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    PERCHÉ NON USIAMO I MONOCLONALI? - ORMAI È ASSODATO: LA TERAPIA CON QUESTO TIPO DI ANTICORPI FUNZIONA. I FRIGORIFERI DEGLI OSPEDALI ITALIANI NE SONO STRAPIENI, EPPURE LI UTILIZZIAMO POCHISSIMO - LO STUDIO DI UN GRUPPO DI RICERCATORI: OGNI RICOVERO COSTA 21MILA EURO IN MEDIA, IL MONOCLONALE 1250 - IL RESPONSABILE DELLE MALATTIE INFETTIVE DELL’AMEDEO DI SAVOIA DI TORINO, GIOVANNI DI PERRI: “AVREMMO POTUTO RISPARMIARE 15 MILA OSPEDALIZZAZIONI E CHISSÀ QUANTI MORTI SI POTEVANO EVITARE…”


     
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    Giampiero Maggio per www.lastampa.it

     

    GIOVANNI DI PERRI GIOVANNI DI PERRI

    Monoclonali sì, monoclonali no. Il tema è ampio, il dibattito è certamente vivace. E che funzionino ormai è assodato. Eppure i frigoriferi dei centri italiani che hanno “stoccato” le riserve di monoclonali sono strapieni e inutilizzati.

     

    A differenza di molti altri Paesi dove l’uso è avanzato. Solo all’Amedeo di Savoia di Torino, per citare un esempio, ne ha 1500 mai usati. «Nel massimo picco della pandemia – spiega Giovanni Di Perri, virologo e responsabile del reparto Malattie infettive dell’Amedeo di Savoia –, con 60 mila ospedalizzazioni in Piemonte, abbiamo usato 350 dosi. Avremmo potuto risparmiare 15 mila ospedalizzazioni e chissà quanti morti si potevano evitare».

    monoclonali monoclonali

     

    I costi per la sanità pubblica

    Non solo. C’è un tema strettamente sanitario e un altro di carattere economico. Gli anticorpi monoclonali costano molto meno di un ricovero, guariscono specialmente se utilizzati nei primi giorni dall'inizio della malattia ma, come detto, vengono usati poco.

     

    «E non si capisce perché»: nel periodo tra aprile e agosto 2021 in Italia è stato curato dal Covid con gli anticorpi monoclonali solo il 9% dei contagiati sopra i 70 anni. È quanto emerge da un'indagine dei virologi Ivan Gentile, Alberto Enrico Maraolo, Antonio Riccardo Buonomo, Mariano Nobili, Prisco Piscitelli, Alessandro Miani e Nicola Schiano Moriello che hanno analizzato i dati di quei mesi: 70.022 italiani sopra i 70 anni contagiati dal Covid, di cui 21.503 sono stati ricoverati in ospedale con circa 10.000 morti.

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    «Il trattamento con i monoclonali - spiega Gentil - evita in buona parte dei casi il ricovero e porta alla guarigione, soprattutto se fatto nei primi 4-5 giorni dall'inizio della malattia. Ma questo trattamento viene fatto a una percentuale bassissima di persone, e non ne vediamo il motivo. Farebbe guarire la maggior parte dei malati evitandone ospedalizzazione e morte e farebbe anche risparmiare enormi somme di denaro alla sanità pubblica».

     

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    Dai calcoli dei ricercatori, ogni ricovero per Covid costa allo Stato circa 21.000 euro in media, il monoclonale 1250 euro. È la stessa cosa che sostiene Di Perri: «Da noi le uniche persone che arrivano chiedendo di poter usare i monoclonali sono le persone mediamente istruite e che leggono. Bypassano letteralmente questo sistema farraginoso e vengono direttamente qui da noi. Quanti sono? Purtroppo poco».

     

    Come funzionano i monoclonali

    In una recente intervista il virologo Andrea Crisanti parla di lobby che gli anticorpi monoclonali sarebbero stati imposti all’Italia da una lobb eppure è ormai assodato che l’utilizzo di queste molecole funziona.

     

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    Soprattutto se utilizzate tempestivamente e in pazienti che, o non possono ricevere il vaccino, o non hanno una risposta al vaccino stesso oppure sono soggetti a rischio, come diabetici, malati oncologici e anziani particolarmente fragili.

     

    «Molti pazienti che arrivano da noi in ospedale ci raccontano che il medico di base ha consigliato loro il riposo assoluto e terapie a base di colchicina – spiega Di Perri –. quando invece l’utilizzo tempestivo di monclonali non solo ammazzerebbe in partenza la malattia, ma risparmierebbe, come detto, l’ospedalizzazione».

     

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    Ma come funzionano queste molecole? Come spiega la Società italiana di farmacologia «il 3% dei pazienti affetti da CoVID-19 sviluppa una severa patologia respiratoria (sindrome da distress respiratorio acuto, ARDS), responsabile di un quadro tanto grave da portare al ricovero nei reparti ospedalieri di terapia intensiva e che può avere anche un esito fatale.

     

    Durante questa condizione, l’organismo sviluppa una risposta infiammatoria molto elevata associata alla cosiddetta “tempesta citochinica”, che si manifesta con una massiva produzione di molecole infiammatorie (citochine e chemochine).

     

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    Alcuni MAb agiscono riducendo queste molecole infiammatorie, quali IL-6, TNF-α IL-1 e l’interferone-gamma che aggravano l’ARDS». Di fatto, se utilizzati in tempo, i monoclonali anticipano la risposta immunitaria. Il virologo Di Perri ci spiega, con un esempio, come dovrebbe funzionale: «In una famiglia il ragazzino porta il Covid in casa e infetta i nonni. I nonni fanno il tampone e scoprono di essere positivi al Covid. Bene, a quel punto, essendo i due anziani molto fragili e a rischio anche per una questione di età, è bene che si facciano fare una dose di monoclonali» Prima che l’infezione sviluppi la parte infiammatoria, solitamente dopo 6 o 7 giorni. «A quel punto è tardi. Se entro i 3 giorni la risposta è buona, dopo 6 si perde il 30% dell’efficacia».

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    Arriva il “cocktail” di anticorpi monoclonali

    Si chiama casirivimab-imdevimab (Ronapreve) e riduce significativamente la carica virale di pazienti ricoverati con Covid-19. Il gruppo farmaceutico svizzero Roche ha comunicato oggi lo sviluppo di questo “cocktail” di anticorpi monoclonali.

     

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    È stato prodotto insieme alla società biotecnologica newyorkese Regeneron Pharmaceuticals e il mix è stato autorizzato in Giappone nel mese di luglio. Aveva già ricevuto un'autorizzazione d'urgenza o temporanea in Svizzera, Stati Uniti, in Canada, Europa e India. Il principale comitato consultivo dell'Ema, l'Agenzia europea per i medicinali, si è recentemente pronunciato a favore di una piena omologazione, e sia la Confederazione elvetica sia l'Ue hanno già riservato lotti della terapia. Recentemente è stato approvato anche nel Regno Unito come nuovo trattamento per il Covid-19 .

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    Si tratta dello stesso framaco che aveva conquistato l’attenzione dell’opinione pubblica per la prima volta nell'ottobre 2020, quando questa terapia fu utilizzata dall’ex presidente Usa Donald Trump.  Già autorizzato per l'uso di emergenza in più di 20 paesi è usato per trattare o prevenire l'infezione acuta da COVID-19, sebbene, come sottolineano medici e virologi, non sostituisca la vaccinazione. È destinato a persone ad alto rischio di sviluppare una forma grave di COVID-19 a chi ha evidenziato già i sintomi o a coloro che sono stati recentemente esposti a qualcuno infetto per ridurre il rischio di contrarre il virus.

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