NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON…
Fabio Amendolara per “la Verità”
Dino Petralia, il magistrato antimafia che da procuratore generale di Reggio Calabria è stato chiamato dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, al posto del dimissionario Francesco Basentini, al suo primo comunicato da capo del Dap fa arrabbiare la polizia penitenziaria. Daniela Caputo, leader dell' Associazione nazionale dirigenti e funzionari di polizia penitenziaria, che si dice «neppure troppo stupita», non gliene ha risparmiate: «Le parole chiave sono Garante dei detenuti, Antigone, direttori». Il riferimento politico, stando all' analisi critica dell' Associazione dei dirigenti della penitenziaria, «è, esplicitamente, il sottosegretario Andrea Giorgis del Pd».
Oltre a quest' ultimo e a un lungo elenco di associazioni e direttori, tutti citati, uno dietro l' altro. Tranne chi lavora tutti i giorni all' interno degli istituti di pena per garantire la sicurezza: «La polizia penitenziaria non viene neppure citata, se non in una successiva integrazione». Stando alla segretaria dell' Associazione nazionale dirigenti e funzionari di polizia penitenziaria, insomma, ci sarebbe stata una rettifica rispetto al primo comunicato diffuso.
«Non ci stupisce perché, aldilà dell' elevatissimo profilo personale e professionale (che certamente merita tutto il nostro rispetto), il capo del Dap non è il capo della polizia penitenziaria, ne percepisce l' emolumento, ma non esiste un sola disposizione di legge che gli riconosca e disciplini tale funzione». Ecco spiegata la ragione del lauto stipendio. Ma a un magistrato fuori ruolo, aggiunge la Caputo,«non è richiesto di avere la sensibilità per guidare un corpo di polizia, anche per rispetto del principio costituzionale di separazione dei poteri».
Non solo. Petralia non è stato risparmiato dalle logiche di corrente svelate dalle chat dell' ex membro del Consiglio superiore della magistratura, Luca Palamara.
Lui stesso si era infatti rivolto allo stratega del Csm per tentare di coprire la poltrona di capo della Procura di Torino. Ritirò la domanda quando cominciarono a uscire le intercettazioni sul mercato delle toghe.
All' epoca si disse che non sapeva nulla del gradimento di Palamara. E prese le distanze dagli intrighi del pm romano. Ma le chat dimostrano il contrario. E Petralia in quei documenti arriva a chiamare il suo sponsor «infaticabile organizzatore». Cosimo Ferri (già sottosegretario renziano, poi con il Pd e ora con Italia viva), intercettato, aveva detto di aver saputo da Ermini che Giuseppe Cascini (anche lui di Area) chiedeva voti per Petralia a Torino. E, coincidenza, Petralia parla proprio di Torino con Palamara. Poi, a scandalo scoppiato, fa marcia indietro.
alfonso bonafede francesco basentini 1
La gratificazione, però, è solo rimandata. Bonafede chiama la toga a guidare il Dap. In pieno polverone, però, Petralia debutta tralasciando la polizia penitenziaria. E allora i dirigenti della polizia penitenziaria, come già hanno fatto altre volte, chiedono «la collocazione della polizia penitenziaria alle dirette dipendenze del ministro della Giustizia». Il Dap sembra proprio stare stretto alla penitenziaria.
«Confinarla all' interno del Dap (che deve giustamente occuparsi dei detenuti e dovrebbe farlo con maggiore attenzione)», sottolinea la Caputo, «è un' ingiusta mortificazione delle aspettative di 40.000 donne e uomini, anche perché il corpo collabora fattivamente con gli altri dipartimenti del dicastero, con gli uffici di sorveglianza e i giudici dell' esecuzione e con gli uffici interforze». E allora il sindacato si è rivolto al ministro Bonafede: «Istituisca subito un comando generale del corpo di polizia penitenziaria, affidandolo ai suoi dirigenti in uniforme e ponendolo alle proprie dirette dipendenze».
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