1. UCCISO IL BOSS DEGLI SCAFISTI: «FATTO FUORI DAGLI 007 ITALIANI»
Nino Materi per "il Giornale''
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Zuwara è a «lutto». Da qui partono i barconi che attraversano il Mediterraneo diretti in Europa. Questo era il regno di Salah al-Mashkout. «Era», perché da oggi gli scafisti dovranno incoronare un nuovo boss. Salah al-Mashkout, fino a ieri, era considerato infatti il capo indiscusso del traffico di migranti in Libia. Ora è solo un cadavere crivellato di proiettili. Lo hanno ammazzato a Tripoli.
Insieme agli 8 miliziani che gli facevano da scorta: «vecchi arnesi» dell' ex esercito di Gheddafi. E un ufficiale del raìs era stato anche lo stesso Salah al-Mashkouti che dopo il crollo del regime del colonnello aveva pensato bene di riciclarsi nel business dei mercanti di carne umana.
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Ma chi sono i sicari di Mashkouti? Il presidente del Parlamento parallelo di Tripoli, Nouri Abu Sahmain (legato al governo rivale rispetto a quello internazionalmente riconosciuto, che ha sede a Tobruk), ha accusato le forze speciali italiane «di essere dietro alla sua uccisione». La Farnesina smentisce. Anche fonti dell' intelligence italiana escludono che «in Libia siano in corso attività di questo tipo da parte dei servizi»; e questo perché, aggiungono, «non rientra nel perimetro operativo degli 007».
Ma il giallo resta. A rilanciare la «pista italiana» è il quotidiano britannico The Guardian , offrendo una versione opposta a quella fornita dal quotidiano Libya Herald secondo il quale «non sono stati identificati i componenti del commando autore dell' attacco letale». Ma in serata arriva una dichiarazione clamorosa: «Salah al-Maskhout è vivo e non ha nulla a che vedere con il traffico di esseri umani».
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È quanto si legge sul giornale online MaltaToday , che attribuisce le dichiarazioni a un uomo che afferma di essere un nipote di Maskhout: «Mio zio ha lasciato l' esercito nel 1996 all' epoca del regime di Muammar Gheddafi e non è collegato a nessuna delle milizie attive in Libia». Secondo questa fonte (che non sembra però particolarmente autorevole ndr) Maskhout, negli ultimi tempi, avrebbe lavorato per una «compagnia energetica a Tripoli».
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A risultare più credibile è invece la versione «ufficiosa» del Guardian : «Maskhout era andato a visitare alcuni parenti nei pressi del Medical Centre di Tripoli, accompagnato dalla sua scorta. Il convoglio è stato fermato da uomini armati, almeno 4». Poi è scoppiata una sparatoria: i 4 «armati solo di pistole» hanno colpito Maskhout e ucciso altre 8 guardie del corpo. Libya Herald sottolinea che gli uomini di Maskhout erano «armati di AK47» e che dunque il team che li ha uccisi era composto «probabilmente da professionisti».
La notizia è subito rimbalzata nel quartier generale di Maskhoutal, Zuwara: la cittadina portuale teatro della strage di centinaia di migranti, lo scorso mese, naufragati su un barcone a poca distanza dalla costa. Le tragiche immagini dei cadaveri dei bimbi sul bagnasciuga hanno fatto il giro del mondo. Le milizie locali hanno dichiarato una vera e propria «guerra» ai trafficanti, con il sostegno della gran parte della popolazione. È in questi ambienti che vanno cercati mandanti ed esecutori dell' omicidio di Maskhout e dei suoi 8 guardiaspalle.
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2. L' IPOTESI DI UN RAID, IL DEPISTAGGIO: I DUE SCENARI (E I MESSAGGI A ROMA)
Guido Olimpio e Fiorenza Sarzanini per il ''Corriere della Sera''
Una storia strana, con tante versioni. Uno specchio di cosa sia la Libia, divisa tra due governi - Tobruk e Tripoli - e una miriade di fazioni con interessi diversi. Un quadrante fatto apposta per il doppio gioco e le manovre, dove ognuno ha la sua verità su cosa sia realmente accaduto a Salah Mashkout, miliziano e protettore di un grande network che porta i clandestini fino in Italia. All' alba era morto ammazzato dai commandos, alla sera resuscitato al telefono in una successione di scenari, tutti plausibili. Il raid c' è stato per davvero.
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L' agguato si è verificato ma l' obiettivo non era Mashkout bensì un altro mercante di uomini (pare il fratello). L' intera vicenda non è mai avvenuta e rientra nel clima politico del Paese nord africano.
Le prime informazioni trasmesse dai libici agli italiani hanno parlato di un team sicuramente straniero. Confermata anche la dinamica raccontata dai media: c' è stato prima un tentativo di catturare il trafficante (Mashkout o chi?) e quando la scorta ha reagito gli assaltatori hanno sparato.
ambasciata italiana a tripoli
Dinamica che ricorda quella usata in due occasioni dalle forze speciali statunitensi. La Delta Force ha catturato, nell' ottobre 2013 a Tripoli, il qaedista Abu Anas al Libi con un modus operandi identico. Un anno dopo è toccato ad un altro terrorista, Ahmed Abu Khettala, portato via da Bengasi.
Se è andata davvero così l' ipotesi più accreditata è che ad agire sul campo siano stati francesi oppure statunitensi con l' Italia però informata del blitz. Siamo noi ad avere il comando della missione anti scafisti decisa dall' Unione Europea e a coordinare la task force è l' ammiraglio Enrico Credendino. Anche se per il momento sono state autorizzate soltanto azioni in mare.
Un' attività che ha portato all' affondamento di più di 500 imbarcazioni e creato guai ai criminali, ora in difficoltà nel reperire nuove barche e gommoni. Inoltre il presidente Mattarella ha sempre ribadito che l' Italia non avrebbe partecipato alle azioni di terra senza il via libera dell' Onu. E la luce verde non è ancora arrivata.
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Il blitz sarebbe allora un' anteprima in vista di un' offensiva maggiore e il modo di lanciare un segnale al nemico.
Il rimbalzare di notizie contrastanti ha però aperto un secondo teatro, più ambiguo. Alcune delle indiscrezioni possono essere legate alla faida libica e al ruolo importante del nostro Paese. Con un fatto contingente. È in corso una trattativa per ottenere il rilascio di quattro tecnici italiani rapiti in luglio, un negoziato che sarebbe arrivato ad un punto delicato e che ha come controparte personaggi dell' ambiente scafista.
Qualcuno potrebbe aver interesse a perturbare i contatti.
Affermare che i nostri militari hanno sparato nelle vie di Tripoli è la scintilla per far saltare tutto. Anche perché inserendo il nome di Mashkout hanno allargato le implicazioni. Il libico oltre a essere un gangster ha fatto parte di una milizia con stretti legami a Tripoli. E si racconta che i suoi uomini hanno controllato una flottiglia di una trentina di imbarcazioni usate nei traffici di migranti.
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A sua volta anche l' esecutivo di Tobruk - quello riconosciuto internazionalmente - avrebbe da guadagnare da un peggioramento dei rapporti tra Roma e i dirigenti tripolini.
Da qui l' ipotesi che il particolare delle munizioni calibro 9 usate nel presunto agguato possa rientrare nel depistaggio, un tentativo di sottolineare l' infiltrazione di elementi stranieri .