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IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - PIPPO BAUDO LO AVEVAMO VISTO NASCERE NELLA TV DEI PRIMISSIMI ANNI ’60, PIÙ MODERNO CERTO DI MIKE O DI MARIO RIVA, MA ANCHE MENO COOL DI CORRADO" - "MA LA VERA MODERNITÀ DI PIPPO, CHE ARRIVÒ ALL’EPOCA DEI SOCIALISTI, FU STRAVOLGERE LA PRIMA SERATA DEMOCRISTIANA DI RAI UNO, IL PALAZZO D’INVERNO, CON COMICI SCATENATI E POLITICI COME BEPPE GRILLO, ROBERTO BENIGNI E MASSIMO TROISI. PIPPO CAPÌ CHE LA RIVOLUZIONE IN RAI DOVEVA E POTEVA PASSARE SOLO LÌ. UN’OMBRA DI QUESTA RIVOLUZIONE, DECISAMENTE PIÙ ADDOMESTICATA, LA RITROVEREMO NEI SANREMO CON LE APPARIZIONI DI BENIGNI O DI FIORELLO IN QUESTI ULTIMI ANNI. MA NON POSSONO ESSERE PARAGONATI A QUELLO CHE FECE PIPPO, FACENDO ESPLODERE DALL’INTERNO LA PRIMA SERATA DI RAI UNO…" - VIDEO!
Marco Giusti per Dagospia
pippo baudo foto by claudio porcarelli. 6
Tutti, cioè tutti quelli che hanno lavorato in Rai, hanno una storia con Pippo Baudo da raccontare. La storia che vi racconto io è ambientata nella Rai Uno degli anni ’90 di Brando Giordani, direttore, e di Mario Maffucci, probabilmente il capo struttura dello spettacolo più significativo che la rete abbia mai avuto.
Stavo ancora a Rai Tre, che non era più quella di Angelo Guglielmi, quindi in tempi ormai berlusconiani, penso con Locatelli come direttore, cioè un non-direttore che cercava di sopravvivere in una rete che lo detestava, a montare Blob e il mio amico Tatti Sanguineti pensava che fosse arrivato il momento di farmi evadere dalla rete e dal rapporto ormai malato col mio socio storico Enrico Ghezzi, che non voleva arrendersi al fatto che la rete di Guglielmi era finita.
enrico ghezzi e marco giusti 2
Devo dire che gli orfani e le vedove di Guglielmi ci metteranno anni a smaltire della vecchia Rai Tre. L’idea di Tatti era quella di sfruttare il mio monumentale libro e studio su Carosello per costruire una prima serata.
Su che rete? Ovviamente su Rai Uno. Fu Tatti a portarmi da Mario Maffucci a discutere di come poter fare il programma. Ma parlammo anche con Pippo Baudo, che al tempo aveva un ruolo di supervisore di tutto lo spettacolo Rai.
Un ruolo di tutto e di niente assolutamente inventato che lo aveva portato a occupare una stanza adiacente alla vecchia mensa di Viale Mazzini, accanto anche ai cessi della stessa mensa, da dove però si saliva solo con l’ascensore riservato ai dirigenti del settimo piano.
CORRADO - MIKE BONGIORNO - PIPPO BAUDO
Io e Tatti aspettavamo Pippo rispettosamente ogni mattina in questo suo ufficetto, non aveva mai avuto un ufficio, e Tatti si era completamente invaghito di lui.
Esattamente come si era invaghito di Walter Chiari, che non poteva amare Pippo dopo che gli aveva rubato Alida Chelli, e come si invaghirà di Rodolfo Sonego, Tatti era partito proprio per Pippo.
Aveva finalmente trovato la sua divinità nella Rai. Come tanti giovani studiosi di cinema della mia generazione, divisi tra Hollywood e Nouvelle Vague, non avevo grandi idee in merito su Pippo Baudo.
Lo avevamo visto nascere nella tv dei primissimi anni ’60, più moderno certo di Mike o di Mario Riva, ma anche meno cool di Corrado, vero padrone di “Domenica In”. Non lo avevo molto amato come presentatore del Festival di Sanremo e metà degli anni ’60, si muoveva troppo, si agitava troppo, era nervoso.
Mike e Corrado erano un’altra cosa. Ma Pippo sembrava più moderno. E “Settevoci” fece il resto. Ma la vera modernità di Pippo, che arrivò all’epoca dei socialisti, fu stravolgere la prima serata democristiana di Rai Uno, il Palazzo d’Inverno, con comici scatenati e politici come Beppe Grillo, Roberto Benigni e Massimo Troisi.
Pippo capì che la rivoluzione in Rai doveva e poteva passare solo lì. Un’ombra di questa rivoluzione, ma ahimé decisamente più addomesticata, la ritroveremo nei Sanremo con le apparizioni di Benigni o di Fiorello in questi ultimi anni. Ma non possono essere paragonati a quello che fece Pippo, facendo esplodere dall’interno la prima serata di Rai Uno.
Pippo, in quell’ufficetto tra i cessi e la mensa, ci apparve immenso, monumentale. Già monumento a se stesso, già la Televisione, anzi Rai Uno fatta carne e capello, ma assolutamente mobile e intelligente nel capire lo spettacolo.
PIPPO BAUDO - GIULIO ANDREOTTI
Tatti era impazzito per Pippo e parlava solo di lui come fa quando perde la testa per una star dello spettacolo o del cinema, fosse Fellini o Walter.
Maffucci e Giordani ci proposero in un primo tempo di far condurre due-tre puntate dedicate a Carosello da Enrico Montesano con Enrico Vaime come autore, cosa che ci sembrò un po’ antiquata.
Avevamo idee più moderne. Poi, non mi ricordo esattamente come, Pippo si liberò e decise che avrebbe presentato lui due-tre puntate dedicate a Carosello costruite come una gara tra caroselli storici. Non ci sembrò una grande idea, ma lavorare con Pippo ci sembrò a tutti e due il massimo che potessimo chiedere dalla vita.
Per tre giorni lavorammo con Pippo. Anzi, lasciai in gran parte Tatti a lavorare con Pippo e con una serie di autori che stavano facendo un altro programma con lui.
Tatti già mi spiegava il metodo Pippo Baudo per controllare la scena a grandi falcate, per non lasciare mai spazi vuoti.
Il mio spettacolo personale, confesso, era vedere Tatti studiare Pippo. Inoltre Pippo non era il Chiambretti ragazzino ignorantone dei primi anni di Rai Tre che dipendeva da Tatti.
Pippo aveva una padronanza della scena e della narrazione che non ho mai rivisto in nessun presentatore con cui abbia lavorato.
Che lavoro si doveva fare con lui? Si metteva in scena da solo e controllava tutto personalmente. Gli autori servivano a poco. Quella era stata la sua idea da quando aveva iniziato a fare il presentatore in Rai lasciando la professione di attore a teatro, dove non brillava particolarmente.
“Pippo Baudo, questo lungo e dinoccolato ragazzo, che sprizza simpatia da tutti i pori, si è rivelato inesauribile”, scrive un inviato del “Corriere della Sera” nell’agosto del 1961 dal Festival della canzone calabrese di Vibo Valentia, che verrà trasmesso dalla Rai.
pippo baudo in il suo nome e' donna rosa 2
Da lì Pippo sarebbe passato a presentare il Festival della canzone di Assisi. Ma si era messo molto in luce nel giugno dello stesso anno, il 1961, nell’antifestival di Napoli, cioè l’infuocato “Giugno musicale napoletano”, ideato da Michele Galdieri, già funestato da mille problemi (alle mitiche Maria Paris e Gloria Christian viene vietato di cantare “O lione”, che verrà eseguita dal solo Nino Taranto), quando un “clarinettista dal tono di voce settentrionale”, cito ancora il Corriere, inveisce contro il direttore d’orchestra, Berto Pisano, per una richiesta di note per lui assurde.
Pisano se ne va e Pippo trova giusto e necessario, come farà per tutta la vita, coprire il buco del direttore d’orchestra sul palco e esibirsi lui con la bacchetta. E’ alto, dinoccolato, un macigno, lo può fare. A questo punto, leggo, gli orchestrali inveiscono tutti contro di lui.
Non si fa. Ma Pippo non solo cercherà di farlo per tutta la vita. Se da presentatore deve cantare o recitare al posto di chiunque altro lo farà sempre. Prenderà il posto di Ciccio con Franco Franchi per cantare “Tre compari e tre somari”, un’esibizione che gli costerà una torta in faccia, ricordate?
Farà coppia con chiunque. E può essere un meraviglioso ospite in tv, in una puntata di Stracult lo avevo sistemato accanto al palermitano ugualmente lungo alto e dinoccolato Luca Guadagnino e funzionavano benissimo.
Insomma. Dopo tre giorni, che io e Tatti passammo come i migliori della nostra vita, non so perché il progetto Pippo Baudo presenta Carosello saltò. Per me e Tatti fu una bella mazzata.
Fu allora che, complice Maffucci, chiamammo Fabio Fazio, che si dichiarò disponibile e gentile.
Ma i tempi, politici, che da sempre governano il panorama della Rai, stavano cambiando. Con l’arrivo del governo Prodi e il ritorno di Carlo Freccero in Rai come direttore di Rai Due, io e Tatti alla fine facemmo il programma in prima serata su Carosello su Rai Due con Ambra Angiolini presentatrice.
Pieno di idee, di trovate e di presenze, da Elio e le storie tese a Giorgio Bracardi, da Vince Tempera ai balletti di Luca Tommasini. Ma non fu il successo sperato. “Chi vi credevate di essere, Garinei&Giovannini?”, ci disse beffardo il decano dei cinephiles italiano, Piero Tortolina. Aveva ragione. Pippo non avrebbe sbagliato.
pippo baudo carosello per motta 8
pippo baudo carosello per motta 9
pippo baudo 6 foto lapresse
pippo baudo 9 foto lapresse
pippo baudo 5 foto lapresse
pippo baudo 4 foto lapresse
pippo baudo carlo conti foto lapresse
pippo baudo 8 foto lapresse
GRILLO E BAUDO
GRILLO E BAUDO
pippo baudo mike bongiorno corrado enzo tortora mina
pippo baudo nel suo agrumeto a militello in val di catania
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