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Ugo Magri per "La Stampa"
«Non farò mai una cosa del genere», promette solenne il Cavaliere. A differenza di Craxi, il quale aveva perso ogni speranza, Berlusconi è certo di avere «ancora molte chance di cambiare la situazione», per cui no, «non fuggirò all'estero come Bettino. Sarebbe una fine poco decorosa della mia avventura umana», spiega presentando un libro di Nicolò Amato sul leader socialista.
Però, in realtà , Silvio all'estero gradirebbe andarci, anche solo per poche ore, giusto il tempo di raggiungere Bruxelles il 19 dicembre e di «cantarne quattro» ai Popolari europei lì convenuti: hanno osato invitare Alfano dimenticandosi di lui, Berlusconi. Un chiaro tentativo di metterlo tra parentesi (sebbene a espellere Forza Italia dal Ppe nessuno ci pensi, tantomeno della Merkel, perché in vista delle prossime Europee i voti berlusconiani fanno comodo eccome).
Piccolo problema: il Cav non dispone del passaporto. E nemmeno di un documento valido per l'espatrio. Glieli hanno confiscati dopo la sentenza definitiva. Per la legge, l'ex-premier è solo uno dei tanti condannati in attesa di espiare la pena. Ai senatori «azzurri», l'altra sera, Berlusconi ha reso noto che metterà in pista gli avvocati per chiarire se possono almeno strappare una deroga. Ma già si conosce la risposta: neanche volendo, i magistrati glielo potrebbero consentire. Il che proietta una luce sinistra sulla prossima campagna europea di Forza Italia, al cui leader è impedito per tutto il 2014 di prender parte agli eventi internazionali.
E fosse solo questo... Berlusconi resta convinto che in qualche Procura stiano davvero pianificando di mettergli le manette, «nel qual caso tutti capirebbero che c'è un disegno per assassinarmi». Quasi quasi se lo augura (ma difficilmente verrà esaudito). Alla presentazione del libro su Craxi, ha esordito dicendo che finirà di leggerlo «quando sarò in galera e avrò molto tempo a disposizione...».
Battuta che riflette un umore instabile, ora tetro ora giocoso come nella cena coi senatori, quando ha raccontato una freddura nemmeno tanto volgare sulla moglie di Bossi, e poi s'è messo a cantare con sentimento il suo vecchio repertorio da chansonnier.
Ha rinviato per l'ennesima volta le nomine di partito, con grande scorno dei «falchi» superstiti, in quanto vorrebbe immettere forze giovani tipo Alessandro Benetton (smentita in tempo reale del diretto interessato) o meno giovani come l'ex presidente di Confindustria D'Amato, che presiede l'associazione dei Cavalieri del lavoro da cui Silvio dovrebbe essere allontanato sempre per via della condanna.
Alla resa dei conti la sua speranza si chiama Renzi. à convinto che farà saltare il banco, in quanto «non può permettersi di stare fino al 2015 a bagnomaria». Così si andrà alle urne, confida agli amici, «e io tornerò in gioco».
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