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1 - ACCUSE DI PLAGIO E INSULTI È INIZIATO IL CONGRESSO DEL PD
COSA RESTA DEI DEM
Elisa Calessi per “Libero quotidiano”
zingaretti ascolta l intervento di gentiloni
Sei candidati, un leader (Matteo Renzi) che resta fuori a preparare, forse, un altro partito, un neo-iscritto (Carlo Calenda) che pensa di farne un altro e un aspirante alla leadership (Maurizio Martina) che vuole cambiare il nome al partito rimasto. È la fotografia - comica o drammatica - del Partito democratico ai nastri di partenza del congresso. «Situazione deprimente», per dirla con Calenda. La posta in gioco, a questo punto, non è tanto la scelta di un segretario, quanto la sopravvivenza stessa del Pd.
E della sua comunità, sempre più lacerata, almeno tra i parlamentari, da ostilità anche umane. Con questa incognite non da poco, comincia la corsa. Sono ufficiali, infatti, i nomi dei candidati: Nicola Zingaretti, Maurizio Martina, Francesco Boccia, Roberto Giachetti (in coppia con Anna Ascani), Dario Corallo e Maria Saladino.
Secondo un sondaggio diffuso da Agorà, Zingaretti è sopra la maggioranza, al 52%, seguito da Martina al 33%. Più indietro Giachetti al 7%. Poi ci sono Boccia al 4%, Saladino al 3% e Corallo all' 1%. Si parte, ma in un clima tutt' altro che esaltante.
Martina, ieri, ha proposto di cambiare il nome del Pd e passare a Democratici. Zingaretti, che pure è il favorito, è seriamente preoccupato dalla vita stessa del partito che sta per conquistare: «Io temo e combatto con tutte le mie forze contro la liquidazione, la denigrazione della storia e delle potenzialità di farcela di questo partito». Calenda ha smentito di voler fare un nuovo partito, ma non di voler costruire un «grande fronte democratico», più ampio del Pd.
I DUBBI DI PRODI
Renzi prova a restare fuori dal dibattito, ma è impossibile.
Del resto sono troppe le persone che ancora lo considerano il capo. Ieri ha presentato alla stampa il suo docufilm su Firenze. «Qui non si parla del Pd, né del congresso del Pd, né delle primarie. Si parla di qualcosa di più grande del chiacchiericcio quotidiano», ha detto.
«Qui parliamo di bellezza».
Tra i dem, però, si continua a parlare di lui, più che di bellezza. Soprattutto tra i suoi, in pieno smottamento: chi sta con Martina, chi con Giachetti e chi (molti) con nessuno, come Maria Elena Boschi. «Non ho ancora deciso chi sosterrò alle primarie», ha detto, «sicuramente non voterò per Nicola Zingaretti». Ma difficilmente si spenderà per altri: «Ci sono alcuni candidati in pista da mesi ma faccio fatica a capire cosa propongono». E non è l' unica.
La corrente dei non schierati o di quanti addirittura diserteranno le primarie è sempre più folta e conta nomi eccellenti.
«Non lo so ancora se andrò a votare a marzo, occorre far politica...», ha detto Romano Prodi. «Mi facciano capire qual è il programma allora posso anche giudicare, non è il numero dei candidati di cui abbiamo bisogno, abbiamo bisogno di idee grandi».
Diffidenza, sbandamento, lontananza. È il clima che si respira. Non solo tra i renziani.
giachetti e ascani si candidano al congresso pd 1
Ieri Roberto Morassut ha accusato Martina di avergli copiato «letteralmente in carta carbone» la sua proposta di fondare i Democratici. «Di questo parlo dal 2016, come è noto, ed ho precisato il senso della mia proposta in un libro pubblicato ad ottobre e che è in libreria». E definisce «vuota e contraddittoria» la candidatura di Martina.
RANCORI E FRATTURE
«Siamo alla follia», gli ha risposto Matteo Richetti. «Che peccato che ci sia ancora qualcuno che intende le primarie come una competizione da provare a vincere delegittimando l' avversario». Boccia, invece, ha accusato Giachetti di essere «l' ennesima candidatura di Renzi», fatta da gente «che vuole andare via dal Pd» e che ha come solo obiettivo quello di «provare ad avvelenare le acque».
GIACHETTI - LOTTI - FRANCESCHINI
Inutile l' appello di Martina a lasciare da parte «rancori» e «fratture». Si parte, ma tra insulti e accuse. E nella depressione crescente dei militanti. «Questo congresso o lo facciamo bene o si muore», scrive su Facebook Paolo Calvano, segretario dell' Emilia Romagna. «Vi ho ascoltato tutti, dall' iscritta pronta ad ogni battaglia fino ai dirigenti del partito, e posso comprendervi quando mi dite "con tutti i casini che sono successi mi sento demotivato"».
2 - EX FEDELISSIMI DIVISI - DA GUERINI A DELRIO MOLTI LASCIANO MATTEO
Ettore Maria Colombo per “il Giorno”
CHI è rimasto al fianco di Renzi tra quelli che fino a ieri si autodefinivano, e con giusto orgoglio, non 'renziani', ma 'renzianissimi'? Parliamo di circa 100 parlamentari, 700 delegati in Assemblea nazionale, 120 in Direzione. Pochi, pochissimi. Da Renzi, ormai, è fuggi-fuggi, nel Pd. In 85 (su 100) hanno firmato per sostenere la candidatura di Martina, in tre stanno con il neonato ticket Giachetti-Ascani (i due del ticket più Nobili), in cinque 'non si schierano' per nessuno (Boschi, Bellanova, Marattin, Ceccanti, Romano).
Insomma, una fine ingloriosa. Ecco i principali ex amici di una lunga storia. Per lungo tempo, al fianco di Renzi, c' era 'l' altro Matteo', Richetti: prima fonda un carro suo, poi sale su quello di Martina.
E che dire del rapporto tra Renzi e Delrio? Sui rispettivi cellulari si chiamavano uno (Matteo) «Mosè» e l' altro (Graziano), «Ietro», che di Mosè era il secondo. Poi, durante gli anni di governo, la rottura: insanabile. Poi c' era 'Lorenzo' (Guerini), 'il Forlani di Renzi'. Oggi Guerini capeggia la trasmigrazione del grosso delle truppe (ex) renziane su Martina, ma senza fare un plissé né una polemica. E, con Guerini, ma qui siamo nel campo della Settimana enigmistica, rubrica «Strano, ma vero», se ne va Luca Lotti.
Uno che, per Renzi, era un fratello, più che un amico, prima voleva convergere su Zingaretti, ora andrà su Martina. Del resto, come si sa, quando finisce un amore restano solo i risentimenti e i piatti rotti. Poi ci sono 'gli altri', ma quelli contano assai meno, per Renzi.
Per dire, se ne vadano pure Antonello Giacomelli, 'lottiano' oggi e franceschiniano ieri, che ha guidato ben 85 renziani su Martina, e quelli come lui. Renzi, degli ex Ppi-Margherita, non s' è mai fidato anche se, in teoria, anche lui da quella storia viene. E che se ne vadano Ettore Rosato, Lele Fiano, Malpezzi, Morani, Rotta e altre (ex) valchirie. Chi resta, dunque, con Renzi? Roberto Giachetti e Anna Ascani: faranno pura testimonianza, al congresso, con altri pochissimi pasdaran (tipo 'Lucianone' Nobili), mentre tutti gli altri hanno ormai gettato la spugna.
Restano, ovviamente, Sandro Gozi e Ivan Scalfarotto, anima e corpo dei Comitati civici, base del partito del Renzi che verrà (a inizio del 2019).
E, ovvio, resta lei, 'Meb', Maria Elena Boschi: finge distanza, ma è sempre al fianco di Matteo. Perinde ac cadaver, come dicevano i gesuiti, giusto per non citare «la ridotta di Salò».
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