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1.“VOTO IN DUE GIORNI ANCHE SULLA CARTA”
Goffredo De Marchis per “la Repubblica”
Oggi, con un decreto legge, il governo allungherà la scadenza elettorale delle comunali aprendo i seggi anche il lunedì sia per il primo turno sia per il ballottaggio. Ma Angelino Alfano guarda già avanti e immagina un “raddoppio” anche per il referendum costituzionale di ottobre.
«Mi sembra giusto che il quesito d’autunno, che può realizzare la più grande riforma dopo la Costituente, si voti anche il lunedì», dice il ministro dell’Interno in un’intervista all’Arena di Verona. Alfano non esclude neanche una legge che ripristini sempre i due giorni di voto: «Ne discuteremo», annuncia.
La parola del titolare del Viminale non è certo ininfluente. Dipendono dal ministero dell’Interno, infatti, le regole elettorali, compresi i giorni di votazione. E fin dal primo momento in cui si erano ipotizzate le urne anche per il 6 giugno e il 20, si capiva che la formula avrebbe potuto essere bissata al referendum sulla legge Boschi.
Significa naturalmente favorire la partecipazione, ovvero ridurre il fenomeno dell’astensionismo criticato da tutte le forze politiche. Una misura dunque che appare inattaccabile, sostenuta da tutte le forze politiche, anche quando, come nel caso delle comunali, viene presa nel pieno della campagna elettorale, con le liste già presentate.
Ma se l’obiettivo è il taglio dei costi, e la giornata unica andava nella direzione dei vari provvedimenti in sostegno della spending review, il raddoppio fa male alle casse pubbliche.
Il turno in una sola giornata costa circa 300 milioni, quando al voto è chiamato l’intero corpo elettorale. Una cifra che comprende i compensi per gli scrutatori, gli straordinari garantiti alle forze dell’ordine e ai militari che presidiano i seggi e ne garantiscono la sicurezza, l’organizzazione tecnica delle urne, dalle schede alle liste elettorali, ai contenitori dei voti espressi.
La seconda giornata non raddoppia i costi, cioè non costa altri 300 milioni. Il maggiore costo si può quantificare invece in 100 milioni aggiuntivi. Sempre che alle urne siano chiamati tutti gli elettori, come avviene per le politiche o per i referendum.
È un gioco che vale la candela? A dare retta al coro di tutti i partiti contro la disaffezione dei cittadini per le urne, sì. La percentuale di affluenza è destinata crescere, sicuramente.
Così, il decreto oggi si farà senza sollevare polemiche. Anzi, la richiesta all’esecutivo è arrivata direttamente dalle opposizioni, Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia. Ma il provvedimento del consiglio dei ministri si limiterà, almeno per ora, al turno amministrativo e non riguarderà il referendum.
Dal decreto sarà esclusa anche la sanatoria per le liste escluse delle amministrative per irregolarità tecniche. Non c’è nessuna possibilità per Stefano Fassina di essere riammesso, per “concessione” di Palazzo Chigi, nella corsa al Campidoglio. E non è certo una misura contra personam: riaprire il vaso di Pandora dei mille ricorsi stravolgerebbe il senso delle elezioni.
Eppure Giorgia Meloni insiste: «Sarebbe cosa buona e giusta ammettere le liste escluse per errori stupidi. C’è una percentuale, seppur minima, di romani che avevano dichiarato di votare Fassina e non penso sia giusto escluderli, come per altre liste».
2.LO SCONCERTO DI LETTA CHE FIRMÒ LA LEGGE “RETROMARCIA COSTOSA NON CAPISCO PROPRIO”
Goffredo De Marchis per “la Repubblica”
Fu il governo Letta a introdurre, tra le varie misure della spending review, il giorno unico per le tornate elettorali. Per questo il raddoppio dell’appuntamento per le amministrative, che sarà deciso oggi con un decreto legge, e l’ipotesi (o qualcosa di più) di votare in due giorni anche il referendum di ottobre, viene criticato duramente dal premier di allora.
«Mi chiedo proprio il senso di questo cambiamento - dice Enrico Letta -. Costa molto». Il parallelo con gli altri Paesi poi è molto chiaro. «Dovunque in Europa - sottolinea Letta con parole definitive - si vota in un giorno solo».
L’ex presidente del Consiglio dunque è sicuro: la correzione non va fatta. Neanche per arginare l’astensionismo viste le spese e l’attenzione che bisogna avere ai conti pubblici. Il balletto sulla data doppia o singola, in Italia, non è nuovo. La regola è cambiata più di una volta. Ma quello del giorno unico sembrava un passo definitivo per via dei costi inferiori, così come oggi, per lo stesso motivo, si tende a istituire l’Election day, ovvero il voto nella stessa data anche per mandati che scadono in momenti diversi ma ravvicinati.
MATTEO RENZI E LA BOMBA A ENRICO LETTA
Il renzianissimo Andrea Marcucci, oggi senatore del Pd, quattro anni fa, per esempio, dava un giudizio netto sul “raddoppio”. «Ci auguriamo che la mia proposta venga accolta in tempi rapidi per consentire l’election day a partire dal 2013, nel turno amministrativo e politico - spiegava Marcucci presentando una sua iniziativa -. Due giorni di urne rappresentano un costo eccessivo ed un’arma inutile contro l’astensionismo».
Oggi invece quest’arma appare indispensabile a quasi tutte le forze politiche con l’obiettivo di arginare la disaffezione al voto e stimolare l’affluenza. Anche se il bersaniano Miguel Gotor dà una risposta alla domanda di Letta sul “senso” della scelta governativa. «Il decreto sulle amministrative serve a preparare la strada a fare la stessa cosa per il referendum, tutto qua».
MATTEO RENZI NELL UFFICIO DI ENRICO LETTA A PALAZZO CHIGI
Alcuni esperti dicono che la doppia giornata di votazioni al quesito sulla legge costituzionale favorisca i Sì. Perchè i più motivati sono i sostenitori del No e loro andranno sicuramente a votare anche o soprattutto in chiave anti-Renzi. I favorevoli alla riforma invece potrebbero essere più “lenti” a mettersi in moto. Ma la minoranza del Pd, che secondo la versione della Boschi non ha mai una parola buona per l’esecutivo, stavolta sta dalla parte del premier.
«La partecipazione è sempre utile e qualsiasi mezzo per farla crescere lo accetto - dice Gotor -. Semmai mi chiedo come fa Renzi a giustificare tante parti in commedia. Un mese fa sulle trivelle ha detto andate al mare, adesso con il raddoppio della data manda il messaggio contrario: andate a votare. Non so se al popolo italiano fa piacere sentirsi dire come si deve comportare a seconda delle situazioni».
L’altro senatore bersaniano Federico Fornaro, autore di un recente saggio che si intitola proprio Fuga dalle urne, astensionismo e partecipazione elettorale in Italia dal 1861 a oggi, appoggia il decreto: «Credo sia giusto. L’astensionismo italiano è un fenomeno troppo grave e non valgono nemmeno le considerazioni sull’aumento dei costi». Fornaro però sottolinea l’anomalia italiana.
«È verissimo che nel resto d’Europa si vota in una sola giornata. In Gran Bretagna addirittura lo si fa in un giorno feriale. Ma da noi il raddoppio non è una novità». Stavolta, semmai, qualche dubbio può essere sollevato intorno ai tempi. «Intervenire con un decreto ad elezioni già indette, anzi a tre settimane dal voto non è un principio facilmente digeribile dal punto di vista istituzionale», osserva Fornaro.
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