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    POCA FED NEL FUTURO – IN AMERICA L’INFLAZIONE NON SI FERMA, NONOSTANTE IL RIALZO DEI TASSI DI 0,75 PUNTI PER DUE SESSIONI CONSECUTIVE DA PARTE DELLA FEDERAL RISERVE: LA DECISIONE DI POWELL STA CONTENENDO MA NON CONTRASTANDO LA CORSA DEI PREZZI – GLI ECONOMISTI INIZIANO A DUBITARE DEL PERCORSO IMBOCCATO DALLA BANCA CENTRALE, CHE POTREBBE DECIDERE PER UN’ULTERIORE STRETTA MONETARIA: LA RECESSIONE A QUEL PUNTO RISCHIA DI ESSERE INEVITABILE…


     
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    Alberto Simoni per “La Stampa”

     

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    La corsa dei prezzi in America non si ferma e i dati trascinano al ribasso Wall Street, le borse europee e incidono anche sullo spread Btp-Bund che chiude a 226 punti base.

    Il tonfo per il Dow Jones arriva nel primo pomeriggio, dopo un timido segnale di ripresa, e a fine giornata l'indice per eccellenza della Borsa statunitense lascia sul terreno oltre 1.200 (-3,94%), mai così giù da maggio. L'S&P 500 ha ceduto il 4,32% e il Nasdaq è precipitato di oltre il 5,1%.

     

    Così la giornata in cui Joe Biden chiama nel South Lawn della Casa Bianca membri del Congresso e del mondo del lavoro per celebrare l'Inflation Reduction Act con una cerimonia, finisce con il presidente costretto a moderare entusiasmi e toni. Biden ricorda che «ci vorranno ancora tempo e determinazione per ridurre l'inflazione» ed è per questo che sottolinea la sua Amministrazione ha varato la legge. Il presidente ostenta - a due mesi dalle elezioni di Midterm - un cauto ottimismo ed evidenzia che «il piano economico sta dimostrando che mentre abbassiamo i prezzi creiamo posti di lavoro ben pagati e riportiamo l'industria manifatturiera in America».

     

    INFLAZIONE USA INFLAZIONE USA

    Certo è che pochi si aspettavano che l'inflazione avrebbe morso così tanto e per così a lungo le giornate dei consumatori americani. In una sorta di incendio che nessuno riesce a spegnere.

     

    Ieri gli ultimi dati diffusi dal Dipartimento del Lavoro hanno sentenziato che la stretta della Fed, con il rialzo dei tassi di 0,75 punti per due sessioni consecutive, sta contenendo ma non contrastando la corsa dei prezzi.

     

    jerome powell jerome powell

    I numeri sono impietosi: l'inflazione Usa ha rallentato in agosto ma meno delle attese e quella "core", ovvero depurata da energia e alimentari, è aumentata dello 0,6%. I prezzi hanno rallentato il mese scorso fermandosi all'8,3% (su base annua) dall'8,5% di luglio, meno di quanto scommettessero gli economisti che avevano previsto uno scostamento solo dell'8,1%. Vero che è la seconda diminuzione consecutiva e che da quattro mesi l'inflazione non è così bassa.

     

    INFLAZIONE NEGLI USA INFLAZIONE NEGLI USA

    Tuttavia, siamo in regime di rialzi dei tassi e le aspettative di una frenata maggiore c'erano tutte. A soffiare sull'inflazione sono soprattutto gli alimentari, che segnano un più 11,4%, per nulla compensato invece dalla tredicesima settimana di diminuzione del carburante e del costo dell'energia. Da lontano arrivano le notizie degli incendi e delle devastazioni in California e negli Stati occidentali: la catena di approvvigionamento di cereali e verdure a foglia larga sta già soffrendo. Gli analisti prevedono un aumento dei prezzi del riso e della farina poiché in alcune zone del Golden State i raccolti saranno anche del 30% inferiori alle previsioni.

     

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    A questo punto l'intervento della Federal Reserve - la riunione si svolgerà il 20 e 21 settembre - con un nuovo rialzo dello 0,75% appare scontato. Anzi, alcuni economisti - sentiti da Bloomberg - hanno manifestato dubbi sul percorso imboccato dalla Fed e previsto che i rialzi potranno essere persino più alti e prolungati da immaginare un costo del denaro quasi al 4,3% a inizio del 2023 per poi scendere al 3,8% sul finire del prossimo anno. Significherebbe che oltre allo 0,75% in più di settembre, la squadra di Jerome Powell, potrebbe anche in ottobre e novembre alzare i tassi ben oltre il preventivato 0,25%.

     

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    Ad ora il costo del denaro è nella forchetta 2,25-2,50%. Non è nemmeno esclusa a questo punto una cura choc e un immediato rialzo di cento punti base, hanno vaticinato gli economisti di Nomura. Scott Buchta, di Brean Capital, è stato ancora più diretto: «Se la Fed ha bisogno di alzare i tassi nettamente, sarebbe meglio farlo prima che poi e 100 punti non sono da scartare

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