1 - FESTE CLANDESTINE, DROGA E ARMI LA SPARATORIA TRA ITALIANI A IBIZA
Francesco Olivo per “La Stampa”
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Una festa, una delle tante che a Ibiza si organizzano senza permessi, può finire con una multa, magari con una denuncia senza troppe conseguenze. C'è la pandemia e non si può ballare. Sabato notte però, intorno alle 2.45, è andata molto peggio, con un gruppo di italiani finiti in mezzo a una brutta storia.
Antonio Amore, 29enne napoletano, è ricoverato in fin di vita, dopo aver ricevuto otto colpi di pistola, di cui tre al volto durante uno dei party illegali che, secondo la polizia, organizzava. A un altro ragazzo, casertano, è andata meglio, solo alcune contusioni. Il presunto autore dell'aggressione, Michele Guadagno, 35 anni compiuti a marzo, nato a Napoli e da tempo residente sull'isola, è in fuga.
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La Guardia Civil lo sta cercando in tutti i modi, anche con un elicottero, e in un'isola non è facile nascondersi, pure per chi, come lui, alle Baleari vive da tempo, «l'unica possibilità per fuggire è prendere una barca, ma a quell'ora di notte non è semplice trovarla», racconta una fonte.
Ibiza è sconvolta, da queste parti se ne vedono di tutti i colori, ma un'esecuzione di questo tipo così non si ricorda da molti anni. Stavolta non si tratta di una rissa tra turisti ubriachi, né di una passeggera che fa i numeri in aereo per non indossare la mascherina, ma di italiani che qui vivono e lavorano da molto tempo.
Una comunità, la nostra, sempre più importante, almeno prima del Covid, per l'economia dell'isola, formata nella grandissima parte da gente onesta, che qui viene a lavorare o a cercare opportunità che in patria sembrano mancare.
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Ma come in tutti i posti dove girano molti soldi, la criminalità organizzata ha messo radici, come dimostrano le inchieste per traffico di droga e riciclaggio. Gli investigatori, però, credono che quello di sabato notte sia un caso diverso.
Guadagno era noto alle autorità locali, ma per questioni minori. Il contesto stavolta è quello delle feste clandestine. Le discoteche sono chiuse, un disastro economico per un'isola che raccoglieva i migliori deejay del mondo e soprattutto centinaia di migliaia di persone che arrivavano da tutto il mondo per mettersi in coda davanti ai monumenti globali della vita notturna.
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Nonostante vaccini e contagi bassi, resta ancora tutto chiuso. Così, l'unico modo per ballare è partecipare a qualche festa clandestina, variante pandemica dei mitici «after» già in voga ai tempi degli hippy.
Gli inviti arrivano via WhattsApp o Telegram, si paga all'entrata e si spera che la polizia non si accorga di niente. Dentro circola di tutto e spesso la serata diventa un business, ancor più raro di questi tempi.
Per sfuggire ai controlli che negli ultimi mesi si sono fatti più stringenti, le feste si organizzano in case private e non più in mezzo ai campi e così è andata anche questa volta.
Sabato sera, l'organizzatore è Antonio Amore, uno dei due ragazzi finiti all'ospedale, che vive nella villa del party. Siamo a Can Ramón, zona residenziale del comune di Santa Eulària, lontano dal mare e da occhi indiscreti.
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Secondo gli investigatori, non era la prima festa clandestina che i due italiani, ora all'ospedale, organizzavano. Non è chiaro se Guadagno fosse stato invitato. Quello che i testimoni hanno raccontato è che è arrivato in auto con un'altra persona, forse una ragazza, e dopo poco ha sparato, fuggendo immediatamente.
Quando lo prenderanno, la polizia crede di riuscirci in breve tempo, gli chiederanno il perché di questa esecuzione brutale. La prima ipotesi è stata quella della gelosia, la contesa per una donna, ma la violenza dell'azione e le storie recenti delle persone coinvolte ha costretto gli investigatori ad allargare lo sguardo.
L'estate è alle porte, i turisti cominciano ad arrivare, ma ballare, oltre che vietato, può diventare pericoloso.
2 - «SEMPRE VOI», L'ISOLA CI HA MESSO ALL'INDICE
Mauro Evangelisti per “Il Messaggero”
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A Ibiza c'è chi si concede una battuta macabra: «Siamo tornati alla normalità». La maggioranza tra gli ibizenchi scuote la testa e reagisce senza molta originalità: dà la colpa agli stranieri.
«In estate vengono molti esponenti del giro della criminalità organizzata italiana, della mafia, della camorra. Quando rubano un Rolex, è stato un vostro connazionale» dice Lucia, trentenne, figlia di un imprenditore dell’isola.
La conclusione sottintesa: il problema non è Ibiza, ma certi italiani. Ecco, questa semplificazione è ingiusta, molto ingiusta, nei confronti della grande maggioranza dei nostri connazionali che a Ibiza, e molto di più a Formentera, lavorano, sudano, aprono ristoranti, imprese, aziende, contribuiscono al business della vita notturna.
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Ma dopo il tiroteo, la sparatoria, nella villa di Santa Eularia, si inseguono i commenti anti italiani, anzi anti certi italiani. Sotto l'articolo online di uno dei quotidiani locali (il Periodico de Ibiza) c'è chi mette insieme eventi che per la verità hanno poco in comune: «L'incidente con le moto d'acqua, la tizia che non voleva indossare la mascherina sull'aereo per Ibiza, la ragazza scaraventata giù dal balcone di un hotel e uccisa, ora la sparatoria: c'entrano sempre gli italiani». Altra semplificazione: «Palma di Maiorca è stata ceduta ai tedeschi, Formentera e ora Ibiza agli italiani».
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PREGIUDIZI
Fioriscono pregiudizi e stereotipi, gli italiani combinano guai da questa parte dell'isola, gli inglesi si ubriacano dall'altra, a San Antonio. Ma le semplificazioni ingannano, Ibiza ormai è destinazione del lusso sfrenato ma anche delle famiglie che cenano all'aperto nel suggestivo centro storico di D'Alt Villa.
Nessuno crede che un italiano abbia sparato per uccidere solo per gelosia. In molti, magari suggestionati da qualche serie tv di successo, chiamano in causa la città di origine dei protagonisti, Napoli; altri dicono che nel giro delle feste illegali nelle ville, business enorme con le discoteche chiuse, si nascondono i motivi della tentata esecuzione che assomiglia a una scena non di Gomorra, ma della serie di Netflix White Lines, ambientata a Ibiza, dove si inseguono spaccio di droga, sparatorie. E feste nelle ville.
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Tra venti giorni si svolgerà un esperimento: alla discoteca all'aperto dell'Hard Rock Hotel si ballerà, sarà una prueba piloto, i partecipanti indosseranno la mascherina. Obiettivo: capire se l'industria del clubbing può ripartire, dopo il letargo dell'estate scorsa quando a Ibiza - fantascienza - per la prima volta da decenni nessuna discoteca ha aperto.
La crisi determinata dal Covid, la chiusura degli hotel, gli affari ridotti dei ristoranti ma anche dell'economia illegale del traffico di droga, ha lasciato ferite e disoccupati, pagine di cronaca nera spicciola come le rapine in un supermercato o da un parrucchiere (ma Ibiza resta una meta tra le più sicure per le vacanze).
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Questa isola è ancora tra le più care al mondo, a partire dagli affitti stellari pagati in tuguri da chi viene a inseguire un sogno e poi finisce a vendere biglietti per le discoteche. Non era il caso dei protagonisti del tiroteo che nelle loro pagine di Facebook mostrano barche, belle ragazze, lusso. Ma si sa: a Ibiza il confine tra finzione, esibizione e realtà è sempre molto sfumato.