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Lorenzo Fuccaro per il "Corriere della Sera"
Il primo effetto della svolta impressa da Silvio Berlusconi è il cambio della sede. Ai primi di luglio, gli uffici del partito che potrebbe tornare a chiamarsi Forza Italia si trasferiranno in un palazzo di piazza San Lorenzo in Lucina, abbandonando l'edificio di via dell'Umiltà , che ospitò nel secolo scorso il padre del Partito popolare don Luigi Sturzo. L'atto in sé rientra nella politica del contenimento dei costi, dopo l'abolizione del finanziamento pubblico. Il risparmio si aggira sui due milioni di euro l'anno (dagli attuali 2 milioni e 800 mila a 720 mila). Il trasloco però ha un valore simbolico. Si chiude un'era e se ne apre un'altra.
L'idea lanciata dallo stesso Cavaliere, durante la cena dell'altra sera, è appunto di tornare a Forza Italia, che, come conferma Paolo Bonaiuti, «è una ipotesi sulla quale stiamo discutendo». Si ragiona su un'organizzazione snella, sul modello di un'azienda, con un leader carismatico attorniato da tanti personaggi provenienti dal mondo imprenditoriale che sappiano però interpretare i bisogni dei territori di provenienza e al contempo siano in grado di raccogliere finanziamenti.
Il ragionamento del Cavaliere è stato il seguente: «C'è la crisi, i cittadini sono senza soldi e di soldi pubblici non ne arriveranno più. Poi non si fidano della politica e dei politici e neppure dei professori. Serve un nuovo brand. Occorre andare verso un modello imperniato su imprenditori e manager». Berlusconi ha buttato lì dei nomi che gli piacerebbe avere come compagni di viaggio: Barilla, Benetton, Averna e Colaninno (padre). Uno come Marchini, però, fa già sapere che gli direbbe no. E Barilla lascia cadere l'invito: «Non ho interesse a entrare in politica».
Un'organizzazione del genere dovrebbe sostituire il Pdl. Il rischio, però, ha fatto notare qualcuno dei presenti al vertice, è che si finisca con l'attrarre gente come il modenese Samorì che ha avuto i suoi quindici minuti di celebrità al tempo delle primarie (tentate) per poi ripiombare nell'ombra.
Questo è il sogno a occhi aperti che Berlusconi ha raccontato ai notabili riuniti nella sua residenza romana di Palazzo Grazioli e che ha soddisfatto chi (Verdini, Santanchè, Capezzone) si è speso affinché diventasse realtà . Perché un sogno? Perché allo stato attuale si tratta di una suggestione. L'eventuale azzeramento dei coordinatori regionali e la loro sostituzione con personalità prese dalla società civile indicherebbe davvero che si è imboccata la strada del cambio epocale.
Ma non è così. Le resistenze al riguardo sono diffuse e lo stesso Berlusconi, stando al resoconto di quanti hanno assistito alla riunione, non avrebbe forzato più di tanto, lasciando, com'è nel suo stile, che i fautori delle varie posizioni si schierassero e rimandando ogni decisione. Dal dibattito è emerso che non c'è stata alcuna obiezione a un ritorno a Forza Italia, un simbolo giudicato ancora spendibile.
Ed è piaciuta anche l'ipotesi di ricorrere al fund raising ricorrendo ai social media, come fece con successo Obama (la sua campagna è stata esaminata in ogni dettaglio dal responsabile dei new media Palmieri). Ha, invece, sollevato una serie di dubbi l'idea di affidare a imprenditori il partito a livello locale. A contrastare questo disegno sono stati in molti, da Cicchitto a Gasparri, dalla Gelmini alla Carfagna sino al redivivo Bondi. Tiepido anche Schifani. In equilibrio tra le due posizioni Alfano.
Decisioni definitive non ne sono state prese. Del resto lo stesso Cavaliere è apparso preoccupato per ciò che potrebbe accadere a fine mese, quando la Consulta si pronuncerà sul conflitto di attribuzione sollevato dal Tribunale di Milano per il mancato riconoscimento del legittimo impedimento di Berlusconi durante il processo Mediaset. Ci rivedremo nei prossimi giorni, fanno sapere dal cerchio magico, ed entro l'estate si capirà davvero che tipo di partito sarà la nuova Forza Italia.
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