dovere ripiegare in corsa su Claudio Fava del movimento «Cento passi».

     

    Ragione ufficiale dello strappo di Conte? Gli impresentabili in lizza per i dem. Ma Provenzano gli risponde a muso duro: «Il suo - dice - è un tradimento non verso il Pd ma verso i siciliani, Conte ha voluto fare il maggior danno possibile venendo meno al patto siglato un mese fa con le primarie. Impresentabili? Non ne abbiamo, guardi piuttosto alle sue liste in Calabria».

     

    GIUSEPPE CONTE ENRICO LETTA GIUSEPPE CONTE ENRICO LETTA

    Il veleno, comunque, era preparato da tempo, respirato già nei gazebo che il 23 luglio accolsero gli elettori delle primarie mentre a Roma tra Conte e Letta volavano gli stracci, il governo Draghi era caduto e le elezioni politiche si stagliavano all'orizzonte. Il laboratorio dei veleni è rimasto in funzione per un mese, tra silenzi e diffidenze, promesse di pace e tamburi di guerra. E il Pd che provava a mediare, a non rompere, a tenere incollato un asse che scricchiolava a ogni passo.

     

    Se Conte non ha rotto subito è perché i suoi referenti siciliani, a cominciare dal leader storico, l'ex sottosegretario Giancarlo Cancelleri, erano favorevoli all'alleanza, reduci da una lunga stagione giallorossa che aveva visto l'opposizione comune alla giunta Musumeci e il sostegno condiviso al candidato di area Pd alle amministrative di Palermo, con Conte in persona che andava in giro per i mercati popolari della città inneggiando al reddito di cittadinanza.

    Acqua passata, tanto più che adesso lo stesso Conte, suscitando malumori e proteste tra gli esclusi, ha deciso di candidarsi a Palermo, capolista alla Camera. Una dichiarazione di guerra. Come avrebbe potuto fare campagna elettorale in Sicilia contro il Pd per il Parlamento nazionale e contemporaneamente battersi a favore di un'eurodeputata del Pd alla Regione?

     

    GIUSEPPE CONTE A MEZZORA IN PIU GIUSEPPE CONTE A MEZZORA IN PIU

    Di qui la decisione dello strappo, anche alla luce di un sondaggio che indicherebbe più vantaggiosa la corsa solitaria. Per questo il parlamentare regionale Giampiero Trizzino, pioniere del M5S, arriva ad accusare Conte di avere «venduto la Sicilia, per una poltrona in più, a Salvini e Meloni» e annuncia che non farà campagna elettorale per il Movimento.

     

    giuseppe conte giovanni carlo cancelleri foto di bacco giuseppe conte giovanni carlo cancelleri foto di bacco

    Ma i veleni rischiano di fare ancora più male all'alleato-rivale Pd, sull'orlo di una crisi di nervi per una tempesta perfetta che nel giro di 48 ore ha visto prima la rivolta di big e circoli per i candidati «paracadutati» in Sicilia alle Politiche (dall'ex leader Cisl Annamaria Furlan al socialista Bobo Craxi), poi lo scontro sulle candidature degli inquisiti alle Regionali, bloccate da Caterina Chinnici con il dissenso di esponenti di rilievo sotto processo come il capogruppo all'Assemblea regionale Giuseppe Lupo (ieri ha annunciato il passo indietro) e il segretario provinciale di Catania Angelo Villari.

    NUCCIO DI PAOLA NUCCIO DI PAOLA

     

    Il quale, a sorpresa, ieri ha sbattuto la porta ed è passato armi e bagagli con Cateno De Luca, l'ex sindaco di Messina che, arruolando uomini-immagine come l'ex Iena Ismaele La Vardera, si candida a presidente minacciando di togliere molti consensi al candidato del centrodestra Renato Schifani, insidiato anche dal vicepresidente della Regione in carica, l'ex berlusconiano Gaetano Armao ingaggiato dal terzo polo di Calenda e Renzi. Alcuni sondaggi, prima della mossa di Conte, davano Caterina Chinnici molto a ridosso del favorito Schifani.

     

    GIUSEPPE CONTE A MEZZORA IN PIU GIUSEPPE CONTE A MEZZORA IN PIU

    Adesso, con i 5Stelle in corsa solitaria e il Pd dilaniato da recriminazioni e accuse, la corsa della magistrata figlia di Rocco Chinnici, il giudice ucciso dalla mafia nel 1983, diventa quasi una missione impossibile. In questo clima, il Pd e Caterina Chinnici si lanciano nella loro doppia «mission impossible»: trovare in trenta giorni l'antidoto che consenta di conquistare Palazzo d'Orleans e scacciare l'incubo del "cappotto" alle Politiche. Quello che in Sicilia, terra senza mezze misure, premiò nel 2001 il centrodestra con il celeberrimo 61 a 0. Poi, nel 2018, furono i grillini a vincere tutti i collegi. Il Pd, adesso, teme la terza batosta.

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