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Alessandro Rizzo per “la Stampa”
Dopo mesi di tentennamenti e silenzi, Theresa May si prepara a rivelare il piano del governo per la Brexit: la premier è disposta a portare il Paese fuori dal mercato unico pur di ridurre l' immigrazione dall' Unione europea. Una «hard Brexit» dunque, un taglio netto che prevede anche l' uscita dall'unione doganale e dalla giurisdizione della Corte di Giustizia. È quanto annuncerà, secondo la stampa inglese, in un discorso programmatico a lungo atteso e finalmente previsto per domani.
THERESA MAY TASSA SULLE VACANZE
Downing Street non conferma né smentisce, ma le indiscrezioni sembrano essere in linea con quel poco che, tra le righe, è emerso nelle ultime settimane. May ha sempre detto di considerare il voto del 23 giugno per la Brexit come un voto contro la libera circolazione delle persone. È questa la sua linea rossa, anche se implica la rinuncia ad un mercato di 500 milioni di consumatori. «La gente saprà che quando diceva "Brexit significa Brexit" faceva sul serio», ha detto al «Sunday Telegraph» una fonte vicina al primo ministro.
Per anni, da ministro degli Interni, May ha provato a ridurre il numero dei nuovi arrivi, senza mai riuscirci. Nel 2015, l'immigrazione netta è stata vicina ai livelli massimi mai registrati: 330.000 persone, di cui 184.000 dall' Ue. È stato questo il tema principale di una campagna referendaria che si è tinta di accenti xenofobi, mentre gli euroscettici puntano il dito sulle pressioni che migliaia di nuovi arrivi creano al welfare e al sistema sanitario nazionale (ma basta entrare in un qualunque ospedale per vedere quanto il servizio pubblico si affidi a infermiere e dottori stranieri: il 10% dei medici viene dall' Ue).
May vuole l'uscita dall' unione doganale per negoziare accordi commerciali con il resto del mondo. E con i partner europei scommette su un accordo ad hoc, puntando su settori chiave per l'economia di entrambe le parti, dai servizi finanziari della City all' industria automobilistica (un quinto delle auto prodotte in Germania viene esportato in Gran Bretagna).
E il cancelliere Philip Hammond ha detto al domenicale tedesco «Welt am Sonntag» che il Paese cercherà un nuovo «modello economico» e farà «tutto il necessario per restare competitivo», un possibile riferimento alla minaccia di abbassare la «corporate tax» per attrarre investimenti. Possibile anche una fase di transizione, come richiesto da molti imprenditori, per evitare un'uscita «a precipizio». Finora i segnali dal continente, da Angela Merkel in giù, non sono stati incoraggianti per Londra.
Ma i negoziati veri e propri partiranno in primavera, dopo che il governo avrà invocato l'Articolo 50 del Trattato di Lisbona. Se confermato, l'approccio della May farà contenti gli euroscettici del partito conservatore, preoccuperà i sostenitori della «soft Brexit» mentre la sterlina è già crollata sotto 1,20 dollari.
«Ci aspettiamo una correzione del mercato», ha detto una fonte di Downing Street al «Sunday Times». Molti, nei grattacieli della City come nei corridoi di Westminster, saranno soddisfatti quanto meno di avere una parola chiara sulle intenzioni del governo.
May ha scelto la Lancaster House, opulento palazzo ottocentesco a pochi passi da Buckingham Palace, come sede del discorso, e ha invitato ministri del governo e ambasciatori europei. Scelte non casuali, volte a sottolineare che le ambizioni di Londra restano globali. E la premier chiederà al Paese di superare le divisioni che hanno caratterizzato la campagna per la Brexit e che continuano a sei mesi dal referendum. «I vincitori hanno la responsabilità di agire con magnanimità - dovrebbe dire - gli sconfitti di rispettare la legittimità del risultato, e il Paese tutto di essere unito».
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