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FLASH! - OGNI GIORNO, UNA TRUMPATA: NON SI SONO ANCORA SPENTE LE POLEMICHE SULL'IDEA DI COMPRARSI…
Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"
Ancora una volta il premier, Matteo Renzi, riesce a spacciare per rivoluzione pure una falsa riforma. Perché il cosiddetto «730 precompilato», previsto dal decreto approvato venerdì dal consiglio dei ministri, è un altro bluff impacchettato dall'ex sindaco di Firenze. E impacchettato bene, per carità. Sta di fatto che a casa non arriverà la dichiarazione dei redditi pronta per essere solo firmata dai contribuenti.
renzi con la moglie pittibimbo
Buona parte dei 18 milioni di italiani (dipendenti e pensionati) che dall'anno prossimo e in via sperimentale (vuoi dire che se l'esperimento non funziona si torna indietro) troveranno nella buca delle lettere o sul sito dell'agenzia delle Entrate il 730 confezionato da mister fisco, non saranno esentati dalla lunga lista di adempimenti: controlli a tappeto, affannosa raccolta documenti e complicatissimo reperimento informazioni.
Ecco perché. Il 730 di Renzi riporterà solo pochi, anzi pochissimi dati che, peraltro, andranno verificati con grande attenzione (del resto, chi si fida dell'amministrazione finanziaria?). Ci saranno quelli sui redditi percepiti (lavoro dipendente e quelli di altra natura, come le collaborazioni occasionali, oltre che i «ricavi» da pensione), le informazioni che arrivano alle Entrate da banche (mutui), fondi (previdenza complementare) e assicurazioni (polizze auto).
Ci saranno anche i carichi familiari e anche i dati relativi agli immobili di proprietà (ma qui non è chiara se le variazioni saranno prelevate direttamente dal catasto o se l' aggiornamento, magari per acquisto vendita di una casa, spetta al cittadino). Stop. Solo dal 2016, se nel frattempo si riuscirà a far dialogare farmacie e strutture sanitarie con le banche dati del fisco, il 730 di Renzi riporterà anche le spese per la salute.
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Anche fra due anni, non sarà un vero e proprio «730 precompilato», ma una specie di Cud (certificazione dei redditi) rafforzato. In effetti, resterà comunque compito del contribuente integrare la dichiarazione «in bozza» con altre spese da «portare» in detrazione, come quelle per l'istruzione, lo sport, le ristrutturazioni edilizie oppure quelle relative a colf e badanti (i contributi Inps): voci che fanno parte dei bilanci di (quasi) tutte le famiglie, costrette a stampare la «bozza» della dichiarazione dei redditi, andare al Caf oppure dal commercialista esattamente come fatto finora.
Ciò vuoi dire che, alla fine della giostra, non cambierà granché. E il vantaggio, previsto dal decreto, di poter accettare la «proposta» di 730 con consequenziale esonero dalle successive verifiche automatizzate da parte degli sceriffi delle tasse sarà una faccenda per pochi. Nuove date (cambiano in effetti anche le scadenze), ma stessa assurda trafila: la solita montagna di scartoffie e il solito passaggio dal commercialista. Il risultato è che, specie nei primi anni, potrebbero registrarsi una valanga di errori con consequenziale fiume di ricorsi.
Con buona pace dello Stato che si mette dalla parte dei contribuenti. Il decreto legislativo, in ogni caso, non è proprio tutto da buttare. Alcune novità sono certamente positive. Ed è in qualche modo positivo, va detto, anche il tentativo di provare a diminuire gli adempimenti burocratici per imprese e famiglie.
Tra le novità di rilievo, merita certamente posto la riduzione degli adempimenti per la presentazione delle dichiarazioni di successione: sale, infatti, 25mila euro a 100mila euro la soglia sotto la quale l'eredità non va comunicata al fisco se è devoluta ai parenti in linea diretta. L'altra innovazione importante è la riduzione dell'aliquota Iva (dal 22% al 4%) per l'acquisto di case di lusso (con una situazione, per la verità, un po' confusa che dovranno sciogliere caso per caso notai e commercialisti).
E se per il cittadino non c'è solo la semplificazione della dichiarazione dei redditi, ma anche della successione o sull'utilizzo dell'ecobonus (non si dovranno più comunicare alle Entrate i lavori di riqualificazione energetica che interessano più periodi di imposta), ricco è anche il pacchetto in favore delle imprese: vengono infatti sfoltiti con il decreto legislativo approvato da palazzo Chigi parecchi adempimenti che impattano sull'attività in particolare delle piccole e medie imprese, oltre a essere semplificati i rimborsi Iva (che avverranno senza adempimenti aggiuntivi fino a 100mila euro).
Da valutare a fondo, invece, il secondo passo sul versante della riforma del catasto: il governo ha dato il via alle norme che regolano le commissioni censuarie, organismi territoriali « misti» (ne faranno parte enti locali e associazioni dei consumatori) chiamati a rivedere gli estimi, in modo da attribuire agli immobili valori di mercato. Sulla carta un'operazione a «costo zero», ma è bene tenere gli occhi aperti.
Non è tutto. Il cantiere è aperto e uno dei prossimi tasselli potrebbe essere quello di trasformare il volto di Equitalia. Impresa non semplice visto che la struttura di riscossione è diventata negli anni il «parafulmine» degli strali degli italiani contro il fisco. L'idea sarebbe utilizzare l'efficienza raggiunta nella riscossione da Equitalia anche in altri settori, anzitutto per creare «baluardo» a difesa dei diritti dei cittadini quando ingiustamente perseguiti dal fisco.
Se le fossero ampliate le competenze e le fosse data la possibilità di accedere alle banche dati delle altre amministrazioni finanziarie, potrebbe svolgere un ruolo di mediazione e di controllo preventivo che consentirebbe di evitare nuovi casi di «cartelle pazze» che tanto hanno fatto infuriare i contribuenti. Il nuovo ruolo di Equitalia, comunque, è l'ennesimo annuncio del governo.
Ragion per cui la questione va archiviata come una semplice promessa (o minaccia, secondo i punti di vista). Sul tavolo ci sono gli snellimenti. Semplificare, tuttavia, non basta a trasformare il rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuenti. Qualche adempimento in meno è un passo in avanti, ma troppo piccolo per poter parlare di svolta. Se il fisco vuole davvero diventare amico, allora il governo deve prendere coraggio e tagliare le tasse. Se lo ha fatto la Spagna vuoi dire che non è impossibile.
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