FLASH! - FERMI TUTTI: NON E' VERO CHE LA MELONA NON CONTA NIENTE AL PUNTO DI ESSERE RELEGATA…
1 - «LAVITOLA VA ARRESTATO, LA SUA RETE ANCORA PERICOLOSA»...
Fulvio Bufi e Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"
La «rete» di contatti di Valter Lavitola è tuttora in grado di «condizionare le attività investigative» e per questo il faccendiere deve essere arrestato per l'accusa di induzione a mentire. Venti giorni dopo la decisione del gip di Bari di firmare l'ordinanza di cattura accusandolo di aver influito sulle scelte processuali dell'imprenditore Gianpaolo Tarantini per conto del premier Silvio Berlusconi, le motivazioni rivelano quanto attuale sia per il magistrato «il pericolo di inquinamento delle prove».
Ma soprattutto il rischio «elevatissimo» che commetta altri reati «tenuto conto della personalità spregiudicata e aggressiva, come attestato dal materiale raccolto e dalle esibizioni mediatiche notorie in quanto veicolate da canali televisivi nazionali di larga diffusione».
Il direttore del quotidiano «L'Avanti!» si conferma dunque il perno dell'inchiesta sui soldi versati dal presidente del Consiglio all'uomo finito sotto inchiesta a Bari per aver portato donne a pagamento alle sue feste. Le intercettazioni telefoniche hanno mostrato quanto forte fosse il legame che Lavitola aveva con il capo del governo, la sua dimestichezza con lo staff di palazzo Grazioli. Ma soprattutto la sua capacità di «agganciare» Tarantini e la moglie Nicla, mediare i loro rapporti con il premier e le loro richieste di denaro.
E in questo modo, come raccomandava durante le conversazioni, «mettere sotto pressione» lo stesso Berlusconi riuscendo a farsi elargire grosse somme delle quali tratteneva la maggior parte. Come accadde nel marzo scorso, quando il premier gli consegnò 500 mila euro destinati a Tarantini e lui ne prese 400 mila. Un ricatto, secondo i pubblici ministeri di Napoli che sollecitarono la cattura di Lavitola e dei coniugi Tarantini per estorsione.
Gli arresti scattarono il 30 agosto scorso ma gli accertamenti successivi convinsero l'accusa che in realtà sotto inchiesta dovesse finire proprio Berlusconi, per aver costretto Tarantini a mentire ai magistrati baresi quando aveva affermato che il premier ignorava di aver ricevuto nelle sue residenze ragazze a pagamento. E per averlo tenuto «sotto controllo» provvedendo al suo mantenimento, alla scelta degli avvocati difensori, alla ricerca di un lavoro quando era agli arresti domiciliari.
Un'impostazione fatta propria dai giudici del tribunale del Riesame di Napoli che decisero di trasferire il fascicolo per competenza a Bari evidenziando come il premier avesse «piena e indiscutibile consapevolezza della qualità di "escort" delle ragazze che gli erano state presentate da Gianpaolo Tarantini». E dunque come quest'ultimo avesse mentito «determinando la consumazione del reato 377 bis posto in essere da Silvio Berlusconi».
La Procura di Bari ha disposto nuovi accertamenti sulla posizione del presidente del Consiglio e aveva deciso che non ci fossero gli elementi per confermare la richiesta di arresto per Lavitola. Ma il giudice ha invece obbligato il pm a formulare il capo d'imputazione ritenendo «gravi» gli indizi raccolti.
E nel provvedimento di cattura sottolinea non solo «la solare evidenza del pericolo di fuga», visto che Lavitola continua a essere latitante all'estero grazie alla «fitta rete di rapporti che gli consentono agevoli e frequenti spostamenti tra più Stati del continente americano».
Ma anche la possibilità di commettere altri reati e di inquinare le prove «avendo a disposizione risorse finanziarie rilevanti e collegamenti con soggetti e organizzazioni in grado di influire agevolmente nel condizionare le attività di indagine».
Per ribadire la pericolosità del faccendiere il giudice scrive che «è sufficiente rammentare le continue attenzioni di Lavitola nel regolare i rapporti di comunicazione con altri indagati, nel procurare a sé e ad altri mezzi di comunicazione di difficile individuazione e monitoraggio» facendo riferimento ai cellulari con scheda estera consegnati a Berlusconi attraverso il maggiordomo Alfredo e utilizzati in svariate occasioni.
2 - PRANZO CON MILANESE, IL CSM CONVOCA CAPALDO...
Dal "Corriere della Sera" - Parte l'indagine del Csm sul procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo, titolare fra le altre dell'inchiesta su Finmeccanica, e che riguarda la sua partecipazione al pranzo del 16 dicembre scorso con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e il deputato Marco Milanese, all'epoca indagato dalla Procura di Napoli e il cui nome era stato fatto qualche giorno prima dall'imprenditore Fabrizio Testa, nelle sue dichiarazioni spontanee ai pm della Capitale.
Sulla vicenda la prima commissione ha convocato per l'8 novembre prossimo il procuratore di Roma Giovanni Ferrara: Capaldo è anche uno dei candidati alla sua successione.
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