anna maria cossiga francesco aldo moro

“MIO PADRE FU SCONVOLTO DALL’ASSASSINIO DI MORO. NON RIUSCÌ MAI A PERDONARSI DI NON AVERLO POTUTO SALVARE” - ANNA MARIA COSSIGA: “SOMATIZZÒ IL DOLORE, I CAPELLI GLI DIVENTARONO BIANCHI, LA PELLE FU MACCHIATA DALLA VITILIGINE” - “CHIAMAVA ME BOLSCEVICA E MIO FRATELLO GIUSEPPE IL FASCISTONE” - “QUANDO SCOPPIÒ LA PRIMA GUERRA DEL GOLFO MI TROVAVO A NEW YORK E LUI ORGANIZZÒ L’OPERAZIONE BIANCANEVE. MI DISSE DI PRENDERE L’AEREO PER ROMA, QUALCUNO MI AVREBBE ACCOMPAGNATO PERÒ IO AVREI DOVUTO FAR FINTA DI NIENTE. ANNI DOPO SEPPI CHE…”

Francesco Cossiga in via Caetani, davanti alla R4 con il cadavere di Aldo Moro

Generoso Picone per “il Mattino”

 

«Mia figlia la bolscevica», la chiamava così, sorridendo con affetto paterno, asciutto e tenero come da tradizione ed educazione sarde. Perché l’unico cruccio che Francesco Cossiga aveva verso la sua Annamaria era rappresentato dall’abbigliamento, troppo informale e casual per i suoi gusti, tanto che quando le chiese di accompagnarlo da presidente della Repubblica a una manifestazione ufficiale la invitò a indossare un tailleur.

ANNA MARIA COSSIGA

 

«Figlia mia, sono persino disposto a comprartelo io», le disse con premura istituzionale.

Annamaria Cossiga è oggi un’accreditata analista delle questioni relative agli estremismi islamici, da anni si occupa di storia e cultura ebraica e in particolare del conflitto arabo-israelo-palestinese, come antropologa culturale ha insegnato presso varie Università e a lungo ha operato all’estero, soprattutto negli Usa e in Inghilterra.

francesco cossiga 2

 

Racconta di aver messo piede al Quirinale soltanto una volta, il 3 luglio 1985, il giorno della cerimonia d’insediamento del padre, eletto al primo scrutinio con una maggioranza larga, 752 voti su 977 presenti in aula, il più giovane capo dello Stato a 57 anni succedendo a Sandro Pertini: «Una grande emozione, una bella festa, per lui una soddisfazione intensa. Io avevo 24 anni, immagini l’orgoglio. Lui scelse di non trasferirsi nel Palazzo e la sera tornava a casa in famiglia».

francesco cossiga aldo moro

 

In famiglia di che cosa discutevate?

«In famiglia discutevamo di tutto, a pranzo si svolgevano dibattiti infiniti. Per me e per mio fratello Giuseppe rimaneva “ba’”, alla maniera sarda troncando la parola babbo. A casa ci siamo sempre confrontati apertamente. Anche quando eravamo più grandi, ricordo che lui scherzando chiamava me bolscevica e mio fratello Giuseppe il fascistone, per le sue simpatie di destra.

 

giulio andreotti francesco cossiga

Dopo sarebbe stato un deputato di Forza Italia e quindi avrebbe aderito a Fratelli d’Italia. Mia madre Giuseppa? No, di lei non parlo. Rispetto ancora oggi la sua assoluta riservatezza. Siamo stati educati in un’atmosfera di libertà e democrazia».

 

Che ricordo conserva degli anni al Colle?

ANNA MARIA E FRANCESCO COSSIGA

«Io dal 1987 mi trasferii negli Usa, per studio e lavoro, quindi andai in Inghilterra e tornai in Italia nel 1995. Ci incontravamo a casa quando era possibile e più volte all’estero durante i suoi viaggi. Veniva spesso a trovarmi a Londra e insieme andavamo in Irlanda, il luogo che lui amava per i piccoli villaggi sul mare e per quel ristorantino dalle parti di Dublino.

 

C’era il telefono e mi chiamava spesso. Quando scoppiò la prima guerra del Golfo, nell’estate 1990, io mi trovavo a New York e mio padre mi cercò durante la notte, era molto preoccupato, non riusciva a trattenere l’agitazione. “Figlia mia, sei sicura di voler rimanere lì?”.

 

Cossiga Craxi 1986

La II Avenue dove io abitavo era deserta, l’atmosfera pesante e io non mi staccavo dalla Cnn. Lui comprese la mia situazione e allora organizzò l’operazione Biancaneve».

 

Cioè?

«Mi disse di prendere l’aereo per Roma, qualcuno mi avrebbe accompagnato però io avrei dovuto far finta di niente. Sul volo mi accorsi della presenza di quattro persone che avevano buste di negozi di elettronica, quelli erano gli anni in cui tanti italiani andavano negli Usa ad acquistare oggetti che costavano meno.

 

cossiga andreotti

Io stetti al gioco e all’arrivo a Roma salutai i quattro. Anni dopo seppi che si era trattato appunto dell’operazione Biancaneve, del recupero della bimba in pericolo con il soccorso dei nani. L’aveva messa a punto lui, era il frutto della sua passione per i servizi segreti.

 

Un’altra volta a New York da presidente mi invitò a raggiungerlo in albergo e io presi la metropolitana da sola. Non aveva avvertito della mia presenza l’ambasciatore il quale, vedendomi arrivare, si allarmò: “Ma come, nessuno mi ha detto niente?”. Del resto, un po’ di abitudine alle scorte l’avevo maturata».

 

Durante il periodo del Cossiga con il k, i tempi al ministero degli Interni e alla presidenza del Consiglio, gli anni di piombo?

SERGIO MATTARELLA FRANCESCO COSSIGA

«A 16 anni è dura vivere con le scorte. Ogni giorno con una macchina diversa e seguendo itinerari mai uguali. In famiglia cercavamo di scherzarci su e sdrammatizzare, con la sventatezza dell’età giovanile. Ma io non potevo uscire il sabato perché a Roma c’erano le manifestazioni in strada, sempre sotto controllo: non era facile».

ANNA MARIA E FRANCESCO COSSIGA

 

Il 9 maggio 1978, il giorno in cui venne ritrovato il cadavere di Aldo Moro, era a scuola?

«In classe. “Come mai non ti vengono a prendere?”, si interrogavano inquieti ed io ero in preda al panico. Mio padre fu sconvolto dall’assassinio di Moro, il suo maestro, il suo riferimento. Avevano un alto senso dello Stato e non riuscì mai a perdonarsi di non averlo potuto salvare, si svegliava di notte tormentato. Somatizzò il dolore, i capelli gli diventarono bianchi, la pelle fu macchiata dalla vitiligine».

francesco cossiga

 

Ne soffrì fino a farsene una malattia?

«Mio padre non ebbe timori ad ammetterlo. Fui lui a parlare dell’omino nero e dell’omino bianco, della ciclotimia. Per noi non era una tragedia di cui vergognarci: lo consideravamo un disturbo al pari di tanti altri. Comunque fu un dramma che cambiò la sua vita».

 

Avrebbe contribuito a mutare anche l’atteggiamento da presidente della Repubblica? Divenne il picconatore.

«Ho vissuto indirettamente quella fase. Sapeva di avere una personalità ambivalente e ne aveva fatto una tecnica di combattimento politico. Certo, tutti noi ne rimanemmo stupiti. Era una persona molto severa e rigorosa.

 

Gli telefonai da Londra domandandogli: “Ba’, che succede?”. E lui: “Nulla di preoccupante, Anna. Cerco di divertirmi e dico tutte le cose che penso, in libertà”. Appresi del suo discorso alle Camere dalla televisione a New York».

dago e cossiga

 

Negli Stati Uniti ne registrò l’eco?

«In fondo, era una faccenda italiana e negli Usa l’interesse per queste notizie era limitato. Lui continuò nelle esternazioni anche dopo il Quirinale, da senatore a vita. Io ero con lui e insieme al suo collaboratore, il prefetto Franco Mosino, gli dicevamo: “Non pensi di stare esagerando?”».

 

Che cosa vi rispondeva?

«Con il suo sorriso: “Esagero? Beh, allora la smetto”. Ma dopo continuava esattamente come prima».

 

Ha mai pensato che avesse un po’ di ragione?

renato rascel, francesco cossiga e aldo moro

«Considerato quel che è accaduto dopo, non so quanto si sia divertito, ha almeno saputo guardare lontano. Ma questo è il senno di poi».

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