DAGO INTERVISTATO DA ENRICO LUCCI ALL'OPERA: MA PERCHE' NON TE LO INFILI INDERCU...
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Luca Dondoni per “Specchio – La Stampa”
lucci dago
Da anni la televisione italiana vede transitare di fronte alle sue telecamere personaggi di ogni specie: bravi, bravissimi, pessimi, inguardabili. è un po' la caratteristica della tv, specie quella generalista: ci si può trovare un po’ di tutto, anche l'improbabile.
Alcuni, spesso da inserire nelle due ultime categorie, arrivano alla famosa «firma del contratto» perché spinti da questo o quell'agente potente o potentissimo. Più rari, a dire il vero, quelli che arrivano alla «firma» per conclamata bravura. Quegli uomini o donne che si sono fatti notare perché hanno proposto uno stilema, un genere, un modus di fare televisione intelligente, colto, divertente e trasversale che abbia attirato l'attenzione cogliendo nel centro: Enrico Lucci è uno di loro.
Dopo vent' anni a Mediaset, nel 2016 questo 58enne di Velletri, laureato in storia contemporanea, ha lasciato Le Iene per passare alla Rai dove ha condotto la trasmissione in prima serata di Rai 2 Nemo - Nessuno escluso, poi Realiti - Siamo tutti protagonisti e Quelli che il calcio e finalmente è entrato nella squadra di Bianca Berlinguer come inviato di Cartabianca.
vittorio sgarbi sbrocca contro enrico lucci striscia la notizia 4
Da pochi mesi lei è tornato a Mediaset ma, conoscendo le dinamiche del Biscione in una specie di riserva indiana per pochi eletti, dall'altra parte di una barricata invisibile che separa chi lavora per Antonio Ricci e chi no. Enrico Lucci inviato di Striscia la notizia non se lo sarebbero aspettati in molti. Insomma, che cosa è successo?
«Guardi, hanno chiuso Quelli che il calcio, ho telefonato a tutte le persone con le quali avevo lavorato negli anni e Antonio Ricci che mi ha riposto in maniera seria e positiva. Avevo sentito anche quelli delle Iene, ma capisco che è diventato un altro programma rispetto a quello che facevo io ».
Ma non erano gli stessi dirigenti che quando se ne andò dissero che quella delle Iene sarebbe sempre stata casa sua?
LUCCI BAGET BOZZO 19
«Eh, si vede che le cose cambiano e va bene così. Con Ricci mi trovo bene, è una persona che ho sempre apprezzato e apprezzo come gli funziona il cervello. E devo dire che sto bene anche con le persone che lavorano da anni con lui, con tutto l'entourage.
Dal punto di vista dell'accoglienza è una cosa che non ho trovato dappertutto perché spesso incontri solo gente che pensa agli affari suoi. A Striscia c'è veramente una famiglia, un corpo unico che si muove all'unisono».
La sua comicità stralunata, quel gioco che la mette di fronte alla telecamera con l'espressione di chi si sta prendendo gioco dell'intervistato, arriva da molto lontano. Vengono in mente gli "stand up comedians" alla Lenny Bruce, Louis C.K. e più recentemente Ricky Gervais o David Chapelle. Aver portato quel modo di esprimersi, la comicità che non fa sconti a nessuno sulla strada, è stata la sua chiave vincente?
LUCCI BAGET BOZZO
«Guardi lei sta volando troppo alto. Non conosco nessuno dei nomi che ha fatto, ma solo Stanlio & Ollio e Charlie Chaplin e capisce che è già abbastanza impegnativo così. Certo può essere che abbia ragione lei, ma davvero non sono molto portato all'analisi di quello che faccio: lo faccio e basta esattamente come a scuola. Che poi ci riesca o meno è un altro paio di maniche.
Comunque possiamo pure dircelo: non piaccio a tutti, non faccio il finto modesto ma non so autoanalizzarmi dal punto di vista della critica televisiva. Però ammetto che mi piace che lo facciano gli altri. Vado dove mi porta la capoccia e il risultato è quello che si vede. E mi veniva naturale già da pischello.
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A scuola per difendermi dai bulli ero uno che menava sempre, ma quando ho beccato uno che me le ha date forte non ho più menato nessuno. È lì che allora ho affinato la mia tecnica per non far ribellare l'interlocutore: entrare dalla finestra mentre lui mi aspetta sulla porta principale».
Come quando si piazza fuori dal teatro La Scala di Milano o fuori dai palazzi del potere romani.
«Mi interessa il corto circuito fra ciò che vedo e la situazione in cui mi trovo. Non me la sono mai presa con chi non può difendersi. Ma le dico come funziona per me: normalmente chi prendo per il culo mi deve stare sul cazzo, ma senza fare il muro contro muro.
La tecnica è quella di fingere di essere perfettamente d'accordo, di aderire completamente a ciò che non condivido, ad assecondare l'intervistato ignaro portandolo al corto circuito. Se intervisto quello che ritengo un idiota a quel punto faccio l'idiota più di lui, ma senza farglielo capire. Questo funziona perché uno pieno di sé crede davvero a ciò che rappresenta e io non solo glielo lascio dire, ma lo incentivo, lo pompo sinché non dice la madre di tutte le cazzate».
enrico lucci
Tipo?
«La scena più forte fu con Gianni Baget Bozzo allora consigliere di Silvio Berlusconi, andai a casa sua e mi cacciò in malo modo; per me fu il risultato più bello perché avevo finto di aderire al suo pensiero per tutta l'intervista.
Gli facevo domande e alla fine delle risposte gli dicevo: "ma come hai fatto"? E lo lasciavo andare avanti; all'ultima domanda la mia reazione fu: "ma come hai fatto a sparare questa enorme cazzata"! A quel punto Baget Bozzo si gira e mi caccia da casa. Ecco quello era il top. Secondo lui la Lega sarebbe stato il baluardo contro l'Islam e io non potei non chiedergli come avesse fatto a dire una cazzata così gigantesca»!
E Gianfranco Funari?
enrico lucci prova a intervistare renato brunetta
«Qui parliamo di un altro pianeta. Lui mi vedeva come una sorta di figlio naturale e mi sono aggrappato alla situazione. Mi faceva andare a casa sua, voleva prestarmi la Bentley e non era una presa in giro.
Da uomo di televisione aveva capito tutto della mia comicità, anche perché anche lui avrebbe fatto di tutto per la riuscita di un'intuizione. Ricordo quella volta che si ruppe un'unghia davanti alla mia telecamera. Usciva un sacco di sangue, ma aveva capito che la cosa funzionava ed è entrato automaticamente nella parte con uno sketch da paura. Mi voleva bene e gli ho voluto bene, a volte telefonava di notte e commentava i miei servizi. Ci stava dentro benissimo».
Lei ha una laurea in Lettere con indirizzo in Storia Contemporanea all'Università degli Studi di Roma e da studente fu uno dei principali esponenti del movimento studentesco della Pantera.
enrico lucci alla prima dell'opera di roma 3
«Detesto i discorsi generazionali e tutte quelle disamine sociologiche che si arrogano il diritto di giudicare.
Quel periodo è stato bello e importante ci avevo messo tutta la mia energia, l'onestà intellettuale, gli sforzi ma dopo un po' mi sono reso conto che era pieno di figli di papà che stavano lì a perdere tempo e io non potevo permettermelo.
Ho mollato tutto e mi sono laureato ma ho un ricordo bellissimo; come in tutte le rivoluzioni alcune cose sono positive come l'ideologia, che è meravigliosa, ma bisogna sempre coltivarla. Noi comunisti poi, perché sono stato, sono e rimango comunista, siamo contro ogni fede. Quando vedo chiacchiere a vanvera anche a sinistra vado via».
Spesso indossa un colbacco da vecchio soldato, col paraorecchie, di quelli sovietici d'antan. Di questi tempi un po' anacronistico.
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«Il motivo del perché ho quel cappello è che ha il paraorecchie; le confesso di aver sotto anche le mutandone di lana perché sono freddolosissimo. Quello poi è un cappello da aviatore cinese e me lo stringo alle orecchie e mi fa caldo ma se lei ci vede qualche analogia con Yuri Gagarin sono felicissimo».
Anche se la Russia che fu oggi è un'altra cosa ed è sotto i riflettori per tutt' altri motivi.
«Un popolo che ha vissuto una catastrofe come il crollo dell'Unione Sovietica mentre i liberali dell'Occidente applaudivano felici e contenti. Basta parlare con un ex sovietico, a parte i miliardari che si sono arricchiti, e capire che quel popolo ha sofferto il crollo di uno schema diventato anacronistico.
LUCCI FUNARI
Io ero per Gorbaciov e lui tentava di modernizzare la Russia. All'Occidente della Perestrojka non gliene fregava niente. A occidente volevano praterie per offrire a mafia, camorra e ndrangheta il modo per riciclare tutto il riciclabile. Quello è stato un popolo che andava rinnovato ma lo ha fatto nel peggiore dei modi, grazie all'Occidente».
Quindi ha ancora senso dirsi comunisti oggi?
«Certo, vedo tanti che una volta scrivevano sul Manifesto diventati megafoni degli americani. Per me essere comunista significa applicare il senso della ragione (come dice Marx), la coscienza critica rispetto a chi hai di fronte.
anna falchi enrico lucci foto di bacco
Io non voglio fare il nostalgico, tanto meno le pagliacciate del "come era bello una volta". Io sono un razionalista progressista del terzo millennio. Non sono una macchietta del vetero comunismo. Applico la razionalità al mondo contemporaneo».
Un'ultima cosa, riguardo alla sua famiglia della quale non parla e protegge(la compagna si chiama Diana e hanno un figlio di 5 anni mezzo): come vive il suo lavoro e la sua popolarità?
«Se c'è una cosa che è la vera ricchezza, dopo la salute e i soldi, è la privacy. La privacy è il grande valore del futuro quando tutti avranno messo i cazzi propri in vetrina. E pensando di essere più fighi saranno mortalmente vulnerabili. Meno fai sapere di te stesso e più sei libero e felice».
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