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Maurizio Molinari per "La Stampa"
Benjamin Netanyahu porta alla Casa Bianca i timori di Israele per il riavvicinamento UsaIran e Barack Obama tenta di fugarli assicurando che «non ci bastano le parole di Teheran, servono azioni» sul blocco del programma nucleare.
Nello Studio Ovale, il premier israeliano e il presidente americano vestono in maniera identica - completo scuro, camicia bianca e cravatta celeste - e parlano con il tono dei vecchi amici, ma fra loro c'è tensione perché la telefonata di Obama al presidente iraniano Hassan Rohanì ha colto di sorpresa Gerusalemme.
«La priorità è impedire all'Iran di arrivare all'atomica», esordisce Netanyahu, sottolineando che «persegue l'eliminazione di Israele» e «deve smantellare il programma nucleare militare». E al fine di arginare il dialogo Usa-Iran aggiunge: «Se l'Iran è tornato a negoziare è solo grazie alle sanzioni e alla credibile minaccia della forza». «Per ottenere risultati diplomatici tali pressioni devono continuare - aggiunge il premier - e se dovessero accelerare verso la bomba le sanzioni dovranno aumentare».
Il tentativo è convincere Obama a non cambiare approccio a Teheran. à una richiesta che accomuna Gerusalemme a molti dei più stretti alleati arabi di Washington, a cominciare dall'Arabia Saudita. A descrivere lo schieramento sunnita-israeliano che ha vissuto come «uno shock» la conversazione Obama-Rohanì è il giornale arabo «A-Sharq A-Awsat», molto vicino alla monarchia wahabita, enumerando «Paesi del Golfo, Giordania, Turchia, Israele e altri». Turki al-Faisal, ex capo dell'intelligence saudita, aggiunge: «L'Iran nucleare minaccerà l'invio di petrolio all'Occidente aumentando i rischi di guerra».
Il fatto che un premier israeliano esprima nello Studio Ovale posizioni e preoccupazioni che lo accomunano con l'Arabia Saudita - rivale storico nei rapporti con l'America - dà la misura degli sconvolgimenti in atto in Medio Oriente. Obama ne sembra consapevole. «Viviamo tempi febbrili e in Medio Oriente è più vero che in qualsiasi altro luogo», dice il presidente, scegliendo sull'Iran un linguaggio teso a rassicurare non solo Netanyahu, ma anche lo schieramento sunnita acerrimo rivale strategico dell'Iran sciita.
«Le parole di Teheran non bastano, abbiamo bisogno di azioni concrete», dice Obama, ribadendo di essere «personalmente impegnato a impedire che l'Iran abbia l'atomica». «Spero in una soluzione diplomatica - aggiunge -, ma nessuna opzione è esclusa», dunque neanche quella militare. «Iniziamo a negoziare con l'Iran con gli occhi bene aperti promette Obama -, imporremo sul nucleare criteri di verifica molto alti in cambio della riduzione delle sanzioni».
à l'impegno ad una trattativa «dura, non facile» la carta che Obama gioca per tranquillizzare gli alleati israeliani e sunniti. In tale cornice parla anche della Siria, «dove l'impegno comune è eliminare le armi chimiche», e dell'Egitto, «perché siamo impegnati ad avere relazioni costruttive» con i nuovi governanti.
Durante il pranzo che segue il colloquio, Obama affronta con Netanyahu il tema spinoso del negoziato con i palestinesi che stenta a decollare. Poche ore dopo tocca al Segretario di Stato John Kerry incalzare l'alleato chiedendogli di sbloccare l'impasse. Anche di questo parlerà oggi Netanyahu intervenendo dal podio del Palazzo di Vetro.
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