DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Alberto Statera per "la Repubblica - Affari & Finanza"
Matteo Renzi, il temerario, ha dato battaglia anche all'ultimo dei santuari. Dopo manager pubblici, direttori generali, prefetti, consiglieri di Stato, banchieri, magistrati, è toccato alla Banca d'Italia, la tecnostruttura, come si diceva una volta, più prestigiosa del paese. E' rimasto riservato un incontro quasi clandestino avvenuto nei giorni scorsi tra il presidente del Consiglio e il governatore della Banca d'Italia. Pare che Ignazio Visco, nonostante il naturale aplomb, ne sia uscito alquanto provato.
Per prima cosa Renzi ha chiesto di adeguare le retribuzioni dei vertici dell'Istituto centrale al limite di 240 mila euro della cosiddetta "Norma Olivetti" imposta per i dirigenti statali. Il governatore ha rivendicato l'"autonomia finanziaria e organizzativa", ma ha dovuto prendere atto del testo finale del decreto Irpef, che al comma 5 dell'articolo 13 recita: "La Banca d'Italia, nella sua autonomia organizzativa e finanziaria, adegua il proprio ordinamento ai principi del presente articolo".
Così il governatore, che già nel 2013 si era autoridotto lo stipendio da 757.712 a 550.000 euro lordi, poi scesi ancora a 495.000, adesso dovrebbe rinunciare ad altri 255.000 euro. Di 210.000 sarà invece il sacrificio dello stipendio di 450.000 euro del direttore generale Salvatore Rossi. Una falcidia micidiale.
Ma il sanguinoso diktat sugli stipendi non ha esaurito i dispiaceri del governatore, che nell'incontro conviviale ha trovato il premier molto informato sulla politica di aggregazione delle banche di territorio che la Banca d'Italia sta perseguendo per garantire il rafforzamento patrimoniale e che ha procurato pubbliche accuse, più o meno fondate, di favoritismi.
Del resto, il ministro di Renzi per le Riforme Maria Elena Boschi è figlia di Pier Luigi Boschi, esponente della cooperazione bianca e consigliere d'amministrazione di Banca Etruria, promessa in sposa su impulso della Banca d'Italia alla Popolare di Vicenza di Gianni Zonin. Dopo ispezioni ordinate dal capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo durate molti mesi, accertato il livello dei crediti inesigibili, la Banca d'Italia ha imposto ad alcune banche di territorio di trovare partner di "elevato standing".
Sull'Etruria è calato da Vicenza Zonin. Adesso si sente minacciata Veneto Banca di Montebelluna. Dopo un'ispezione durata otto mesi, la Vigilanza ha redatto un rapporto durissimo nel quale ha chiesto il siluramento del presidente Flavio Trinca e dell'amministratore delegato Vincenzo Consoli. I quali non l'hanno presa niente affatto bene e, forse per la prima volta nella storia, in un'assemblea con 6 mila soci tenuta a Venegazzù hanno attaccato pubblicamente la Banca d'Italia, sfidandone la sacralità , con accuse gravi.
La banca di Zonin, che non si troverebbe in condizioni finanziarie eccelse, sarebbe stata scientemente favorita non tanto perché di "standing superiore", ma perché ha saputo tessere "relazioni diverse" con la Banca d'Italia. Dove "relazioni diverse" sta per una forte azione di lobbying, cui i vertici dell'Istituto centrale non avrebbero resistito.
Chi avrebbe fatto lobby a favore di Zonin ha anche un nome e un cognome: Andrea Monorchio, il grand commis che per più di un decennio è stato ragioniere generale dello Stato e che è stato nominato vicepresidente della Popolare di Vicenza. Un bel guazzabuglio anche questo dei "matrimoni combinati", nel quale il temerario Renzi non ha esitato a mettere le mani.
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