DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
1. OSTAGGI, TRATTARE E PAGARE - TUTTI NEGANO, MOLTI LO FANNO
Fiorenza Sarzanini per “Il Corriere della Sera”
Trattare e pagare per riportare a casa gli ostaggi: è questa la linea negata, ma sempre utilizzata sin dai tempi della guerra in Iraq e poi in Afghanistan da molti governi occidentali. Accade adesso pure in Siria, nonostante le smentite ufficiali. I servizi di intelligence negoziano la liberazione dei prigionieri anche se da circa dieci mesi la situazione è completamente cambiata e la ricerca dei giusti canali è diventata complicata, talvolta impossibile.
Si media con i gruppi fondamentalisti di matrice criminale e con quelli che fanno parte della galassia di Al Nusra, direttamente riconducibile ad Al Qaeda: denaro, medicine, materiali, e anche armi diventano contropartita. Molto più difficile sembra essere però l’attivazione dei contatti per arrivare ai vertici dell’Isis e poi per trovare una soluzione, perché le loro richieste sono esorbitanti, soprattutto perché è già accaduto che dopo avere ottenuto la disponibilità dei governi, si siano tirati indietro e abbiano ucciso i rapiti.
Greta Ramelli (S) e Vanessa Marzullo
Un gioco di forza che mette in scacco gli apparati di sicurezza, rendendoli impotenti di fronte a una ferocia che non sembra avere precedenti. In questo quadro l’Italia sembra rivestire un ruolo strategico in una triangolazione che vede impegnati anche francesi e belgi. Il lavoro svolto per salvare il giornalista del quotidiano La Stampa Domenico Quirico e poi il cooperante Federico Mokta, ha consentito agli 007 di attivare contatti che possono rivelarsi preziosi per sbloccare la trattativa in corso con chi tiene segregate Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due ragazze portate via nella notte tra il 31 luglio e il 1° agosto scorso nella zona di Aleppo e per riaprire un canale con chi ha catturato padre Paolo Dall’Oglio.
Ecco perché sono apparse improvvide le dichiarazioni del sottosegretario agli Esteri Mario Giro che ieri ha parlato di quello che si fa per sbloccare le varie situazioni. Le sue parole possono avere come effetto immediato soltanto quello di far alzare ulteriormente il prezzo del riscatto, rendendo ancora più difficile un’attività resa già delicatissima dalla sfida lanciata dai terroristi.
Accadde anche in Iraq e in Afghanistan quando l’Italia e gli alleati furono costretti a versare milioni di dollari pur di sbloccare i negoziati. Soldi versati utilizzando spesso canali di «copertura», non ultimi quelli umanitari. Una scelta — che tante polemiche aveva sollevato — resa necessaria quando era impossibile anche solo tentare un blitz militare, pur potendo contare sull’appoggio delle milizie locali.
È ancora nitido il ricordo di quel che successe quando i terroristi sequestrarono nella zona di Bagdad Fabrizio Quattrocchi, Maurizio Agliana, Umberto Cupertino e Salvatore Stefio decidendo di uccidere il primo e chiedendo denaro per liberare gli altri. Oppure la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena. E poi ancora cooperanti e reporter presi a Kabul e nelle aree di guerra afghane come l’inviato del quotidiano La Repubblica Daniele Mastrogiacomo.
In Siria l’eventualità di pianificare un’azione di forza si è già rivelata più volte impossibile. Sia nel caso di James Foley e più recentemente di David Haines le forze speciali americane avrebbero esplorato la fattibilità di un intervento rendendosi poi conto che non c’era alcuna possibilità di ottenere un risultato positivo. E nessuno è in grado di stabilire se Washington e Londra abbiano deciso di non cedere di fronte alla richiesta di circa 20 milioni di dollari o se invece non siano riusciti a trovare il canale giusto.
Le condizioni in quell’area sono proibitive, soprattutto se si tiene conto che oltre alla sfida contro l’Occidente, i gruppi fondamentalisti sono in guerra tra loro e le alleanze o gli scontri tra le varie fazioni hanno un’evoluzione rapida e difficile da controllare. Ecco perché bisogna cercare di stringere i tempi, evitare che gli ostaggi passino di mano costringendo chi tratta a ricominciare sempre daccapo in una partita che spesso diventa impossibile da gestire. E può avere esiti drammatici.
2. PADRE DALL’OGLIO È PRIGIONIERO CON LE DUE RAGAZZE
Lorenzo Cremonesi per “il Corriere della Sera”
David Haines in mano al suo carnefice
«Padre Paolo Dall’Oglio è vivo e sta bene. Si trova in una prigione posta nelle vicinanze della cittadina siriana di Raqqa e controllata da militanti iracheni dello Stato Islamico. Nelle stessa prigione potrebbero trovarsi altri ostaggi occidentali, tra cui le due cooperanti italiane rapite di recente». Lo sostiene il 74enne Michel Kilo, noto intellettuale damasceno che dai primi anni Settanta è una delle voci più forti tra le opposizioni di sinistra alla dittatura siriana.
Cristiano, ex militante comunista, poi laico e liberale, arrestato più volte dalla polizia segreta del regime, Kilo dal 2011 sta spesso a Parigi e sostiene le ragioni delle rivolte, ma critica duramente i gruppi jihadisti. Ci parla per telefono, dopo che per diversi giorni ha intrattenuto contatti in Turchia con dirigenti e militanti delle brigate di siriani ribelli che operano nelle regioni frontaliere. Le sue dichiarazioni riguardo al gesuita italiano, sparito nella Siria settentrionale dal 29 luglio 2013, contraddicono le voci, ripetute più volte da allora tra i gruppi dell’opposizione al regime anche nella zona di Raqqa, che questi fosse stato assassinato poche ore dopo il rapimento.
David Haines in mano al suo carnefice
Che informazioni ha su padre Dall’Oglio?
«Originariamente venne rapito da militanti dello Ahrar al-Sham (letteralmente «Uomini Liberi della Grande Siria», il gruppo armato che raduna formazioni minori tra il fronte integralista islamico, ndr ). Questi però poi lo hanno consegnato ai capi dello Stato Islamico, forse dopo un congruo pagamento come fanno spesso tra formazioni diverse, che intendevano liberarlo in cambio di un forte riscatto. Per molti mesi è stato rinchiuso nel palazzo del governatorato di Raqqa, dove i jihadisti hanno il loro quartier generale. Con lui sono stati tanti altri prigionieri occidentali, credo anche James Foley, il primo dei giornalisti americani decapitati».
Sono notizie importanti, delicate, che fonti ha?
«Non posso specificare. Ma sono fonti attendibili».
Ora Dall’Oglio dove si troverebbe?
«Adesso mi dicono sia in un carcere diverso. I suoi carcerieri sarebbero jihadisti iracheni, meno affidabili dei precedenti, più pericolosi di quelli siriani di Raqqa. Con lui, non nella stessa cella, potrebbero esserci anche le due italiane».
Sono in corso trattative?
«Prima c’erano. Ma adesso per Dall’Oglio, che è un carissimo amico, purtroppo la situazione si sta complicando, rischia molto più di prima. Non è più una questione di prezzo. La partecipazione militare italiana alla nuova coalizione guidata dagli americani contro lo Stato Islamico introduce l’elemento politico. Un conto è mandare aiuti civili, un altro spedire armi. Lo abbiamo appena visto con la decapitazione dell’ostaggio inglese. I jihadisti ricattano e puniscono i Paesi che si alleano contro di loro».
Ma lei cosa pensa delle possibili operazioni alleate in Siria? È vero che ormai non ci sono più brigate «laiche» tra le formazioni ribelli?
«Penso che non sia vero che lo Stato Islamico abbia completamente annichilito il fronte delle brigate che lottano per la libertà e la democrazia contro la dittatura di Bashar Assad, ma anche contro i fondamentalisti islamici. Lo sostengono in tanti. Ma io non sono d’accordo. Al contrario sono convinto che, nel momento in cui gli americani cominceranno davvero a bombardare, sia i militanti del Nuovo Esercito Siriano Libero che le formazioni non estremiste islamiche torneranno in massa a combattere per la libertà del Paese. Ora non si vedono, sono strette tra l’incudine dello Stato Islamico e il martello delle repressione del regime. Ma sono presenti, vive e vegete, da nord a sud».
Occorre turarsi il naso e accettare Bashar Assad come alleato pur di battere lo Stato Islamico?
«Assolutamente no. Assad è un criminale, un assassino della sua gente, che non ha esitato a sfruttare e dar forza ai jihadisti terroristi e tagliagole pur di criminalizzare l’intero movimento patriottico di opposizione al regime. Assad non è un partner. Deve andarsene. Con lui non ci sono compromessi possibili».
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