Pippo Russo per tag43.it
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Una Superlega tutta sua. Chissà quali pensieri di grandezza attraversano la mente di Andrea Agnelli, in queste ore che vedono la sua figura pubblica toccare il livello più basso di sempre. L’inchiesta della procura torinese sui presunti falsi in bilancio commessi negli esercizi che vanno dal 2018 al 2020 si è conclusa. E ha portato a una serie di richieste di provvedimento da parte dei pubblici ministeri che comprendevano gli arresti domiciliari del presidente juventino.
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Richiesta rigettata dal gip, senza che ciò abbia indotto i pm a desistere. I magistrati Mario Bendoni, Ciro Santoriello e Marco Gianoglio hanno infatti avanzato appello contro il rigetto del provvedimento cautelare e ciò significa che loro non mollano.
Come del resto non molla lui, Andrea Agnelli. Che continua a credere nella Superlega assieme a due signori altrettanto avulsi dalla realtà come il presidente del Real Madrid, Florentino Pérez, e quello del Barcellona, Joan Laporta. E che soprattutto insiste a essere il presidente della società bianconera nonostante avesse dovuto mollare, per una mera questione di dignità – del ruolo di presidente della Juventus, prima ancora che personale – in almeno due occasioni: dapprima quando si è materializzata la figuraccia della stessa Superlega, e successivamente quando è esploso in tutta la sua potenza lo scandalo delle plusvalenze incrociate.
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Adesso gli si presenta una terza chance per avere un sussulto di etica del ruolo e dovere d’ufficio. Perché a questo punto si fa ancora più pressante l’interrogativo che da un anno e mezzo a questa parte si presenta con costanza: ma cosa aspetta a dimettersi dalla presidenza del club bianconero?
In queste ore tornano alla mente le parole pronunciate dopo la disfatta di Champions league sul campo del Maccabi Haifa, in una delle sempre più rare esternazioni recenti: «Provo vergogna». Senza che alla vergogna siano seguiti gesti concreti, tuttavia. In effetti, pare che ormai si sia operata una scissione fra vergogna e responsabilità, in una vicenda di leadership personale che vede gli anni della gloria annegare indecorosamente nel fango del presente, e che trova un netto spartiacque nell’estate del 2018.
Quella in cui uno scatto di hybris portò un presidente in ascesa, a capo di un club che a sua volta aveva costruito una dittatura sportiva in patria e si andava consolidando nella cerchia dei top club europei, a tentare il colpaccio che nelle intenzioni avrebbe dovuto far compiere il definitivo salto di livello: l’ingaggio di Cristiano Ronaldo.
andrea agnelli e cristiano ronaldo foto mezzelani gmt 185
Una mossa che appariva suicida già sul momento, ma benedetta dalla complice miopia di un sistema italiano dei media che con poche eccezioni preferisce allinearsi alla rappresentazione autorizzata della situazione.
I fatti hanno dato ragione agli scettici: CR7 ha scassato i conti juventini senza che i risultati sportivi ne avessero beneficio. E anzi, con lui ancora in campo si è interrotto il ciclo dei nove scudetti consecutivi. Per fare fronte al suo ingaggio (circa 57 milioni di euro lordi all’anno) la società bianconera è andata incontro a una vertiginosa spirale di crescita dei costi che ha richiesto due aumenti di capitale: 300 milioni di euro a dicembre 2019 e 400 milioni di euro a novembre 2021.
andrea agnelli
E intanto i conti societari continuano a registrare chiusure d’esercizio in profondo rosso. L’ultimo bilancio, al 30 giugno 2022, si è chiuso con un passivo di 254 milioni di euro. Quel bilancio avrebbe dovuto essere sottoposto all’assemblea dei soci del 28 ottobre. E invece una settimana fa è stata data notizia che l’assemblea è stata spostata al 23 novembre. E chissà se con questo rinvio c’entri qualcosa la bufera giudiziaria che stava arrivando, dato che il rigetto della richiesta di arresti domiciliari porta la data del 12 ottobre.
Processo sportivo finito nel nulla, ma la giustizia penale va avanti
ultrà juve striscione contro andrea agnelli
Meglio lasciar passare del tempo, far decantare la situazione intorno all’architetto di questo disastro. Ma è stato certamente per far fronte a questa pesante situazione finanziaria che la Juventus ha dovuto giocare sulle plusvalenze e sulla rinuncia a quattro mensilità di stipendio da parte dei calciatori nella stagione 2019-20 (rinuncia che secondo la procura di Torino non sarebbe avvenuta). Nei mesi scorsi l’esito del processo sportivo sulle plusvalenze si era risolto in un nulla di fatto, e ciò aveva alimentato la sensazione che la storia finisse lì. Ma sul versante della giustizia penale il profilo della questione è ben diverso.
cristiano ronaldo ed andrea agnelli foto mezzelani gmt32
Un uomo solo al (non) comando: commissariato da Arrivabene e Calvo
Questo insieme di circostanze ed elementi rafforza l’interrogativo: ma cosa aspetta Andrea Agnelli a dimettersi? E cosa d’altro deve succedere perché infine decida di compiere il passo? Le condizioni lo richiederebbero, ma in fondo c’è anche il fatto che nelle cose juventine il presidente in carica non decide più nulla. Il cugino John Elkann lo ha praticamente messo sotto tutela chiamando nel ruolo di amministratore delegato Maurizio Arrivabene.
Andrea agnelli
Che a sua volta si sta muovendo con un’imperizia degna di miglior causa, ma questo è un altro discorso. Per dare il segno di quanto Andrea Agnelli sia stato esautorato basta guardare al ritorno in società di Francesco Calvo. Non è il caso di rievocare la soap che ha provocato la rottura fra i due. Di gossip è pieno il web.
Ma di sicuro il ritorno di Calvo in Juventus, nel ruolo di braccio destro di Arrivabene, è un segnale quasi brutale inviato al presidente bianconero. Che rimane lì nonostante tutto. E che se necessario cesserà di rispondere al telefono come nelle ore tumultuose della Superlega, quando all’altro capo della comunicazione c’era il presidente dell’Uefa, Aleksander Ceferin. In fondo lassù, in una zona dove la copertura della rete telefonica non arriva, ci si può ancora illudere di essere grandi leader e finissimi strateghi.
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@pippoevai
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