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Roberto Giovannini per "la Stampa"
LUIGI DI MAIO GIOVANNI TRIA GIUSEPPE CONTE
I numeri non lasciano spazio all' incertezza: recuperare un miliardo di euro dal taglio delle pensioni retributive (cioè quelle non calcolate integralmente sulla base dei contributi effettivamente versati) è tecnicamente possibile.
Ma la stangata sarebbe durissima, e dovrebbe riguardare oltre 100mila pensionati, riducendo i loro redditi pensionistici di almeno il 10-15 per cento in media. Parliamo di tutti i pensionati che oggi ricevono uno o più assegni previdenziali per un importo complessivo superiore ai 4mila euro netti al mese.
Dunque, anche una vedova che percepisce la sua pensione di anzianità e quella di reversibilità del defunto marito, per fare un esempio. E certamente questo miliardo recuperato - sempre che poi la Corte Costituzionale non abbia da ridire su di un intervento che chiaramente agisce su cosiddetti diritti acquisiti, cioè assegni che già si percepiscono da tempo - non basterà da solo a finanziare l' aumento a 780 euro mensili delle pensioni minime e sociali, come annunciato sempre da Di Maio.
Il calcolo dei costi
Sono dunque questi i dati che emergono dalle simulazioni diffuse nella giornata di ieri sul tema delle cosiddette «pensioni d' oro». Secondo i calcoli di Tabula, il centro studi fondato dall' economista e grande esperto di previdenza Stefano Patriarca, complessivamente le pensioni incassate in Italia costano il 20-25% in più rispetto ai contributi versati, fondamentalmente a causa delle vecchie e più generose regole previdenziali del passato, basate sul sistema retributivo.
Per gli assegni più elevati, comunque, il vantaggio rispetto alla contribuzione effettivamente versata si riduce, poiché la legge impone rendimenti decrescenti sulle contribuzioni più elevate.
Le simulazioni
LUIGI DI MAIO GIOVANNI TRIA GIUSEPPE CONTE
Secondo le simulazioni di Tabula, dunque, non sarebbe sufficiente colpire le circa 30mila persone che ricevono redditi da pensione superiori ai 5mila euro netti al mese, a suo tempo la soglia indicata da M5S come quella oltre la quale si può parlare di «pensioni d' oro».
Ovviamente si «salverebbero» i pensionati che arrivano a questa soglia cumulando due pensioni di importo inferiore alla soglia. Comunque, ricalcolare l' assegno dei 30mila pensionati da 5.000 euro al mese per la quota non coperta da contributi farebbe risparmiare al massimo 210 milioni di euro, senza contare le minori imposte pagate.
Per arrivare a quota 1 miliardo bisognerebbe invece intervenire ai danni di una platea molto più ampia di persone, oltre le centomila unità: ovvero, tutti coloro che ricevono dai 4.000 euro al mese netti di redditi da pensione complessivi, e non da una singola pensione.
Comprese le vedove che cumulano la loro pensione e quella del coniuge scomparso, oppure chi arriva a 4.000 euro al mese aggiungendo all' assegno previdenziale anche una pensione di invalidità da lavoro per un infortunio subito in passato. In questo caso, spiega Patriarca, «la riduzione complessiva del reddito da pensione sarebbe in media del 10-15%. Ma sarebbero penalizzati di più i pensionati che hanno lasciato il lavoro in età relativamente più giovane. Per loro il "vantaggio contributivo" delle vecchie regole è maggiore, e il taglio dopo il ricalcolo sarebbe più pesante».
Il miliardo risparmiato, dice l' esperto, potrebbe essere sufficiente per innalzare le pensioni minime a 780 euro a circa 500mila anziani. Si stima che quelli che dovrebbero essere interessati dal provvedimento siano in tutto però tra i 2 e i 4 milioni. Dopodiché, conclude Patriarca, se poi venisse davvero varata anche la flat tax, però, si finirebbe in pieno paradosso. Oggi si ridurrebbero le pensioni d' oro del 15%; domani la riforma tributaria, con lo sconto fiscale più vantaggioso per i più ricchi, le aumenterebbero del 30%.
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