terence stamp

IL NECROLOGIO DEI GIUSTI - CI SIAMO INNAMORATI TUTTI PAZZAMENTE DI TERENCE STAMP QUANDO LO ABBIAMO VISTO IN “TEOREMA” DI PIER PAOLO PASOLINI O IN “TOBY DAMMIT” DI FEDERICO FELLINI, MA CI ERA PIACIUTO ANCHE NEI FILM MENO RIUSCITI, COME “MODESTY BLAISE” DI JOSEPH LOSEY, STRAVAGANZA ALLA 007 CON MONICA VITTI - ALLA FINE, HA GIRATO QUELLO CHE HA VOLUTO, SE L’È GODUTA, È STATO UNA STAR IN GRADO DI PASSARE DA GRANDI FILM A FILM DI CULTO IN CONTINUAZIONE. L'UNICO RIMPIANTO È IL RIFIUTO A SERGIO LEONE PER IL RUOLO DI ARMONICA IN “C’ERA UNA VOLTA IL WEST”. LO CHIESE A FELLINI. E FELLINI GLI DISSE…

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Marco Giusti per Dagospia

 

terence stamp toby dammit tre passi nel delirio 7

Ci siamo innamorati tutti pazzamente di Terence Stamp quando lo abbiamo visto in “Teorema” di Pier Paolo Pasolini, dove era il visitatore che porta alla sua fine la famiglia borghese, in “Toby Dammit” di Federico Fellini, dove è l’attore drogato del momento che dopo esser stato pagato con una Ferrari rossa per la sua apparizione nel primo western cattolico scommette la testa col diavolo e la perde, in “Via dalla pazza folla” di John Schlesinger dove si immerge nudo nell’acqua e lo pensiamo morto per sempre, in “Poor Cow” di Ken Loach, perfino in “Due occhi di ghiaccio”, western americano dell’inglese Silvio Narizzano dove interpreta Blue, il protagonista dagli occhi azzurri che Stanley Cortez fotograferà in maniera indimenticabile.

 

 

terence stamp monica vitti modesty blaise

Ma ci era piaciuto anche nei film meno riusciti, come “Modesty Blaise” di Joseph Losey, stravaganza alla 007 con Monica Vitti come Modesty Blaise e Dirk Bogarde dove fa il bello. Rifiuta il ruolo da protagonista di “Alfie”, ma indica nel suo amico e compagno di stanza Michael Caine il protagonista più giusto. Infatti sarà candidato all’Oscar.

 

Quando venne in Italia per “Toby Dammit” e “Teorema”, Terence Stamp era già una star malata esattamente come Toby Dammit. Fellini lo preferì al più decadente, e meno bello, James Fox.

 

 

Del resto era perfetto. Aveva girato buoni film come “L’anno crudele” di Peter Glenville, ma soprattutto il “Billy Budd” diretto da Peter Ustinov, tratto dal romanzo di Herman Melville, dove è il nocchiero Billy Budd, marinaio bellissimo e balbuziente.

 

 

terence stamp via dalla pazza folla.

“Peter Ustinov è stata la prima vera influenza positiva nella mia carriera. Era autentico e ne era testimone. Le cose che ti diceva, le viveva”, dirà. Il pubblico gay o meno di tutto il mondo era già impazzito per lui. E tutti i ruoli un po’ da depravato, da maniaco potevano essere suoi, come quello del protagonista de “Il collezionista”, che rapisce Samantha Eggar e la tiene chiusa a casa sua.

 

Ma è stupendo anche in “Via dalla pazza folla” diretto da John Schlesinger, tratto dal romanzo di Thomas Hardy, dove divide la scena con Julie Christie, che tra il 1961 e il 1962 era stata sua fidanzata, e Alan Bates. Di Schlesinger non aveva un gran ricordo.

 

“Non mi sembrava un tipo particolarmente interessato al cinema. Inoltre, non ero la sua prima scelta: voleva davvero Jon Voight. Non era proprio ostile, ma non mi ha aiutato. Lavoravo per conto mio, in realtà”.

 

 

 

 

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Ma il meraviglioso cinema italiano di fine anni ’60 ne fa una star leggendaria tra “Teorema” e “Toby Dammit”. Silvia Corso che era arredatrice sul film di Fellini lo ricorda tristissime per una storia d’amore con un architetto.

 

Negli anni ’70 non riesce a mantenere lo stesso ritmo di film meravigliosi che aveva girato negli anni ’60 tra Italia e Inghilterra. Ma ha la fortuna di alternare film non sempre riusciti come “Divina creatura” di Giuseppe Patroni Griffi con Laura Antonelli , “Amo non amo” di Armenia Balducci con Jacqueline Bisset, “Morte in Vaticano” di Marcello Aliprandi, un filino trash, con “Superman” di Richard Donner che lo rilancia come cattivissimo generale Zod o “In compagnia dei lupi” di Neil Jordan dove fa il Diavolo.

 

 

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Negli anni ’80 Terence Stamp è una star che è nata, morta e rinata già molte volte. Che può ancora rinascere con due successi internazionali come “L’inglese” (“The Limey”) di Steven Soderbergh, che è una sorta di sua autobiografia, e “Priscilla” dove è Bernadette. Un ruolo che avrebbe dovuto riprendere proprio adesso. Alla fine, Terence Stamp ha girato quello che ha voluto, se l’è goduta, è stato una star in grado di passare da grandi film a film di culto in continuazione.

 

L'unico rimpianto è il rifiuto a Sergio Leone per il ruolo di Armonica in “C’era una volta il west”. Lo chiese a Fellini. E Fellini gli disse “Leone è un aiuto regista”. Ma sei sicuro? “Sì. Leone è un aiuto regista”. Così non lo fece. “Per me a quel tempo Fellini era Dio”. Il rimpianto nostro, invece, è quel quarto d'ora di film western in "Toby Dammit" con Terence Stamp nel villaggio di Alvaro Mancori a Settecamini che Fellini tolse dalla versione finale del suo episodio. Si vedrà mai?

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