Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
LUCA DI DONNA
Perché c'era un generale dei servizi segreti al fianco dell'avvocato Luca Di Donna, mentre il legale cercava di concordare la propria intermediazione (retribuita) per forniture di mascherine nel pieno dell'emergenza Covid? L'indagine della Procura di Roma in cui Di Donna è indagato per associazione a delinquere e traffico d'influenze illecite passa anche da questa domanda, giacché la risposta arrivata finora potrebbe non essere del tutto convincente.
Il generale in questione è Enrico Tedeschi, capo di gabinetto dell'Aise, l'Agenzia per la sicurezza esterna, entrato nell'ex Sismi (gli 007 militari) quando a dirigerlo era Nicolò Pollari, proveniente dalla Guardia di finanza. Come Tedeschi, che ha salito i gradini fino ad assumere un ruolo centrale nella gestione del Servizio. Ma forse in cerca di altri traguardi.
LUCA DI DONNA GIUSEPPE CONTE
Il 5 maggio 2020 si trovava nello studio di Di Donna (lo stesso del professor Guido Alpa, maestro dell'avvocato finito sotto inchiesta e di Giuseppe Conte, in quel momento presidente del Consiglio) in compagnia di un altro dirigente dell'Agenzia. Poco dopo arrivò l'imprenditore umbro Giovanni Buini, fornitore di mascherine in cerca di contatti per ottenere commesse dal commissario per l'emergenza Domenico Arcuri. «L'avvocato mi aveva invitato con un messaggio telefonico - ricorda Buini -. Il generale mi fu presentato, senza precisare che era dei Servizi».
GIANLUCA ESPOSITO
Nella testimonianza ai magistrati, Tedeschi avrebbe riferito che era suo compito recuperare i dispositivi di protezione per l'Aise, e di essere andato da Di Donna sapendo che lì un'azienda avrebbe presentato la propria offerta; ma valutato troppo alto il prezzo richiesto, disse che non era interessato. Buini fornisce però un'altra versione: «Di Donna spiegò che ero impegnato in quel settore, il generale commentò che era un periodo in cui molti avevano difficoltà a reperire le mascherine, ma mai parlammo della possibilità che io le vendessi alla sua struttura.
Luca Di Donna
Nella maniera più assoluta». Resterebbe comunque un'anomalia che per cercare mascherine - incarico che effettivamente ha svolto durante l'emergenza - Tedeschi si sia rivolto a Di Donna, che ufficialmente non aveva alcun ruolo nel settore; tant' è che la sua mediazione retribuita è ora considerata un reato dagli inquirenti. E comunque c'era il commissario di governo a cui chiedere, che ha rifornito il Dipartimento per le informazioni e la sicurezza ad ogni richiesta.
VALERIO DE LUCA
Ciò non significa che le singole Agenzie non potessero muoversi autonomamente, ma resta il fatto che - secondo Buini - all'incontro nello studio Alpa - Di Donna non ci fu alcuna proposta. «Io penso che il generale fosse lì affinché l'avvocato ottenesse ulteriore credito ai miei occhi», dice ora il giovane imprenditore. Nel precedente incontro avvenuto nello studio dell'avvocato Gianluca Esposito (anche lui indagato per gli stessi reati), i due legali avevano fatto capire a Buini che Di Donna era «un fedelissimo» del premier Conte, e la presenza di un generale sarebbe potuta servire ad aumentare le referenze di quell'avvocato.
luca di donna.
Ma dopo la richiesta di soldi, Buini aveva già deciso di rinunciare alla sua mediazione: «Ero andato lì per dirglielo, non l'ho fatto proprio perché c'erano altre persone. Me ne sono andato e il generale è rimasto lì. Poco dopo ho mandato la mail di disdetta dell'accordo».
A maggio 2020 il governo doveva nominare i nuovi vice-direttori delle Agenzie di sicurezza, e Tedeschi era uno degli aspiranti; è possibile che, secondo una prassi molto comune, cercasse in Di Donna uno sponsor presso Conte. Fosse così, e fossero vere le sensazioni di Buini, l'avvocato cercato da Tedeschi per caldeggiare la propria nomina avrebbe poi sfruttato la presenza del generale per favorire l'accordo con l'imprenditore che vendeva mascherine.
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Una scalata interna ai Servizi che s' intreccia con gli affari privati di un professionista. Al quale sfuggì il contratto sulle mascherine, ma che - secondo l'accusa della Procura - grazie all'emergenza Covid avrebbe guadagnato e spartito con gli altri due avvocati indagati almeno 400.000 euro da un paio di commesse di tamponi molecolari.