ALFANO E INVANO - AVVISATE “REPUBBLICA” CHE ANGELINO MANDA SEGNALI DI SOTTOMISSIONE ALLA LEADERSHIP DEL BANANA - IL PADRE-PAGATORE LO ASPETTA AL VARCO SUL VOTO SULLA DECADENZA

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Ugo Magri per "La Stampa"

Alfano non dà l'impressione di colui che sta per bruciarsi i ponti alle spalle. Semmai di uno che si gira indietro con enorme rimpianto, e a certe precise condizioni potrebbe perfino ritornare sui suoi passi. Con Vespa, per fare un esempio, ieri Angelino ha negato che il suo gruppo stia preparando un «manifesto» della dissidenza in chiave anti-Silvio. Semmai il contrario, assicura: «La prima frase di qualunque documento dovessi trovarmi a sottoscrivere sarebbe il riconoscimento della leadership di Berlusconi».

Come interpretare un tale slancio di affetto? Estremo atto di lealtà verso il proprio passato, oppure un segno premonitore di pentimento? Se lo domandano anzitutto quanti si sono esposti per sostenere il vice-premier, mettendosi in pratica nelle sue mani: casomai lui cambiasse idea e fosse riammesso all'ovile, loro invece non potrebbero più rientrarvi perché il Cavaliere ormai li ha segnati sulla sua «black list» con a fianco di ciascuno una «t» (che sta per «tradimento»).

Dunque, piuttosto in allarme, questi dissidenti duri e puri si sono consultati ieri con Alfano, l'hanno scrutato fisso negli occhi, si sono in parte tranquillizzati in parte no. Un filo di dubbio sulle sue reali intenzioni effettivamente rimane.

Idem per Lupi, altro ministro, del quale tutto si potrà dire tranne che sia stato corrosivo nei confronti del Capo: ottima idea Forza Italia, si metta senz'altro il Pdl in soffitta, nessuno faccia mai un «centrino» con Casini e con Mauro... Questo ha dichiarato in sostanza Lupi. Una cosa soprattutto gli preme, che il governo possa continuare il suo lavoro. «Lo stesso Berlusconi ha sostenuto più volte che il voto all'esecutivo non è in discussione», fa mostra si fidarsi delle parole il ministro. Per la verità, da Arcore adesso filtra esattamente il rovescio.

Cioè che il Cavaliere non abbia per niente abbandonato la speranza di rovesciare il tavolo. Anzi si dà per certo che l'ex-premier voglia ripartire alla carica, cogliendo quale pretesto il voto sulla sua decadenza previsto entro un mese o giù di lì. Per quel giorno i «falchi» di Verdini e i «lealisti» di Fitto stanno allestendo una grande scenografia di protesta, sotto forma di mega-girotondo intorno a Palazzo Madama: 10, anzi 20, forse 30mila persone convogliate da tutt'Italia a stringere d'assedio il Senato.

L'iniziativa non è pensata certo allo scopo di rasserenare gli animi, semmai mirerà a gettare nuova benzina sul fuoco. Berlusconi si attende che, diversamente dal 2 ottobre scorso, Alfano, Lupi e gli altri 3 ministri si dimettano in cambio del suo magnanimo perdono. Offrirà loro la chance di riscattarsi ai suoi occhi. Sa che i senatori anti-crisi sono una trentina circa; per cui, recuperando Angelino alla causa, forse in quel caso il laghetto del dissenso sarebbe in parte prosciugato.

Vietato credere a chi sparge ricostruzioni melliflue, tipo Berlusconi umanamente legato al suo «figlioccio», ansioso di tenerselo stretto. In privato di Alfano continua a dire la qualunque, però nel nome della «realpolitik» sarebbe addirittura disposto a concedergli la vice-presidenza di Forza Italia (senza deleghe operative). Purché, questo è il punto, gli alfaniani si prestino alla crisi del governo Letta e diano una mano a causare le elezioni. È una risposta che il Cavaliere si attende oggi o al massimo domani, quando rientrerà a Roma e incontrerà il vice-premier. Sarà un colloquio ad altissima tensione.

Già si conosce la linea di Angelino. Proverà a spiegare che per la decadenza non c'è scampo, inutile fare il diavolo a quattro nella speranza di evitarla. Aggiungerà che meglio farebbe Berlusconi a non insistere con un ricorso contro l'interdizione dai pubblici uffici, anzi sarebbe bene che quest'ultima sopraggiungesse forse prima del voto sulla decadenza rendendolo superfluo.

Confermerà a Silvio che Napolitano non intende sciogliere in nessun caso le Camere senza prima avere riformato la legge elettorale, piuttosto darà le dimissioni da Presidente. Spezzerà insomma tutte le lance a sua disposizione. Ma se dopo averlo ascoltato Berlusconi scuoterà la testa, e gli chiederà di dimettersi dal governo come estrema ritorsione contro i giudici e le sinistre, la risposta che in quel momento darà Alfano rimane un punto interrogativo. Nessuno può mettere la mano sul fuoco.

 

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