AURELIO PICCA
Anticipazione di un lungo del brano del testo che Aurelio Picca leggerà al 'Festival Letterature di Roma' pubblicato dal Corriere della Sera
Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Sarà perché sono rimasto un ragazzino tocco, che subito mi è venuto in mente il lavoro a maglia che si chiama diritto e rovescio. Con due ferri e filo di lana e due mani di femmina per generare un golfino per bimbo, o una sciarpa per vecchio o una maglia per uomo e papà. «Dritto e rovescio» è lavoro lento e senza posa come quello delle Moire che stanno nell' ombra a tessere il destino. Il diritto e il rovescio così si mischiano in un turbine muto, quanto il mischiarsi del bene col male.
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Lavorare con i ferri la maglia rimanda la mia memoria alle antiche magliaie e pantalonaie che per lo più erano rimaste zitelle, proprio a somiglianza delle vestali che avevano scelto gli Dei senza decidere per sé. Dunque le donne; quindi le madri. Mia madre mi ripeteva (diritto): «Devi dire sempre la verità. In qualsiasi circostanza e a costo di qualsiasi cosa».
Poi, più grande, incominciò a dirmi: «Aurelio, se vuoi farti un nemico, digli sempre la verità». (Rovescio o ancora diritto?)
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In realtà i bambini, soprattutto quelli votati all' eroismo e alla sconfitta come me, prendono per buona la prima raccomandazione della mamma. E con essa si beccano tutte le colpe del mondo (rovescio). Soprattutto se la loro mamma gli chiede quanto la si ami partendo da uno a dieci. E ascoltando quel povero bambino del figliolo rispondere dieci, perché ancora non sa che ci sia appresso un undici, un dodici, un diciassette, un mille, la stessa mamma gli rimprovera che dieci «non basta».
Il numero 10, quello che i grandi campioni del calcio hanno stampato dietro la maglia, è poca cosa, è numero da niente. È pari allo zero. Mi sovviene ancora che la mia mamma, lasciandomi andare da solo a scuola in prima elementare, mi dicesse di «camminare proprio attaccato al muro». E io così facevo. Camminavo appiccicato ai palazzi da strusciare e sdrucire la spalla del cappotto (ricordo la destra) fino a strappare la stoffa che si rovesciava come una ferita struggente.
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Ecco, adesso penso, distruggere il cappotto dovrebbe appartenere al rovescio, proprio perché danneggiavo l' abito. Invece quel cappotto con la spalla distrutta ora brilla in una ferita che si chiama fedeltà assoluta e spetta per santità al diritto. E da qui passiamo alle fiabe sempre spacciate per diritto, tanto sono buone e giuste e sagge. Invece sono il rovescio. Sono la ferocia del rovescio scambiata per bontà del diritto. Cappuccetto rosso devia la strada, accetta di parlare col lupo camuffato da buono. E poi lei e la nonna ne vengono divorate. Anche quando il cacciatore arriva nella casetta nel bosco e scuoia il lupo cattivo è un rovescio. Apre, squarta. È un orrore.
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Così accade presto che il diritto e il rovescio restino mischiati fino magari a quando Dante Alighieri imporrà che nel mezzo del cammin di nostra vita bisogna scegliere, altrimenti si precipiterà all' Inferno o si salirà alla gloria del Paradiso - non so quale è il diritto e il rovescio. E credo neppure il sommo poeta lo sapesse in cuor suo. Ma è certo che il buio delle viscere, rispetto al cervello e ai neuroni, è il rovescio.
Un rovescio che decide la vita. Un rovescio talmente rovescio che se uno si prende il colon tra le mani: Sigma, Traverso, Cieco, Discendente, Tenue.... insomma, se uno lo afferra e se lo tira fuori dalla pancia formando una lunghezza che varia dai nove agli undici metri e poi impugna un bisturi si accorge che già il rovescio per eccellenza possiede un suo doppio rovescio. Infatti se quei nove o undici metri vengono sezionati e distesi ricoprono la sbalorditiva ampiezza di un campo di calcio che è il luogo che appartiene al diritto per antonomasia, a parte l' arbitro che disciplina le partite, il quale appartiene per buona metà al rovescio (...).
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Quando torno a casa percorro la via dritta perché è quella del cimitero. Dall' età di ventotto anni so che il diritto non spetta ai vivi bensì ai morti. Non a caso quando una madre o un padre muoiono non vanno via, soltanto il loro corpo sparisce nella terra o è ridotto in cenere. Essi entrano dentro di noi (che siamo il rovescio, tanto ignoriamo le cose fondamentali) e noi ci trasformiamo in loro. Ci accorgiamo col passare del tempo che i morti ci abitano e che da rovescio ci spingono verso il diritto. Non è follia. È la verità. Molti, per divagare, hanno pensato e pensano che Canto notturno di un pastore errante dell' Asia, del poeta recanatese Giacomo Leopardi, spetti al rovescio: per la sua infausta e triste e storpia vita, oltre alla sua proverbiale filosofia morale come ci insegnarono i professori. Invece il Canto, pur vagando e ondeggiando tra luna e pastore e pecore, viaggia diritto tra la nascita e la morte. Il vecchierel... mezzo vestito e scalzo... Lacero, sanguinoso attraversa e giunge in abisso orrido, immenso, ov' ei precipitando, il tutto obblia... ecco, questa prova di corsa campestre estrema pare sia il perfetto rovescio: violento quanto uno schiaffo.
emanuele trevi
Ma poi quando si conia: È funesto a chi nasce il dì natale, come non vedere la verità del diritto, del sommo diritto a cui ogni uomo è costretto pur tentando di dimenticare? Invece La pioggia nel pineto è un perfetto rovescio. La vita è abolita. I corpi si sfaldano e racchiudono in erbe e si bagnano sotto la pioggia e ascoltano i suoni e essi stessi sono suoni in un dolce ricorrersi di illusione che sa tanto di Ketamina e Propofol: gli anestetici che ci introducono nei profumi.
Annibale sterminò ai piedi delle Alpi i romani etirò giù dove l' Italia sembra diritta anche se un poco curva sulla colonna vertebrale degli Appennini; la stessa Italia che la si ostina a osservare come uno stivale (diritto) e che invece era volante e bella come l' Arcangelo Michele se non gli avessero amputato (rovescio o diritto?) le ali: quella di sinistra, a Est, ceduta a Tito; e quella a Ovest, di Nizza, ai francesi (...)
emanuele trevi er francesino aurelio picca antonio gnoli
Ora, tra me e me, senza che si sappia in giro, mi viene da pensare che il diritto e il rovescio non contano nulla se non ci fossero i doveri. Per citarne alcuni a caso mi viene da suggerire: Fede per la lingua italiana; Lavorare per il bene comune dell' Italia; Arte, passione e generosità Insomma non posso che ritrovare l' antico lavoro a maglia del «dritto e rovescio». Come il bene e il male. Eppure so che nell' empireo esistono: talento, lavoro, giustizia, curare i malati, studiare per la libertà. Anche se il mio cocktail (rovescio) preferito tra diritto e rovescio si chiama destino più Dio.
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Infine, per non annoiarvi oltremisura, è facile notare che la parola Amore, al contrario si legge Eroma. Ma se dopo la E non mettiamo una acca che fa Eh Roma (subdola interiezione o presa per il culo); e concedendo uno spazio alla E e subito dopo lo spazio scriviamo Roma, accade che c' è posto per un romanzo. Non della bellezza che sta fuori, bensì di corpi meravigliosi e dilaniati che stanno sotto, più profondi delle Catacombe.
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E Roma allora è il lusso, cioè il vizio degli imperatori che cacavano sulla plebe. È quella sublime femmina infame. Di sopra: è la moneta contorta di Giulio Cesare data in pasto al mondo; di sotto: è la capitale di niente che urla di desiderio. È il perfetto rovescio. Come me, come voi che siete qui seduti ad ascoltare uno sciocco innamorato come me. Noi, come Roma, di fuori siamo diritti, il diritto, ma come tutti i corpi custodiamo: cuore, polmoni, fegato, milza, cervello. Proprio come Roma. Perché Ella, Capitale del mondo infame, è la grandezza del rovescio. Infatti è meglio chiamarla: Amore.
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