Estratto dell'articolo di Alberto Mattioli per il Foglio
pereira
(...) Pereira si è dimesso su sollecitazione del sindaco ridens Nardella che pure a fine 2019 l’aveva fortissimamente voluto, paragonandolo a Batistuta.
Già impazza il toto successore, Fuortes sì o Fuortes no al termine di una complicata partita di giro di poltrone, musicali e non visto che tutto inizia dalla Rai (per inciso, Fuortes è riuscito a trasformare in un teatro vero perfino l’Opera di Roma, quindi i titoli per andare al Maggio li avrebbe tutti. Però è una “piazza” tossica quindi: Carlo, non farlo!).
alberto mattioli foto di bacco
Intanto Firenze ha divorato il suo ennesimo sovrintendente. Chiunque arrivi viene immediatamente triturato dal continuo capzioso inarrestabile polemizzare locale, una guerra per bande che dura dai tempi dei guelfi e dei ghibellini, e beninteso senza che qualcuno tiri mai fuori qualche fiorino per il Maggio amatissimo a chiacchiere. E poi: una città che tuttora si picca di essere una capitale culturale, manco fossimo ancora nel Quattrocento, non è stata capace di costruire un teatro decente, e dire che ormai ne fanno di bellissimi ovunque, dalla Cina all’Arabia (e qui, con tutto quel Rinascimento, il disastro). Ovvio che Pereira fosse la classica persona giusta al posto sbagliato.
E tuttavia non ha fatto male. Ha gestito la pandemia, ha trovato degli sponsor, si è assicurato Daniele Gatti come direttore musicale e non ha peggiorato i conti pur facendo molti spettacoli, forse troppi, ma alcuni sicuramente memorabili: Il ritorno d’Ulisse in Patria di Carsen, l’ Alcina Bartoli-Capuano-Michieletto, l’ultimo Doktor Faust Meister-Livermore, magnifico. Paga la sua allegra noncuranza per la burocrazia, il suo infischiarsene della ricevuta in triplice copia e dell’allegato A, la sua disinvoltura guascona e arrembante.
pereira
(...)
A Firenze è andata peggio ed è finita malissimo, forse anche per colpa sua, per non aver mai voluto capire che non è una Salisburgo sull’Arno ma una città di provincia con attese e pretese da capitale, salvo poi scoprire di non potersi permettere cartelloni da metropoli vera e, ovviamente, lamentarsene.
fuortes
Adesso Pereira se n’è andato, con una lettera molto dignitosa nel suo italiano da viennese del Settecento.
Al Maggio, che pure una storia gloriosa effettivamente l’ha, e ha pure un’orchestra e un coro ottimi (e ha anche molti debiti, però), si aspetta il salvatore, avanti il prossimo. Dal giorno in cui arriverà, si comincerà a rimpiangere Pereira. E stavolta, forse, con qualche ragione.
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