DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1. IL MONDO RACCONTATO DAI FOTOGRAFI
Giovanna Calvenzi per il “Corriere della Sera”
Andy Rocchelli, Paolo Verzone, Massimo Sestini ma anche Michele Palazzi, Gianfranco Tripodo, Fulvio Bugani, Giovanni Troilo, Giulio Di Sturco, Turi Calafato, Paolo Marchetti: undici gli italiani fra i premiati della cinquantottesima edizione del World Press Photo Contest.
World press photo dell’anno - John Stanmeyer, USA
Il numero degli italiani sottolinea l’eccellente qualità del fotogiornalismo italiano capace di realizzare storie che con molta probabilità l’attuale debolezza dell’editoria periodica non ci consentirà di apprezzare come meriterebbero. Foto dell’anno un’immagine del danese Mads Nissen, che ritrae un momento di intimità tra due giovani uomini a San Pietroburgo.
La presidente della giuria, Michele McNally, responsabile della fotografia del New York Times, ha dichiarato: «Questa foto è esteticamente potente e ricca di umanità». Come ogni anno i numeri rendono impressionante questo concorso creato ad Amsterdam 58 anni fa: i vincitori sono stati selezionati tra 5.692 fotografi di 131 Paesi diversi che hanno sottoposto alla giuria 97.912 lavori. Una quantità sempre in aumento, che costringe gli organizzatori e i membri della giuria a una settimana di durissimo lavoro.
2. MADS NISSEN: QUELLA FOTO DI AMORE GAY, LA MIA SFIDA PER I DIRITTI
Marco Mathieu per “la Repubblica”
“Quella foto è il mio modo di esprimermi, in difesa dei diritti dei gay». La rivendicazione di Mads Nissen arriva quasi casualmente, mentre descrive la sua foto. Anzi, la “foto dell’anno” secondo la giuria del World Press Photo — il più importante premio fotografico internazionale — che ieri gli ha anche attribuito il primo posto nella categoria Contemporary issues .
migrante nascosto sotto un'auto tripodo
Nissen, 35 anni e un figlio, vive a Copenhagen dove lavora per il quotidiano Politiken , è membro dell’agenzia italiana Prospekt, ma soprattutto viaggia per il mondo in cerca di storie da raccontare per immagini. E a Repubblica spiega: «Ho scattato alle due di notte, nella stanza da letto di Jon e Alex, mentre facevano sesso, ma la storia è iniziata molto prima ed è diventata un reportage sull’omofobia in Russia».
Quando iniziò questo lavoro?
«Nel giugno del 2013 ero a San Pietroburgo per un workshop con altri fotografi. Andai a seguire il Gay pride e quel giorno decisi di approfondire la vicenda dei diritti dei gay in Russia».
Perché?
«Arrivò un gruppo di omofobi, si avvicinarono al ragazzo con cui stavo parlando e gli chiesero, minacciosi: “Sei frocio?”. Lui, calmo: “Sono omosessuale”. Lo colpirono con violenza, pugni e calci. Picchiavano tutti. Ero pietrificato, non sapevo cosa fare».
E poi?
«Fotografare per me era e resta l’unico modo per reagire, per provare a scoprire come sia possibile che i gay facciano tanta paura. Perché dietro l’omofobia ci sono paura, ignoranza e pregiudizi. E in Russia la discriminazione è quotidiana, così come la violenza contro la comunità Lgbt. Nei mesi successivi sono stato più volte a San Pietroburgo e a Mosca, ho approfondito la conoscenza degli attivisti. Sono giovani, non vogliono più nascondersi, rifiutano i pregiudizi e ne ridono».
cadetti accademie militari verzonemads nissen
Come i due ragazzi della foto?
«Sì. Jon ha 21 anni, è quello a sinistra, Alex 25. Li ho conosciuti una sera della primavera scorsa in un bar di San Pietroburgo: entrambi attivisti, hanno una relazione “complicata” come la definiscono, ma si amano molto».
Li hai fotografati da molto vicino...
«Poter arrivare il più vicino possibile ai soggetti è una priorità giornalistica: se non riesco a farlo non sarò in grado di trasmettere quelle emozioni e quell’intensità ai lettori dei giornali che pubblicano le mie foto. Che si tratti della guerra in Libia, dell’Afghanistan oppure di Jon e Alex. Ho parlato a lungo con loro, spiegando che volevo raccontare la loro quotidianità, intimità compresa. Senza imbarazzi né pose. Erano incuriositi e divertiti dalla proposta. E hanno accettato».
la battaglia finale per maidan
Ma come è nato quello scatto?
«Ero a casa loro ormai da qualche ora, quasi non facevano più caso alla mia presenza: li ho ritratti nella stanza da letto in una situazione molto intima. Senza alcun tipo di costruzione. Penso che la forza dello scatto sia che tutti, gay o etero, possono immedesimarsi: racconta semplicemente un momento di intimità tra due persone che si amano ».
C’è chi già polemizza sull’estetica eccessiva della foto...
«Con la fotografia parli agli occhi e di conseguenza al cervello e al cuore delle persone. Volevano forse una foto brutta? E poi: ho seguito il conflitto in Ucraina, ho raccontato Ebola in Africa ma sinceramente penso che oggi la foto di due giovani uomini nudi e innamorati possa risultare più forte, importante e controversa di quelle che ho fatto a chi muore sotto le bombe o per un’epidemia. Chiedete a Putin cosa pensa dello scatto con Jon e Alex, provate a esporre la foto in Uganda, Arabia Saudita o qualsiasi altro luogo del mondo omofobo e poi ditemi...».
Sei rimasto in contatto con Jon e Alex?
«Certo, sono state le prime persone che ho chiamato dopo aver saputo di aver vinto il premio».
Cos’hanno detto?
«Hanno riso, felici: sono ancora innamorati. E ancora una volta mi sono chiesto: come si fa ad aver paura dell’amore? »
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