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    PILLOLE DI PROFITTO - LA VERA CRESTA BIG PHARMA LA FA SUI NUOVI ANTIVIRALI PER LA CURA DEL COVID, NON COI VACCINI: IL MEDICINALE DELLA MERCK HA UN PREZZO DI 610 EURO A CICLO, CIOÈ 47 VOLTE DI PIÙ DEL COSTO DI PRODUZIONE E LE STIME PER IL FARMACO DI PFIZER SONO SIMILI - GABANELLI: "C'È IL NODO DEI CONTRATTI, VISTO CHE OGNI PAESE HA NEGOZIATO DA SOLO. ABBIAMO SPESO TANTI SOLDI, MA SALVIAMO VITE? PURTROPPO NON È COSÌ: LA BUROCRAZIA RALLENTA L’ACCESSO A TUTTI…" - VIDEO


     
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    Milena Gabanelli e Simona Ravizza per il "Corriere della Sera"

     

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    I nuovi antivirali per la cura del Covid, approvati dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e ora in commercio, sono due: il Lagevrio (Molnupiravir) di Merck & Co. e il Paxlovid (Nirmatrelvir/Ritonavir) di Pfizer.

     

    Entrambi sono da assumere a casa su indicazione del medico di famiglia, ma dietro prescrizione degli specialisti ospedalieri, entro 5 giorni dall’insorgenza del virus, ed indicati solo per chi rischia di aggravarsi in modo severo.

     

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    Autorizzazione, risultati e utilizzo

    Il Molnupiravir, prodotto dalla Merck, non è ancora stato autorizzato all’immissione in commercio da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema), che però il 19 novembre 2021 ha dato parere positivo agli Stati Ue sull’uso in via emergenziale.

     

    La riduzione dei casi di ricovero in ospedale stimata è del 30%. I risultati della sperimentazione mostrano che su 385 pazienti che hanno assunto il Molnupiravir ne sono stati ricoverati 28 e nessun decesso, mentre dei 377 trattati con placebo ci sono stati 53 ricoveri e 8 decessi (qui il documento).

     

    la pillola della merck la pillola della merck

    Su questa base il Ministero della Salute concede un via libera temporaneo alla distribuzione e il 28 dicembre Aifa definisce come utilizzarlo (qui il documento): 4 compresse da assumere ogni 12 ore per 5 giorni. In Italia la distribuzione è iniziata il 4 gennaio.

     

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    Per il Paxlovid, prodotto da Pfizer, invece il 27 gennaio 2022 arriva il sì di Ema alla commercializzazione. La riduzione del tasso di ospedalizzazione è dell’88%: su 1.039 pazienti trattati con Paxlovid ne sono stati ricoverati 8 contro i 66 su 1.046 trattati con placebo.

     

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    Nessun decesso nel gruppo Paxlovid, contro 12 (qui il documento Ema). Il 31 gennaio Aifa stabilisce come assumerlo: due compresse di Nirmatrelvir e una di Ritonavir ogni 12 ore, per 5 giorni. In Italia la distribuzione inizia il 4 febbraio 2022.

     

    Il prezzo di vendita e i costi di produzione

    Al contrario dei vaccini stavolta l’Ue non viene delegata a negoziare per tutti, ma ciascun Paese decide di andare per conto proprio. Spiega a Dataroom il dg Santé Pierre Delsaux: «La Commissione non è stata coinvolta in discussioni bilaterali tra gli Stati membri e i produttori. Noi ignoriamo i prezzi dei contratti».

     

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    In Italia la trattativa con le case farmaceutiche è di competenza dell’Aifa, ma in questo caso il Ministero della Salute ha dato mandato alla struttura del commissario Francesco Figliuolo.

     

    Vediamo i contratti per il 2022. Per il Molnupiravir è prevista una fornitura di 51.840 trattamenti a un costo di 610 euro a ciclo. Negli Usa il costo è di 700 dollari (618 euro). Per il Paxlovid 600 mila trattamenti a un costo di 666 euro a ciclo. Negli Usa il Paxlovid viene venduto dalla Pfizer a 530 dollari (468 euro), certo loro hanno ordinato un numero di trattamenti ben più alto, però 120 milioni di euro in più non sono pochi.

     

    risultati risultati

    Abbiamo speso tanti soldi, ma salviamo vite. Purtroppo non è così: per non rischiare che lo assuma qualcuno che potrebbe farne a meno, la burocrazia rallenta l’accesso a tutti. E questa è la trafila: il medico di famiglia si prende 48 ore per fare l’anamnesi, poi deve compilare i moduli per la richiesta da inviare ai centri abilitati, una volta ottenuta l’autorizzazione vai a ritirare il farmaco nella farmacia ospedaliera. Il tutto entro 5 giorni. Uno su dieci ce la fa.

     

    produzione produzione

    Ma quanto costa produrre questi farmaci?

    Il costo di produzione per il Molnupiravir è stimato intorno ai 14,6 dollari (12,9 euro). Il calcolo è di Melissa Barber del Dipartimento per la salute globale dell’Università di Harvard che, insieme a un gruppo di altri ricercatori, su incarico dell’Oms ha sviluppato un algoritmo per quantificare i costi di produzione dei farmaci.

     

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    Obiettivo è quello di consentire alle autorità sanitarie di negoziare prezzi più convenienti per i Paesi in via di sviluppo, ma anche per i Paesi ad alto reddito sempre più costretti a razionare i medicinali per il cancro, l’epatite C e le malattie rare.

     

    Il costo finale prende in considerazione il prezzo della materia prima, i costi del lavoro, delle apparecchiature, delle utenze, un margine di profitto del 10%, le imposte del 26,6% sugli utili. Il ricarico della Merck è, dunque, di 47 volte. Per il Paxlovid non ci sono ancora calcoli precisi, ma è verosimile che il costo di produzione abbia una scala di grandezza simile.

     

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    Il peso della ricerca e della sperimentazione

    Ma vanno aggiunti i costi di ricerca e sperimentazione, che però l’industria farmaceutica non riporta mai in modo trasparente.

     

    E non vengono resi accessibili neppure i finanziamenti pubblici ricevuti per lo sviluppo di un farmaco: su questo fronte, in particolare negli Usa, le agenzie governative come il National Institutes of Health (Nih) e la Biomedical Advanced Research and Development Authority (Barda) impegnano miliardi di dollari dei contribuenti (qui il documento).

     

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    Sul Molnupiravir sappiamo che è inventato alla Emory University tra il 2013 e il 2020, per cercare di combattere l’encefalite equina venezuelana, capendo poi durante gli studi che può inibire anche la sindrome respiratoria mediorientale conosciuta come Mers-Cov.

     

    Sullo studio di questo farmaco il governo Usa ci ha messo 35 milioni di dollari (qui il documento). Il Paxlovid, invece, è composto da due principi attivi: il Ritonavir, sviluppato alla fine degli anni ‘80 per il trattamento dell’Hiv (i cui brevetti sono scaduti), e il Nirmatrelvir.

     

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    Si tratta di una nuova molecola messa a punto durante il Covid-19, ma le basi per il suo sviluppo risalgono al 2003, quando Pfizer stava sviluppando un antivirale contro la Sars, in seguito interrotto a causa del contenimento dell’epidemia (qui il documento).

     

    I guadagni delle case farmaceutiche

    Nel 2022 la Merck, i cui utili sono passati da 9,8 miliardi di dollari del 2019 a 13 del 2021, stima di ricavare dalle vendite di Molnupiravir fra i 5 e 6 miliardi di dollari (da dividere equamente con la Ridgeback). La Pfizer, che nel 2021 ha avuto utili per 22 miliardi contro i 16,3 del 2019, dichiara che dal Paxlovid ricaverà 22 miliardi di dollari.

     

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    Le aziende farmaceutiche esplodono di salute proprio strozzando i sistemi sanitari perché ti dicono: il costo di un ricovero per Covid costerebbe dai 9 ai 22 mila euro, te la cavi con 600, che vuoi di più?

     

    Lo dimostra il caso dell’antivirale Sofosbuvir del colosso Gilead, più noto come farmaco contro l’epatite C.

     

    Il caso del farmaco contro l’epatite C

    Approvato dalla Fda a fine 2013 e dall’Ema a inizio 2014, il Sofosbuvir viene introdotto negli Usa a circa 84 mila dollari per 12 settimane di trattamento. Costo di produzione stimato, sempre dall’Università di Harvard, 47,46 dollari per ciclo.

     

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    Quando l’Aifa si siede al tavolo delle trattative la richiesta dell’azienda farmaceutica è di 58 mila euro a trattamento, una cifra pari al prezzo spuntato in Francia. La nostra Agenzia del farmaco lo considera improponibile sia sotto il profilo etico che finanziario, e avvia un approccio negoziale rigoroso e basato su avanzate procedure di accordo progressivo.

     

    Gilead ritorna al tavolo con una proposta di 42 mila euro, Aifa negozia un accordo riservato prezzo/volume che parte da 37 mila euro per i primi 5 mila pazienti e poi scende a 4 mila per l’ultimo scaglione di pazienti (dai 40 mila ai 50 mila).

     

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    Alla fine il prezzo medio pagato in Italia è di 11 mila euro a trattamento, il più basso di qualunque altro Paese del G8. Il risparmio di questa negoziazione per il sistema sanitario italiano complessivamente è stato in un anno di oltre 1 miliardo di euro.

     

    Certo, per condurre queste trattative bisogna conoscere come funziona il sistema, e l’allora direttore generale di Aifa Luca Pani lo sapeva. La Gilead da parte sua non è andata in sofferenza: nel primo anno di lancio il ricavo dalle vendite del Sofosbuvir è stato di 11,3 miliardi di dollari.

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