IL DAGO-ARTICOLO SULLA PARTITA DEL SECOLO
Da I Lunatici Radio2 https://www.raiplayradio.it/programmi/ilunatici/
Simone Perrotta è intervenuto ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format "I Lunatici", condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, in diretta dal lunedì al venerdì notte dalla mezzanotte e trenta alle sei del mattino.
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Perrotta è tornato a parlare della spedizione dell'Italia del calcio che nel 2006 divenne campione del mondo in Germania: "Non ci si stanca mai di parlare di un mondiale vinto. E' stato incredibile e inaspettato, è sempre bello poterci ripensare. Piano piano abbiamo preso maggiore consapevolezza e abbiamo iniziato a pensare all'idea che potevamo arrivare in fondo.
All'inizio eravamo convinti di essere un'ottima squadra, ma non pensavamo di poter vincere il mondiale. Il gruppo era unito, avevamo stravinto il girone di qualificazione, siamo arrivati in ottime condizioni alla vigilia del mondiale, anche se le prime due amichevoli di giugno non erano andate benissimo, avevamo fatto due pareggi con Svizzera e Ucraina. All'esordio col Ghana, però, si vedeva subito che stavamo bene in campo e fisicamente. E in un mondiale che si gioca nell'arco di un mese la condizione fisica fa la differenza".
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Quella era l'estate dello scandalo 'calciopoli'. Perrotta la ricorda così: "Era un momento storico particolare, era appena scoppiata calciopoli, qualcuno aveva messo in discussione addirittura il mister per una serie di vicissitudini che comunque non lo colpirono in maniera personale. Altri giocatori erano stati coinvolti, qualcuno aveva caldeggiato l'idea di escluderci da quel mondiale. Tutte quelle critiche, tutte quelle parole, non hanno fatto altro che aumentare la nostra convinzione".
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Sulla semifinale con la Germania: "Forse è stata quella la vera partita del secolo. Ma forse sono di parte. Mi sembra più determinante, questo mondiale poi l'abbiamo vinto, dopo il 4-3 invece abbiamo perso. E poi abbiamo vinto in uno stadio tutto loro, ricordo che nel nostro inno eravamo veramente soli. In casa, poi, la Germania non aveva mai perso, ci hanno fischiato dall'inizio alla fine, ma abbiamo dimostrato di essere una squadra di grandissima personalità. Per reggere quelle pressioni, oltre alla bravura tecnica, ci vuole carattere, personalità. E in quella occasione ne abbiamo dimostrata molta".
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Sul ritiro azzurro in Germania: "Si dormiva poco, l'ansia e la tensione era altissima. In albergo da mezzanotte in poi ognuno doveva rimanere nella propria camera. Avevamo tutti una camera singola, tranne De Rossi e Pirlo. Eravamo in un albergo a conduzione familiare, gestito da una famiglia calabrese, questo è stato uno dei nostri segreti. Loro ci raccontavano cosa vivevano loro in Germania, prima della finale ci dissero che potevamo perderle tutte, tranne quella, perché per loro significava molto.
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Gli lanciarono anche una bomba carta nel parcheggio dell'albergo prima della partita contro la Germania. Quando siamo tornati dopo aver eliminato i tedeschi li trovammo tutti con le lacrime agli occhi. Lì ti rendi conto davvero di come vive un italiano all'estero. La gestione Lippi? Non è mai stato un sergente di ferro, non c'era bisogno. Lippi oltre a essere un allenatore straordinario è carismatico, quello è il suo miglior pregio. Qualsiasi cosa dica, tu la prendi e la fai tua".
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Sulla finale con la Francia. "Ho tanti ricordi. Il primo è legato al riscaldamento. Esci dagli spogliatoi, fa una scala per entrare in campo, arrivi e vedi quella palla luminosa, che è la Coppa del Mondo. Quando l'ho vista, il cuore ha iniziato a battere molto forte. Materazzi-Zidane? Io era già stato sostituito, ma nessuno in campo si era accorto di cosa fosse successo, tranne Materazzi stesso e Buffon. A me personalmente è dispiaciuto molto, ho giocato insieme a Zidane nella Juve, lui è una persona eccezionale, terminare la carriera in quel modo nella finale di un mondiale deve essere davvero brutto. La tensione può provocare certe situazioni. Mi è dispiaciuto, Zidane non meritava di finire in quella maniera. Anche se un episodio non cancella nulla della sua carriera eccezionale".
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Sul ritorno in Italia da campione del mondo: "Ho avuto la fortuna di avere lì in Germania mia moglie e mio padre. Le prime persone che ho visto uscendo dallo stadio sono state loro, è stata una soddisfazione difficile da spiegare consegnare nelle loro mani la coppa. Una volta acceso il telefono, trovai centinaia di messaggi, e non c'erano ancora i social. Feci una foto con la coppa nello spogliatoio e la mandai a mio fratello. Il ritorno in Italia è stato felice, però avevamo tutti la voglia di tornare a casa, perché tra ritiro e mondiale eravamo più di cinquanta giorni che stavamo insieme.
VANZINA PERROTTA PAPALEO
Avevo voglia di tranquillità e serenità, volevo tornare a casa, stare in famiglia, con gli amici, un po' di spensieratezza. E credo ce l'avessero un po' tutti. Non volevamo andare da nessuna parte. Quando ci hanno detto che dovevamo andare al Quirinale o fare il pullman scoperto, eravamo contenti ma molto stanchi. Poi è stato bellissimo, comunque. Mi ricordo che mentre stavamo atterrando con l'aereo a Pratica di Mare, vedevamo dall'alto uno sciame enorme di persone e ci rendemmo conto che ci stavano aspettando. Fu molto emozionante. Lì ci siamo resi conto di cosa avevamo combinato".
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