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Antonio Salvati per "La Stampa"
Tutti assolti i ventotto imputati nel processo sulle presunte irregolarità nella gestione del ciclo dei rifiuti in Campania. Un'assoluzione, nel merito e con formula piena, che spazza via anche le polemiche relative alle lungaggini di un dibattimento che aveva portato alla prescrizione (solo quattro le richieste di condanna) delle accuse più gravi, come quella di truffa aggravata, di frode nelle pubbliche forniture, di peculato e falso ideologico.
Finisce così con un nulla di fatto il primo maxiprocesso nato per accertare le responsabilità politico-amministrative relative alla gestione della prima crisi dei rifiuti campana, quella degli anni che vanno dal 2000 al 2005. Un processo che vedeva alla sbarra, tra gli altri, Antonio Bassolino, ex governatore della Campania e per quattro anni commissario straordinario all'emergenza rifiuti, Raffaele Vanoli (l'ex vice commissario), Giulio Facchi (l'ex sub commissario), Pier Giorgio Romiti, ex manager del gruppo Impregilo, Armando Cattaneo, ex ad di Fibe e Angelo Pelliccia, ex direttore generale di Fibe.
Secondo i magistrati che hanno coordinato l'inchiesta, i pubblici ministeri Sirleo e Noviello, il primo da tempo trasferitosi a Catanzaro che era riuscito a continuare a sostenere l'accusa in sede di dibattimento e il secondo trasferitosi alla Procura di Perugia, la crisi dei rifiuti in Campania fu aggravata da impianti di Cdr progettati male che finirono per aggravare una situazione già esplosiva.
La costruzione di questi impianti fu affidata nel 2000 alla Fibe, l'Associazione temporanea d'impresa (formata da quattro aziende tra cui Fisia e Impregilo) che aveva vinto la gara d'appalto. Nel progetto originario, quegli impianti avrebbero dato il via al ciclo virtuoso dei rifiuti, trasformando l'immondizia in combustibile ottenuto dalla spazzatura da incenerire (le «ecoballe») e in un composto da utilizzare per la concimazione.
Per l'accusa chi doveva controllare (il commissariato presieduto da Bassolino) e chi si era aggiudicato l'appalto (la Fibe) conosceva perfettamente le «falle» dell'intero progetto: una convinzione avvalorata anche dalle relazioni di diversi esperti sul funzionamento degli impianti di trattamento dei rifiuti.
Una su tutte, quelle dell'ingegnere che, per conto di una società di consulenza, aveva verificato le prestazioni degli impianti su mandato delle banche interessate a finanziare il progetto. Inoltre l'accusa ipotizzava anche un tentativo di «regolarizzare» le ecoballe prodotte nei Cdr «tagliandole» con altre sostanze al fine di renderle conformi ai valori previsti.
Per la difesa degli imputati, invece, il progetto di realizzazione degli impianti non presentava nessun difetto. Il problema nacque in seguito, quando negli impianti di produzione del Cdr furono trattate tonnellate di rifiuti non sottoposte a raccolta differenziata. Tutto questo avvalorato da montagne di perizie.
Alla difficoltà di questo processo si sono aggiunte, poi, le lungaggini procedurali: la richiesta di rinvio a giudizio era stata depositata il 31 luglio del 2007, l'udienza preliminare è stata chiusa nel febbraio del 2008 con il dibattimento, iniziato nel maggio dello stesso anno, che è incappato in due cambiamenti di collegio. «Dopo anni di sofferenza e di dolore vedo finalmente riconosciuta la mia totale estraneità ai fatti che mi erano stati addebitati.
La gioia di oggi si mescola con la tristezza per le prove che ho dovuto affrontare» è stato il commento di Antonio Bassolino. Con la sentenza, i giudici hanno disposto anche il dissequestro dei siti dove sono state stoccate le ecoballe, riconsegnandole alle Province. Che ora dovranno decidere dove, e come, smaltire.
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