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    “PESTIVAL”! “IL GRANDE BLUFF STA PER COMINCIARE”, MOLENDINI DI FUOCO: "A SANREMO NON VADO E NON MI MANCA. VI SPIEGO I MOTIVI - A MANCARMI SEMMAI È IL RESTO, I VECCHI AMICI COME ALDO DE LUCA E PAOLO ZACCAGNINI, I DOPOFESTIVAL CON PIERO CHIAMBRETTI, LA BARBA DI BEPPE VESSICCHIO, CHE QUEST'ANNO CI SARA', L'ULTIMO LUCIO DALLA E L’AMICO PIPPO, IMBATTIBILE UOMO FESTIVAL…


     
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    Marco Molendini per Dagospia

     

    amadeus amadeus

    Meno tre: il grande bluff annuale sta per cominciare. L'Italia si sposta a Sanremo per una settimana unica al mondo, dove tutti hanno voglia di fingere. Il Festival, che si spaccia come il più grande spettacolo dopo il big bang, come direbbe Jovanotti. I cantanti, anche quelli che non vuole più nessuno, che in quei sette giorni riassaporano il gusto del successo. I promoter, che poi venderanno la loro merce a prezzi gonfiati dall'esposizione televisiva, anche se è solo un’illusione.

     

    La Rai, che torna a vivere il gusto del monopolio e si ritrova al centro dell'attenzione. Mediaset, che fa finta di restare accesa, non calcola neppure gli ascolti e manda in onda gli avanzi di magazzino. Il pubblico, che mostra di appassionarsi e poi, il lunedì, ha già dimenticato tutto. I giornali, che pompano, pompano anche quando non c’è da pompare sperando di rianimare le vendite di copie, il cui encefalogramma precipita sempre più giù. I giornalisti che si chiudono dentro uno stanzone e non ne escono più.

     

    marco molendini pippo baudo marco molendini pippo baudo

    E' li, nel roof del teatro Ariston, che si svolge il festival che la gente legge sui giornali. Non si esce per una settimana, tutti stipati come sardine (non quelle che scendono in piazza) e Sanremo si guarda su uno schermo gigante e due monitor. Che senso ha? Non lo so. Anzi lo so, è la forza della consuetudine, più forte della ragione. Ci sono giornali che mandano tre, quattro inviati, quando quasi tutto si potrebbe tranquillamente fare da casa: le serate, appunto da vedere in tv, le conferenze stampa che possono serenamente andare in streaming, le interviste che all'80 per cento sono condotte al telefono perché tutti hanno da fare, le polemiche che tanto sono costruite a tavolino, la gara che non cambia di una virgola il corso della musica.

     

    junior cally junior cally

    Il Festival fuori dal bunker dell'Ariston non esiste, ad agitarsi è solo un popolo di curiosi di Sanremo e dintorni armati di telefonino che si stringono alle transenne, un manipolo di disadattati che si vestono come i cantanti di una volta pur di farsi notare: c'è un Pavarotti malandato, una Elizabeth Taylor spennacchiata, un Vasco Rossi da fiera paesana, un Al Bano difficile da riconoscere e via dicendo. E poi c'è una piccola selva di telecamere e microfoni delle reti locali alle prese con quel circo.

     

    Quest'anno per la prima volta dopo decenni non ci vado. Ho lasciato il Messaggero e ho libertà di scelta. Non ci vado e non mi manca. Per tutto quello che ho scritto sopra. Non mi manca per la qualità della musica, non mi manca per le polemiche, sempre uguali: i cachet degli artisti, gli scioperi, il testo che scandalizza, le farfalline, il solito cattivo da mettere alla berlina, quest'anno Junior Cally, l'anno scorso Achille Lauro (la polemica sulla droga e la sua Rolls Royce), i plagi immancabili, le stonature, le canzoni deprimenti.

    amadeus amadeus

     

    Non mi manca il festival per quello che si scrive e per quello che si fa. Non mi manca quel vano senso di importanza che ti dà essere al centro della scena, con quei disperati in strada che in mancanza d'altro chiedono autografi e selfie anche a noi giornalisti, solo perché andiamo ogni tanto in tv e entriamo nel bunker canoro.

     

    A mancare semmai è il resto, quello che comunque non c'è più, i vecchi amici come Aldo De Luca e Paolo Zaccagnini, insieme per anni abbiamo passato quelle settimane ridendo e scherzando (oltre a lavorare), i Dopofestival con Piero Chiambretti, la barba di Beppe Vessicchio, che quest'anno, lo so, ci sarà, le barzellette dei tempi di Alfredo Cerruti, l'ultimo Lucio Dalla stanco e appoggiato al suo bastoncino, le chiacchierate della notte al bar dell'albergo, gli scherzi ai tempi di Antonio Ricci. L'amico Pippo, imbattibile uomo festival

    marco molendini marco molendini

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