DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO BERLUSCONI NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN…
Andrea Bassi per il Messaggero
IL CASO ROMA La domanda inizia a circolare con insistenza. Nel governo sta per venire a galla un caso Savona? Uno nuovo naturalmente, dopo la mancata nomina del professore a ministro dell' Economia per lo stop del Quirinale. La scintilla che qualche giorno fa avrebbe potuto far da detonatore alle polemiche per il momento è scattata a Bruxelles. In breve, il ministro delle Politiche comunitarie, che non ha mai fatto mistero delle sue idee sull' Europa, ha messo a punto un corposo documento (si veda Il Messaggero di giovedì 13) che, almeno nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto costituire la base della posizione italiana per la riforma dell' Eurozona che i governi, in particolare quello francese e quello tedesco, hanno da tempo iniziato a discutere.
IL GIALLO DELLA CONSEGNA Nemmeno a dirlo, nelle 30 pagine del position paper di Savona compaiono passaggi difficili da digerire per l' attuale nomenklatura comunitaria. Come ad esempio la proposta di allungare, e di molto, le scadenze del debito pubblico italiano per la quota superiore al 60% del Pil con l' appoggio della Banca centrale europea e con la garanzia che in mancanza del pagamento delle rate i Paesi creditori potrebbero rifarsi sulle entrate fiscali italiane.
Oppure come la proposta di un deficit dinamico, ossia non più rigidamente legato al 3% del Pil ma ancorato alla crescita nominale, ossia quella che tiene conto anche dell' inflazione. Insomma, un documento per stomaci forti rispetto alle politiche in vigore attualmente a Bruxelles, ma che rispecchia fedelmente il pensiero di Savona e che il ministro, prima di rendere pubblico, avrebbe voluto che il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ne prendesse visione. Così aveva inviato il documento alla rappresentanza italiana nella capitale belga, chiedendo che fosse subito trasmesso a Juncker. Che però, sostengono fonti a lui vicine, non lo avrebbe mai ricevuto.
PAOLO SAVONA GIANCARLO GIORGETTI GIUSEPPE CONTE MATTEO SALVINI
Tuttavia, fonti diplomatiche italiane sostengono che la trasmissione sarebbe regolarmente avvenuta ma che evidentemente Juncker, per ragioni ignote, si sarebbe rifiutato di leggere. Comunque sia, nell' apprendere di questa disfunzione Savona si sarebbe fortemente irritato fino al punto da insinuare che gli ufficiali di collegamento con Bruxelles lo abbiano volutamente boicottato. Sicché, secondo fonti vicine a Palazzo Chigi, avrebbe chiesto una presa di posizione netta nei confronti degli uffici di Bruxelles, facendo balenare l' ipotesi di un dimissionamento del rappresentante italiano più alto in grado presso la delegazione italiana, vale a dire l' ambasciatore Maurizio Massari. Una richiesta che per il momento sarebbe però caduta nel vuoto.
IN DISACCORDO CON IL MEF A valle di questo incidente sono cominciate a circolare voci di possibili dimissioni che il ministro potrebbe rassegnare. Anche perché, secondo alcune fonti, Savona si sentirebbe poco ascoltato sulle questioni che riguardano la manovra economica. Ad ogni riunione cui partecipa, fanno sapere persone a lui vivine, Savona avrebbe molto da ridire su stime e calcoli che arrivano dalle strutture del ministero dell' Economia. Del resto, anche sui conti pubblici le sue idee sono note: basti pensare al piano di investimenti da 50 miliardi da tenere fuori dal deficit e che secondo lui potrebbero innescare un formidabile volano di sviluppo.
Insomma, un Savona arrabbiato e deluso che però non rinuncia a dire la sua anche su Mario Draghi, che pure reputa «un amico». Ieri per esempio ha detto che «il presidente della Bce si è procurato dei poteri che non avevamo previsto. Fa interventi sui cambi di cui sappiamo molto poco. La mia proposta è che questi poteri vengano messi nello statuto della Bce, in modo che poteri e responsabilità coincidano».
paolo savona col suo libro (2)MAURIZIO MASSARI
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