1. LA SOCIETÀ “CORRETTA” IL GENERE SESSUALE È SEMPRE LIBERO, PROIBITO È IL SESSO
Estratto dell'articolo di Vittorio Feltri per “Libero quotidiano”
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L’argomento che sto per affrontare un po’ mi imbarazza, ma mi ci devo cimentare per fare chiarezza: il sesso. Ieri ho letto sul Foglio, un giornale sul quale mi onoro di aver tenuto, anni fa, una rubrica, un articolo raffinato di Berta Isla, il cui titolo terminava con questa affermazione che mi ha indotto a riflettere, il che costringe a sforzare la mente: “Non si scopa più”.
vittorio feltri
[…] Il problema ormai è che il coito è praticato soltanto dai marocchini e generi affini che non esitano a violentare le donne. Sono rari gli uomini italiani che non frenano il desiderio di compiere un amplesso. Davanti a una signora avvenente, i maschi si trattengono anche soltanto dal corteggiarla. Temono di essere denunciati per stupro e di andare sui giornali quali mascalzoni. Piuttosto che finire nei guai, in molti casi, preferiscono frenarsi, scacciare il pensiero e il desiderio che è considerato un delitto soddisfare.
Quando ero un ragazzo non avevo alcun timore, se una mi piaceva glielo dicevo e il più delle volte facevo gol. Oggi c’è ancora qualche giovanotto che sfonda, almeno spero, ma siamo di fronte ad eccezioni. La più parte dei virgulti si astiene non solo dal richiedere prestazioni sessuali, ma pure dal parlare a riguardo di argomenti pruriginosi, ha paura di essere accusata di sessismo, che è equiparato a un reato.
VITTORIO FELTRI MANGIA E BEVE
La società attuale ha demonizzato i rapporti intimi tra maschio e femmina, ma anche le parole che li definiscono. In sostanza siamo liberi di essere omosessuali, transessuali e lesbiche, ma ci è vietato avere un rapporto tradizionale. Troppo rischioso. Non so se ci avete fatto caso.
[…] Ormai per accoppiarsi bisogna almeno convivere o sposarsi, pur sapendo che dopo due anni la signora che hai nel letto ti attira quanto una tartaruga. Ovvio che alla morte del sesso e del piacere hanno contribuito le femministe e i progressisti in generale, che hanno trasformato il politicamente corretto in una prigione senza sbarre ma piena di divieti, come il 41 bis. Meno male che sono vecchio e non esercito più, altrimenti sarei detenuto, ergastolo ostativo.
2. LA BUROCRAZIA DELL’EROS EMANCIPA POCO LE DONNE E RAFFREDDA I MASCHI, TRA QUESTIONARI PER IL CONSENSO E APP DI DATING. DICIAMOLO: NON SI SCOPA PIÙ
Estratto dell’articolo di Berta Isla per “Il Foglio”
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Se questa sera avessi cenato con dieci donne della mia età a Londra – e non in una calda trattoria di Roma, dove ancora vivo a parziale riparo dalla modernità – sarei quasi certamente stata l’unica a non usare, e non aver mai utilizzato, una app di dating.
[…] Al netto di possibili deficit di aggiornamento, l’app più adeguata, nel nostro caso, sarebbe stata Inner Circle – la versione high end del più comune Tinder, che mette al riparo gli utenti dalla sòla dello spiantato, del cafone, del disoccupato. Una sorta di app per gli incontri con il filtro anti poveracci, che, a quanto pare, sono la cosa meno desiderabile di tutte, meno desiderabile dei cretini, per dire. O dei maniaci, per dire.
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[…] Le ragioni per cui in certe parti del mondo la diffusione di questi strumenti è capillare, e quasi la regola, rispetto al nostro paese in cui ancora la faccenda è per certi versi stigmatizzata, sono a mio avviso almeno due.
La prima, la più seria […] è che in società fondate sulla finalizzazione e il risultato, conoscersi inutilmente resta tutto sommato una gran perdita di tempo. In altri termini: investire tre serate per poi scoprire che quello è allergico al gatto, o non ama viaggiare, o detesta il sushi, o a quarant’anni ancora suona il bongo.
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Ebbene, le app di dating dispongono di appositi spazi in cui volendo si possono leggere e fornire tutta una serie di informazioni per garantire un livello minimo di return on investment. […]
La seconda ragione, molto più prosaica – di cui quindi ci occuperemo volentieri – è che in certe parti del mondo, senza consenso informato, praticamente non se scopa più. In queste parti del mondo […] è infatti in atto già da tempo una lotta senza quartiere. A cosa esattamente, è difficile dirlo: in estrema sintesi una lotta del tutto legittima a qualsiasi forma di costrizione della sfera relazionale, la cui radicalizzazione porta però con sé come danno collaterale una lotta all’erotismo, alla seduzione, alla casualità, all’improvvisazione, all’accettazione del rifiuto come elemento naturale della dinamica tra uomo e donna.
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[…] In molti uffici, ad esempio, alle persone vengono sottoposti dei questionari piuttosto precisi che servono a mappare il grado di offensività di determinati comportamenti. […] Nei questionari, per intenderci, non si domanda (o non solo): “ti senti offesa se uno sconosciuto per strada ti mette inopinatamente una mano sul culo? […].
No, in questi questionari viene invece domandato: “ti senti offesa se un tuo collega si offre di pagare la colazione?”. O anche: “ti senti offesa se un collega ti aiuta a indossare il cappotto? Ti senti offesa se un uomo ti cede il passo per entrare in ascensore?”. […]
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E in effetti quando mi è capitato di doverlo compilare davvero, uno di questi questionari, forse sarò sembrata strana, magari retrograda, o forse solo una trentacinquenne italiana, ma insomma io ho risposto sempre no […]. Ma conosco invece donne, anche tra le mie amiche, che avrebbero risposto tre volte sì. […]
Eppure è così che è andata, in questo nuovo mondo sanificato e igienizzato, è andata che nello spazio dell’eros in senso lato le regole e i divieti hanno sostituito manu militari la libertà che, va detto, era peraltro stata conquistata con una certa fatica. […]
[…] A questa fantomatica cena londinese, per esempio, le mie commensali […] mi avrebbero spiegato che certamente se lo scrollato di turno non fosse saltato fuori, o non si fosse presentato all’appuntamento, non sarebbe cambiato molto.
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Gli uomini non sono più indispensabili certamente per il sostentamento (le mie commensali londinesi sono professioniste di successo, a volte con stipendi da capogiro), e neppure per colmare vuoti (le mie commensali londinesi mi spiegano che ci sono moltissime esperienze per sentirsi complete anche senza un uomo accanto), e a dirla tutta neppure per il mero piacere sessuale (le mie commensali londinesi spendono alcuni commenti divertiti sui succedanei, per così dire).
Neppure per la procreazione sono più indispensabili questi maschi: per la prima volta in miliardi di anni le donne sono in grado di procreare da sole – solo le donne ricche, va da sé – attingendo al bacino indistinto della categoria in anodine banche del seme.
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[…] Ed è d’altra parte successo che, anche per le donne, provare a rompere questo schema, o anche solo non essere d’accordo, è diventato un po’ come negli anni Cinquanta indossare una minigonna. Una forma di ribellione, una bella mattata, considerando che trovare superflua tutta quest’attenzione per chi paga il conto a tavola produce in pochi casi risposte sulle quali è sensato riflettere, ma anche risposte più violente della violenza che si vuole combattere. […]
Lo stesso movimento #metoo, […] ha fallito miseramente […] nel compito di dotarsi di contenuti positivi. In altri termini, il cosiddetto movimento si risolve in un brand, che se da un lato reclama un diritto che è quello di denunciare gli abusi […], dall’altro crea uno strano e indesiderabile clima di presunzione di colpevolezza maschile.
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Ingabbiando le donne stesse in una prigione concettuale, dalla quale uscire significa non prendere sul serio la lotta per la liberazione femminile, il dramma delle donne che hanno subito molestie: non stare dentro quel filone di pensiero significa insomma stare sostanzialmente dall’altra parte della barricata, non comprendere che solo da questa violenza e radicalizzazione del pensiero può arrivare il cambiamento – anche se non è ben chiaro quale, né perché questo cambiamento debba andare bene per tutte.
[…] E allora uno si domanda, una si domanda, una dice, ma allora che senso ha tutto questo casino e tutti questi sforzi, se l’unico risultato è riempire il vuoto con questo unico pensiero dominante da cui è impossibile discostarsi. Ma come facciamo a chiamarla libertà questa maniera monolitica e ottusa di concepire la libertà. E allora […] le donne stesse accettano con fare quieto questa nuova ineluttabile èra, in cui il rapporto tra i sessi è disciplinato come una partita di burraco.
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Tutto è quieto, quello che non è consentito è proibito, non si corrono rischi e i treni arrivano in orario. Gli uomini non osano e le donne accettano la loro perdita di audacia e che la loro immagine si sfochi, ché altrimenti non sta bene. Tutto si disperde e fluttua in questo magma di noia. Gli ambiti in cui è lecito lasciarsi andare sono un numero sempre più ridotto, neanche le feste sono rimaste più, l’abbiamo detto, neanche le discoteche sono rimaste, neanche i peggiori bar di Caracas.
Solo in un posto, a ben vedere, ci si sente al sicuro in questo nuovo mondo così freddo, così glaciale e noioso, così burocratico e fascista: lo spazio felice del web, in cui esiste un luogo in cui si incontrano domanda e offerta come in una piattaforma di brokeraggio finanziario.
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In cui, da un lato, quando ci si mette a disposizione si assolve al proprio dovere informativo fornendo le caratteristiche principali dell’investimento in maniera precisa, o a volte precisissima. Dall’altro, quando si investe, si va alla ricerca, per quanto possibile, del prodotto più adeguato alla propria profilatura di rischio, tra l’amore della vita e il just for fun .
Ma soprattutto, in entrambi i casi, le parti rilasciano un consenso informato, e cioè una conferma di adesione consapevole alle regole del gioco e ai rischi che a questo gioco sono connaturati. E’ la sola presenza sulla piattaforma, infatti, a rappresentare una forma di accettazione che il rapporto venga portato sul piano della seduzione reciproca, ed eventualmente dell’erotismo. Che non vuol dire, evidentemente, che qualsiasi cosa sia consentita, o che l’essersi incontrati su una app di dating rappresenti un consenso al rapporto fisico di per sé, o a qualsiasi piega e conseguenza, ma certo rappresenta una timida ma inequivocabile apertura al mondo dell’attrazione, e un accordo reciproco di fuga dalle regole e dalle relative sanzioni.
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Le persone si scrollano, si scambiano un cuore telematico – una via libera al contatto nel luogo virtuale dell’app, e questo parlarsi nel luogo virtuale dell’app, una volta saltati fuori e sbucati nel mondo reale, è una base solida sostanzialmente impossibile da negare. Come dire: la ditta non accetterà reclami se ti aiuto a indossare il cappotto, o addirittura mi avvicino per darti un bacio. Come dire: firmami il tuo consenso informato, e io ti guarderò dritta negli occhi.
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[…] Sono abbastanza certa che tra qualche anno le quarantenni sedute a cena nella stessa calda e rumorosa trattoria dell’Esquilino, a Roma, dove oggi si combatte eroicamente contro il gelo della contemporaneità, avranno anche loro tutte sul cellulare delle app di incontri, su cui dare e raccogliere proposte con consensi informati.
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A me, un po’, dispiace per loro.