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Giovanna Vitale per “la Repubblica”
Il Coni si prepara alla guerra. Se oggi pomeriggio, nel corso della prima conferenza stampa dell’era Raggi convocata in Campidoglio dopo l’incontro col presidente Malagò, la sindaca grillina dirà no ai Giochi 2024, lo stop alla corsa olimpica non resterà senza conseguenze. Qualcuno dovrà risponderne. E quasi certamente sarà chiamato pure a pagare per gli eventuali danni prodotti.
Il parere scritto dall’avvocato Gianluigi Pellegrino su incarico del Coni parla chiaro: «La revoca della candidatura rischia di costare a Roma e ai romani 20 milioni di euro: il cortocircuito in cui potrebbe infilarsi la sindaca sta proprio qui», premette il legale. «Nel giugno 2015», ricorda infatti Pellegrino, «la città fu candidata dall’allora sindaco Marino in virtù di una mozione approvata in assemblea capitolina che lo obbligava a farlo. Su questa base Roma ha chiesto allo Stato di sostenere la sua corsa, anche economicamente. Lo Stato ha quindi accettato, escludendo altre città e mettendoci dei soldi».
Un iter preciso, con un budget preciso, necessario a lanciare la sfida italiana al mondo dello sport. «Perciò, adesso, Roma non può dire allo Stato: ci ho ripensato, stavo scherzando», argomenta l’avvocato. «Al punto in cui siamo lo Stato dovrà necessariamente esigere il rimborso di quanto speso finora».
Dunque Raggi, «che dice di avere come primo obbiettivo la tutela delle tasche dei romani, rischia l’effetto opposto: se revoca la candidatura espone le casse comunali, e quindi i cittadini, a risarcire lo Stato dei circa 20 milioni che Roma gli ha chiesto di investire. Se invece va avanti, ha la garanzia che i romani non tireranno fuori un euro, anzi riceveranno — se le Olimpiadi verranno infine assegnate all’Italia — 5 miliardi di finanziamenti ». Oltretutto, per il codice civile, l’inquilina del Campidoglio corre il pericolo di dover mettere mano pure al suo, di portafogli: «Chi, con dolo o colpa grave, compie atti contrari ai doveri della corretta amministrazione provocando un danno erariale, si espone ad un eventuale accertamento della Corte dei conti».
Un ragionamento di «buon senso» che, secondo l’avvocato, ha solide fondamenta giuridiche: «Per lo Statuto di Roma Capitale il sindaco deve eseguire la volontà espressa dal consiglio comunale », prosegue Pellegrino. Perciò «Raggi avrebbe un ulteriore problema: ottenere dal consiglio il ritiro formale della delibera varata l’anno scorso. In tal caso saranno i consiglieri a doversi assumere la responsabilità nei confronti dello Stato».
E né vale l’obiezione che allora a decidere fu una maggioranza di colore diverso rispetto a oggi: «Già al primo anno di università si impara il principio fondamentale della continuità amministrativa», taglia corto Pellegrino. «Quando un’istituzione assume impegni che comportano investimenti di altri Enti, la volontà politica deve lasciare il passo alla responsabilità amministrativa e alla serietà degli impegni».
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