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Sandro De Riccardis per "La Repubblica"
A pochi giorni dal processo con rito immediato a Filippo Penati, l'ex presidente della Provincia di Milano imputato nell'inchiesta di Monza sul "Sistema Sesto" per corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti, i suoi legali Nerio Diodà e Matteo Calori hanno depositato la lista dei testimoni da ascoltare in udienza. E tra questi c'è Massimo D'Alema, che comparirà in aula a difesa dell'ex compagno di partito, poi sospeso dal Pd.
L'ex presidente del Consiglio, segretario del Pds prima e dei Ds poi, è stato tirato in ballo da un altro imputato dell'inchiesta dei pm Franca Macchia e Walter Mapelli, che indagano sulle presunte tangenti sulle ex aree Falck, sui finanziamenti illeciti alla fondazione "Fare Metropoli" e sull'operazione Milano-Serravalle.
E' stato l'architetto Renato Sarno, definito dai pm «il collettore di tangenti per conto di Filippo Penati», a chiamare in causa D'Alema in uno dei suoi ultimi interrogatori. Sarno, il 4 marzo scorso, ha raccontato la sua versione dei fatti sull'acquisto da parte della Provincia del 15% della Milano-Serravalle di proprietà dei Gavio.
Un'operazione che ha garantito al gruppo di Tortona una megaplusvalenza di 179 milioni di euro. Il professionista ha ricordato davanti ai pm che «le esatte parole di Penati», il quale è stato anche capo della segreteria politica di Pierluigi Bersani, «furono: "Io ho dovuto comprare le azioni di Gavio. Non pensavo di spendere una cifra così consistente, ma non potevo sottrarmi perché l'acquisto mi venne imposto dai vertici del partito nella persona di Massimo D'Alema"».
L'operazione viene giudicata sospetta dalla procura anche per la vicinanza all'impegno finanziario - con circa 50 milioni - da parte dei Gavio nella scalata Unipol, poi fallita. Dopo il racconto dell'architetto, sia Penati che Massimo D'Alema hanno smentito la sua ricostruzione.
Sarno compare nell'indagine anche come l'uomo che nel 2008 aveva concordato con il grande accusatore del "Sistema Sesto", l'imprenditore del trasporto locale
Piero Di Caterina, e il manager dei Gavio Bruno Binasco, una finta compravendita immobiliare per far incassare a Di Caterina due milioni come «restituzione» dei «prestiti» che avrebbe fatto nel tempo a esponenti della sinistra milanese.
«Costretto da D'Alema a strapagare le azioni a Gavio? Non l'ho mai detto a Sarno né avrei mai potuto dirglielo, perché non è vero - aveva smentito Penati - . Difendo l'operazione Serravalle fatta nell'interesse della Provincia e destinata ancora oggi a procurarle una plusvalenza». Secca anche la smentita di D'Alema: «Non mi sono mai interessato alla vicenda dell'autostrada Milano-Serravalle».
Ora l'ex premier ripeterà in aula a Monza - nel processo che parte lunedì - che non ha mai avuto alcun ruolo in quella operazione finanziaria, deliberata dall'allora maggioranza di centrosinistra in Provincia. Per questo, oltre a D'Alema, sfileranno come testimoni, convocati dagli avvocati di Penati, anche gli assessori all'Urbanistica e ai Trasporti dell'epoca che contribuirono a dare il via libera all'acquisizione del 15% della Serravalle.
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