Isabella Bufacchi per "il Sole 24 Ore”
XI JINPING OLAF SCHOLZ
Corre voce che agli incontri ufficiali con i leader politici tedeschi a Pechino, il presidente cinese Xi Jinping legga provocatoriamente un testo scritto. Vera o non vera, questa indiscrezione che gira a Berlino la dice lunga sul clima pesantemente polemico che accompagna il primo viaggio ufficiale del cancelliere Olaf Scholz a Pechino, rinviato finora a causa del Covid.
La visita di Scholz in Cina - primo leader del G7 a stringere la mano a Xi Jinping dopo la rielezione del leader cinese per un terzo mandato al XX Congresso del Partito comunista - ha scontentato non solo i partner europei, perché il cancelliere va da solo, ma anche i partner di governo.
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Il socialdemocratico Scholz, notoriamente ermetico, sembra non abbia condiviso il messaggio politico recapitato a Pechino: non è chiaro fino a che punto la Germania è disposta ad allentare i rapporti con la Cina, invece di continuare a stringerli come nell'era di Angela Merkel quando la cancelliera in Cina si teneva in equilibrio tra la difesa dei diritti umani e la protezione dell'economia tedesca.
xi jinping video call con macron e scholz
La ministra degli Esteri Annalena Baerbock, che con il suo partito dei Verdi si è espressa apertamente contro il sì del governo all'ingresso del colosso Cosco in un terminal del porto di Amburgo (con una quota ridotta al 24,9% dall'iniziale 35%), ha chiesto a Scholz un cambio di passo verso la Cina, in linea con l'accordo di coalizione. Il ministro delle Finanze liberale Christian Lindner, intervistato da Funke Medien, ha indicato che occorre una revisione approfondita del quadro legislativo tedesco in materia, intendendo il Foreign Trade and Payments Act, Außenwirtschaftsgesetz.
Annalena Baerbock
È prevedibile una stretta sulla Cina. Ieri un funzionario del governo, citato dalle agenzie internazionali, ha detto che la Germania intende cooperare con la Cina ma non accetta più una relazione di routine, di andare avanti "come al solito": la Cina deve fare di più per un rapporto equo nel commercio e deve contribuire alla pace in Ucraina.
La realtà è che la Germania non può fare a meno ora della Cina. Come mette in chiaro inequivocabilmente l'Ifo Institut di Monaco: il decoupling della Germania dalla Cina porterebbe a enormi perdite del Pil tedesco, con un impatto pari a sei volte la Brexit.
christian lindner
Il cancelliere sarà in Cina un solo giorno, domani, accompagnato da una delegazione di amministratori delegati dei colossi più attivi sul mercato cinese come BASF, VW, BMW e Siemens. Handelsblatt ha calcolato che il gruppo tecnologico Infineon genera il 37,9% delle vendite in Cina, BMW, Daimler e Volkswagen hanno tutte più del 30% delle vendite in Cina, mentre il produttore di articoli sportivi Adidas sta al 21,6%, BASF al 15,3%.
Siemens genera il 13,3% delle vendite in Cina. A luglio, il gruppo chimico BASF ha annunciato che costruirà un impianto di produzione di tecnopolimeri a Zhanjiang, Cina del Sud, investendo 10 miliardi di euro entro il 2030. E ridurrà la produzione in Germania ed in Europa, a causa degli alti costi dell'energia.
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La Cina ha il 60% delle imprese chimiche nel mondo e il 40% delle risorse: BASF è costretta ad andare in Cina. Siemens ha lanciato di recente un nuovo progetto in Cina battezzato "Marco Polo": l'ad Ronald Busch intende raddoppiare le vendite della divisione "Digital Industries" in Cina entro il 2025 rispetto al 2020.
La Cina è il primo partner commerciale della Germania: nel 2021 per il sesto anno consecutivo, con un interscambio da 246 miliardi, una quota del 9,5% (dall'1% del 1990) del commercio estero della Germania: l'export vale 103 miliardi ma è stato surclassato da 142 miliardi di importazioni dalla Cina con un deficit record della bilancia commerciale da circa 40 miliardi che supera di gran lunga tutti gli altri rapporti commerciali. La Germania importa materie prime e componenti "critici".
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La più grande dipendenza della Germania dalla Cina è nel settore chimico, che pesa per il 27%. Marcel Fratzscher, l'influente ed autorevole presidente del think tank DIW di Berlino, contattato dal Sole 24 Ore non ha dubbi: la dipendenza dalla Cina è molto elevata a causa di tre asimmetrie, difficile da smantellare.
XI JINPING OLAF SCHOLZ
«La Germania è fortemente dipendente dalla Cina. È l'asimmetria di questa dipendenza economica che rende la Germania e il suo modello economico così vulnerabili e soggetti alla pressione politica della Cina. La vulnerabilità della Germania non deriva dal commercio in sé, ma piuttosto da tre fattori specifici: l'industria tedesca è altamente dipendente dalle materie prime e dai componenti chiave provenienti dalla Cina per la produzione in Germania e altrove.
In secondo luogo, alcune aziende tedesche, come Volkswagen, realizzano il 30% o più dei loro profitti in Cina, per cui non possono diversificare rapidamente la produzione. La terza fonte di asimmetria deriva dagli investimenti diretti esteri, con le aziende cinesi che hanno sempre più accesso alle infrastrutture strategiche in Germania, mentre le aziende tedesche sono escluse dai settori chiave in Cina», ha detto.
cinesi costruiscono volkswagen 3
«È difficile per le aziende tedesche diversificare rapidamente dalla Cina. La Germania continuerà ad essere altamente dipendente dalla Cina per molti anni a venire», ha ammonito Fratzscher. Jürgen Matthes, economista esperto di Cina del think tank IW di Colonia, interpellato dal Sole 24 Ore ha commentato: «Dipendiamo dalla Cina per un numero limitato di beni altamente critici di cui abbiamo bisogno per la nostra produzione, che non possono essere facilmente sostituiti e per i quali la Cina ha una posizione dominante. Per questi beni "critici", la Germania e l'Europa devono porre la massima priorità nel trovare fornitori alternativi in Paesi affidabili. Va promosso il "friend-shoring" di questi beni critici».
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