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Alberto Mattioli per "la Stampa"
«Il tempo stringe», dice due volte Angela Merkel. «Il tempo stringe», ripete Nicolas Sarkozy (ma una volta sola). Dal salone Napoléon III dell'Eliseo parte per Atene un messaggio che assomiglia molto a un ultimatum: i greci non solo devono chiudere il negoziato con le banche private e con la troika (Ue, Bce e Fmi), ma devono anche farlo in fretta.
Da Bruxelles arrivano notizie poco incoraggianti: «La Grecia ha già superato la data limite - dice il portavoce della Commissione Ue -, c'è un ritardo che non si può ignorare». Insomma, o il piano di riforme, e subito, o addio ai 130 miliardi di aiuti, con conseguente inevitabile fallimento il 20 marzo, quando andranno in scadenza 14,5 miliardi di bond di Atene. I greci, pare, si affrettano lentamente: la doppia trattativa, con le banche private e i pubblici poteri, ancora non è finita e intanto oggi il Paese sarà paralizzato dall'ennesimo sciopero generale.
«I dirigenti greci - scandisce il Président - hanno preso degli impegni e devono rispettarli scru-po-lo-sa-men-te. Non c'è scelta. So che il premier greco ha un incarico non facile, ma l'esempio è il notevole lavoro che sta facendo monsieur Monti. Vediamo i progressi spettacolari dell'Italia». La Kanzlerin conferma (ma senza citare Monti): «Vogliamo che la Grecia resti nell'euro. Ma non ci sarà un nuovo progetto di salvataggio se non ci si metterà d'accordo».
Insomma, per Atene è l'ora di prendere o lasciare: «Il trattato è sul tavolo e l'accordo non è mai stato così vicino. La situazione della Grecia dev'essere regolata una volta per tutte», ammonisce lui. Già , ma se i greci decidessero invece di lasciarlo, il tavolo, e con lui anche l'euro? «Non vogliamo nemmeno prendere in considerazione questa eventualità », ammette lei. E, tanto perché non ci siano dubbi, «gli interessi sul debito greco devono essere versati su un conto bloccato».
Atene a parte, ieri all'Eliseo è andata in scena la grande giornata dell'amicizia fra Parigi e Berlino, tanto più ostentata quanto sempre meno la coppia è su un piano di parità . In mattinata, per la quattordicesima volta si è tenuto un Consigio dei ministri comune, con i due governi quasi al completo seduti allo stesso tavolo.
Poi i Merkozy hanno affrontato la stampa e infine hanno concesso alle televisioni pubbliche France 2 e Zdf un'intervista-duetto nella quale hanno ripetuto quel che avevano detto al mattino. In sintesi: l'amicizia franco-tedesca è solidissima, «ha evitato che nell'ultima crisi l'Europa finisse nel baratro» (parola di Sarkò), i cinquant'anni del trattato dell'Eliseo del 1963 che istituì l'asse franco-tedesco saranno festeggiati come meritano, eccetera.
In pratica, Sarkozy spinge per la «convergenza» fra le politiche economiche dei due Paesi, anche perché quella tedesca sta funzionando e quella francese no. I due ministeri delle Finanze hanno preparato un «libro verde» che servirà di base per l'armonizzazione delle tasse sulle società . Quanto al trattato di Bruxelles, «sarà adottato a inizio marzo», giura Sarkò. Qui però il problema c'è, perché lo sfidante socialista François Hollande ha già detto che, se diventerà Presidente il trattato dovrà essere «ridiscusso» e anzi non sarà nemmeno ratificato dalla Francia.
Alla Merkel la prospettiva non sorride e ricorda che «il trattato dell'Eliseo non è un trattato personale», quindi non lo è nemmeno quello di Bruxelles. Una ragione di più per una dichiarazione impegnativa: «Sostengo Nicolas Sarkozy su tutti i piani». Lui, intanto, spara su Hollande, beninteso senza mai nominarlo: «Quando la Francia firma un trattato, impegna tutti i francesi. Vorrei ricordarlo a chi non lo sa o non sa come si guida una grande Nazione». Sarkò non sarà ancora ufficialmente candidato, ma la sua campagna elettorale è già iniziata.
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