Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
BEPPE GRILLO E VIRGINIA RAGGI
Prendere o lasciare. E se Virginia Raggi non "prende", sarà il Movimento a lasciarla. Il nuovo ultimatum del direttorio alla sindaca di Roma prende forma in un pranzo frugale consumato all' hotel Forum. Prevede tre condizioni, impossibili da digerire per il Campidoglio: scaricare Raffaele Marra e Salvatore Romeo, boicottare immediatamente le Olimpiadi, richiamare clamorosamente in giunta Marcello Minenna. Il board che guida i cinquestelle non è compatto, e anche Beppe Grillo ha paura che tutto sfugga di mano.
GRILLO RAGGI
Ma la situazione è talmente grave che i più agguerriti nemici dell' avvocatessa cresciuta nello studio Previti conquistano metri preziosi. «Beppe - scandisce Roberto Fico, in totale sintonia con Carla Ruocco non possiamo mostrarci deboli o il Movimento finirà in rovina. Non possiamo creare un precedente solo perché lei governa Roma. Dobbiamo essere coerenti».
Sulla carta, allora, Raggi ha quarantott'ore di tempo per mostrarsi collaborativa. E se la sindaca dovesse rifiutarsi di accettare? Dopo averla già isolata, il passo successivo sarà quello di abbandonarla al suo destino. Il secondo, ritirarle il simbolo. Un mezzo disastro, che al momento del caffè il Fondatore - riferiscono - sublima in una battuta: «Sapete, a volte Virginia mi sembra pazza...».
RAFFAELE MARRA MINENNA
C'è un mare di pretattica in questo tiro alla fune tra i vertici nazionali e il Campidoglio. Finché ha potuto, il comico genovese ha vestito i panni del pompiere, implorando una tregua. Fino a ieri, quando è stato costretto a scontrarsi con la realtà. La sindaca non è disposta a sacrificare i suoi uomini, nonostante il pressing dei vertici nazionale.
«Sono autonoma», ripete. Procede spedita, senza curarsi della guerriglia interna. Sente di avere al suo fianco la maggior parte dei consiglieri grillini. E così poco importa se la sindaca, di buon mattino, ha davvero incontrato il Fondatore. Tra i due, infatti, è calato il gelo e nulla riesce ad alzare la temperatura.
Il direttorio ha ben chiaro che mai Raggi potrà accettare l' intero pacchetto di diktat. Non ritiene ragionevole scaricare Romeo, né ridimensionare ulteriormente Marra, né tantomeno accettare un clamoroso ritorno di Minenna. Quando anzi l'ipotesi arriva a circolare fin nel cuore della giunta, tutti gli assessori - ad eccezione di Paolo Berdini - minacciano dimissioni in blocco per frenare un bis dell'ex super responsabile del Bilancio.
MURARO
E non è finita qui. Almeno due dei cinque membri del direttorio giudicano indifendibile anche la posizione di Paola Muraro. «Liberiamoci di lei prima di finire travolti da un nuovo scandalo», ripetono a Grillo. Anche su questo punto, però, il Fondatore è costretto ad ammettere di aver sbattuto contro un muro: quello della sindaca. I segnali pessimi si rincorrono. Le dimissioni in blocco dei membri del mini direttorio romano, "governato" da Paola Taverna, sono solo un tassello di una battaglia senza quartiere.
ROBERTA LOMBARDI - FABIO MASSIMO CASTALDO - VIRGINIA RAGGI - PAOLA TAVERNA - GIANLUCA PERILLI
Per la Casaleggio associati è l'ultimo avvertimento alla sindaca. Anche se, paradossalmente, anche Raggi brinda al passo indietro dei suoi avversari capitolini. Non sopportava la "gabbia" imposta da Milano, si era scontrata anche di recente con i tre del mini esecutivo. La ragione? La loro abitudine di riunirsi in una delle salette riservate alla sindaca, anche in assenza della prima cittadina.
GRILLO DI MAIO DI BATTISTA
Ormai nessuno si fida del compagno di Movimento. La mail e i messaggi che hanno inchiodato Di Maio hanno mandato Grillo su tutte le furie. E non è detto che sia finita, così temono ai piani alti del grillismo. Il vicepresidente della Camera, intanto, è costretto a fare i conti con una rivoluzione degli equilibri interni. L' ascesa di Alessandro Di Battista è sotto gli occhi di tutti, anche se l'inventore del tour anti riforme è sempre pronto a mostrarsi al fianco del «fratello Luigi».
Fico, invece, non ha più voglia di spendersi per il reggente caduto in disgrazia, così come Ruocco, Roberta Lombardi e un' agguerrita pattuglia di senatori. Proprio loro, capitanati da Nicola Morra e Barbara Lezzi, pretendono l' allargamento del direttorio. Uno scenario gradito alla Casaleggio associati, ma che lascia tiepido Grillo. Già è difficile governarne cinque, figuriamoci trenta.
nicola morra CARLA RUOCCO