Alessandra Muglia per il “Corriere della Sera”
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Hanno messo in campo di tutto per arginare il dissenso e porre fine all' ondata di proteste che dopo oltre una settimana si è allargata a macchia d' olio a tutta l' India: divieti di assembramento, plotoni di agenti in tenuta anti-sommossa, centinaia di pullman per le migliaia di persone arrestate, metrò fermi. Addirittura web e cellulari staccati anche in molte zone di New Delhi.
Una misura inedita nella capitale che ripropone il dilemma del rapporto complicato tra società hi- tech, politica e difesa dei valori democratici: le compagnie di telecomunicazioni locali, tra cui la joint venture Vodafone Idea, hanno ammesso di aver tagliato i servizi su ordine del governo, che concede e revoca le licenze a suo piacimento.
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I manifestanti non si sono fatti intimidire: masse di studenti, accademici, gruppi di musulmani, politici dell' opposizione, attivisti, attori di Bollywood e scrittori --c'era anche Arundhati Roy - hanno sfidato divieti e manette, lacrimogeni e botte, sfondato barricate e partecipato in massa alla prima grande sfida, il primo atto riuscito di resistenza popolare al governo nazionalista indù, e alla sua agenda portata avanti in modo sempre più aggressivo dopo la riconferma del premier Narendra Modi a maggio.
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La rabbia contro una legge sulla cittadinanza che discrimina in base alla religione tradendo il carattere secolare della Costituzione indiana si è sommata all' indignazione per la brutalità della repressione. Un fiume di gente si è riversato nelle strade. A New Delhi si sono creati ingorghi tali che la compagnia IndiGo ha dovuto cancellare dei voli: molti membri dell' equipaggio erano rimasti imbottigliati nel traffico.
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A Mumbai, tra gli oltre cinquemila in piazza, l' attrice Swara Bhaskar e il regista Farhan Akhtar. La star Priyanka Chopra ha attaccato la brutalità della polizia. In manette a Bangalore è finito anche il biografo del Mahatma Gandhi Ramachandra Guha.