DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Paolo Baroni per "La Stampa"
Sul superbonus del 110% il governo non intende impegnare altre risorse, al massimo si può ragionare su un ulteriore allargamento delle maglie per agevolare la cessione dei crediti. Per cui è esclusa ogni nuova proroga, che pure i partiti hanno chiesto allo scopo di dare più tempo per effettuare i lavori nelle villette, nelle case popolari e negli spogliatoi degli impianti sportivi.
report intervista giuseppe conte sul superbonus
In vista dell'approdo in aula alla Camera del decreto aiuti previsto per lunedì ieri la questione è stata al centro di un altro braccio di ferro, l'ennesimo, che ha visto contrapposto il governo e la maggioranza, a partire dai 5 Stelle che continuano a difendere strenuamente quello che considerano un loro provvedimento.
Nel pomeriggio, mentre da Napoli rimbalzava la notizia dell'ennesima mega truffa da 772 milioni di euro per lavori effettuati su edifici inesistenti e ben 143 indagati, alla Camera si è tenuta una nuova riunione governo-maggioranza.
Al vertice erano presenti il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà, la viceministra all'Economia Laura Castelli, la sottosegretaria ai rapporti con il Parlamento Debora Bergamini ed un rappresentante per ogni gruppo. Pochi i passi avanti.
Secondo il ministero dell'Economia i soldi sono finiti e quindi non c'è spazio allungare la durata di un provvedimento che serve a migliorare l'efficienza energetica delle abitazioni. «La proroga? Questo è certamente un tema - spiega Gian Mario Fragomeli, capogruppo Pd in Commissione Finanze - ma in questa fase la priorità deve essere lo svuotamento dei cassetti fiscali».
Da un lato infatti le banche continuano a rifiutarsi di accettare nuovi crediti dai proprietari degli immobili e dalle imprese che effettuano i lavori, perché hanno esaurito il loro spazio fiscale, e dall'altro non passa giorno che associazioni di settore e operatori economici non denuncino il rischio crac a cui va incontro il comparto delle costruzioni in assenza di novità in grado di sbloccare tutte le operazioni.
Ultimi in ordine di tempo i vertici della Cna che ieri sono stati ricevuti dal ministro dell'Economia Daniele Franco che a sua volta ha fatto sapere di aver «ascoltato con attenzione» tutte le osservazioni Un emendamento presentato la scorsa settimana dalla maggioranza metteva sul tavolo una serie di soluzioni per cercare di far ripartire il mercato dei crediti fiscali aggiungendo alla possibilità per le banche di poter effettuare una terza cessione, anche quella di poter utilizzare i crediti fiscali anche dopo il 2022 e di convertirli in Btp come pure quella di ampliare la platea dei soggetti che potrebbero acquistarli.
Al riguardo, stando al presidente della Commissione finanze Luigi Marattin (Iv), la maggioranza alla fine ha convinto il governo ad allagare «al massimo» la platea a cui le banche potrebbero rivendere i crediti.
La versione iniziale del «dl Aiuti» prevedeva che le banche potessero cederli anche ai propri correntisti classificati come «clienti professionali privati», ovvero imprese di grandi dimensioni con bilanci di 20 milioni di euro, fatturato netto di 40 milioni o fondi proprio per due milioni.
L'emendamento condiviso da Pd, 5 Stelle, Leu, Forza Italia e Coraggio Italia lo estendeva a tutte le partite Iva che presentano un bilancio di almeno 50 mila euro. Il punto di caduta finale potrebbe abbassare ulteriormente questa soglia, con la sola esclusione delle persone fisiche: il ministero dell'Economia deve riformulare l'emendamento. Oggi si capirà come.
I 5 Stelle sono sul chi va là: per il vicepresidente dei deputati pentastellati Luca Sut «un intero comparto e centinaia di migliaia di famiglie chiedono alle istituzioni di portarle fuori dal limbo in cui si sono ritrovate a causa dello stop and go normativo di questi mesi».
Quindi ha annunciato di esser «pronto a valutare insieme alle imprese edili e al settore bancario il testo dell'emendamento appena arriverà in Parlamento», avvisando però che «non si può correre il rischio di mettere in campo un provvedimento che non risolva definitivamente il problema».
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