
AZZ! LA DUCETTA CI STA PENSANDO DAVVERO DI PORTARE L’ITALIA A ELEZIONI ANTICIPATE NEL 2026 - PERCHÉ…
VA BENE TUTTO, MA FARCI DARE LEZIONI DI DEMOCRAZIA DA UN DITTATORE È TROPPO – IL CREMLINO È STATO LESTO A COMMENTARE LA CONDANNA DI MARINE LE PEN, STREPITANDO CONTRO “LA VIOLAZIONE DELLE NORME DEMOCRATICHE”. SE NON CI FOSSE DA PIANGERE, CI SAREBBE DA RIDERE: CHE NE PUÒ SAPERE DI DEMOCRAZIA UNO COME PUTIN, CHE GLI OPPOSITORI NON SOLO LI ESCLUDE DALLE ELEZIONI MA LI UCCIDE, LI IMPRIGIONA O LI AVVELENA? – LA “FILIERA” DEL CREMLINO SI È SUBITO MESSA IN MOTO A DIFESA DELLA “COLLEGA” LE PEN: DA ORBAN A SALVINI
1. IL SOSTEGNO DELL’EURODESTRA INTOSSICATO DAL CREMLINO
Estratto dell’articolo di Massimo Franco per il “Corriere della Sera”
Solidarieta di matteo salvini a marine le pen dopo la condanna
[…] colpisce […] la filiera delle solidarietà, spuntata subito dopo: un’aggregazione anti Ue, guidata dal Cremlino e con Elon Musk come megafono. In poche ore, si è delineato un asse partito dal portavoce di Vladimir Putin; allargato all’ungherese Viktor Orbán; arrivato al vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini. Più il ministro per gli Affari europei di FdI, Tommaso Foti, e un altro esponente del partito di Giorgia Meloni, numero due degli euroconservatori, Nicola Procaccini.
E Musk, per il quale «quando la sinistra non può vincere abusa del sistema legale», scrive su X. Il paradosso è sentir dire al putiniano Dmitry Peskov che la condanna sarebbe «la dimostrazione di come in Europa vengano violate le norme democratiche».
E questo aggiungendo che la Russia non interferisce: senza rendersi conto di quanto sia surreale un’affermazione del genere da parte del braccio destro di Putin che ha invaso l’Ucraina; e a prescindere dai sospetti che Mosca abbia finanziato in passato il partito di Le Pen. Il fatto che a ruota sia spuntato tutto l’europopulismo di destra, ha rivelato soprattutto la volontà di delegittimare le istituzioni di Bruxelles. […]
MARINE LE PEN E VLADIMIR PUTIN
2. SCHWAB “È RIDICOLO CHE MOSCA E BUDAPEST CI DIANO LEZIONI SULLO STATO DI DIRITTO”
Estratto dell'articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”
«La decisione della Corte francese è corretta». Andreas Schwab, è tra i più influenti eurodeputati tedeschi del Partito popolare europeo. Vicino al capogruppo Manfred Weber siede tra i banchi dell’Eurocamera da oltre venti anni. E sulla sentenza del tribunale transalpino che ha condannato la leader del Rassemblement National, Marine Le Pen, escludendola dalle prossime elezioni presidenziali che si terranno tra due anni, non ha dubbi: «Questo è lo Stato di diritto ».
Quindi lei ritiene che le sentenze vadano rispettate?
«Certo, sempre. È la differenza tra un sistema in cui vige la legge e uno in cui la legge non regola la convivenza».
[…] Come valuta che tra i primi a difendere Marine Le Pen ci sia il presidente russo Putin?
«Ridicolo».
Il Cremlino sostiene che sia stata violata la democrazia.
«Appunto, ridicolo che siano proprio loro a sostenere una cosa del genere. I francesi lo capiranno. Credo che nessuno in Francia voglia aiutare Putin».
JORDAN BARDELLA VIKTOR ORBAN MATTEO SALVINI MARINE LE PEN
Tra l’altro le accuse di finanziamento del Front National da parte della Russia sono piuttosto diffuse.
«Tutti lo sanno. Sono sicuro che i francesi non permetteranno che sia Putin a decidere per loro. Anche alle prossime elezioni». […]
3. LE RAGIONI (E I TORTI)
Estratto dell'articolo di Antonio Polito per il “Corriere della Sera”
La sentenza che esclude Marine Le Pen dalle prossime elezioni presidenziali rendendola ineleggibile cambia i termini dell’equazione politica in Occidente, e porta alle estreme conseguenze un processo già in corso da tempo: la democrazia elettorale sta divorziando dallo Stato di diritto. O viceversa, se preferite.
MARINE LE PEN A TF1 - FOTO LAPRESSE
[…] Da molto tempo infatti democrazia e liberalismo, il dominio della «volontà generale» di Rousseau e la «rule of law» (la supremazia della legge) di Montesquieu, non proprio alleati all’inizio della loro storia, avevano imparato a convivere in Occidente.
Per questo i nostri sistemi sono definiti «liberal-democrazie».
Anche in Russia si vota, anche in Iran; ma perché non ci sogneremmo mai di definirle democrazie? Perché lì la legge non è uguale per tutti, il potere non è subordinato alla legge, e può mandare in carcere, o all’esilio, o uccidere chi gli si oppone.
[…] A llo stesso modo, però, i giudici devono essere unicamente «bocca della legge», e applicarla esclusivamente «in nome del popolo». Non possono cioè cambiare le regole e i termini del gioco democratico.
E togliere di mezzo la candidata favorita nella corsa presidenziale, leader dell’opposizione, non tanto con la condanna ma con la decisione discrezionale di far scattare subito l’ineleggibilità per Marine Le Pen, solleva dubbi sulla loro indipendenza.
Che siano dubbi fondati oppure no, conta fino a un certo punto: l’importante è l’effetto che hanno nella contesa democratica.
Sia a vantaggio dei concorrenti (non solo gli «europeisti»: subito Mélenchon ha difeso il diritto a candidarsi della sua arci-nemica, sperando così di ereditarne i voti); sia a vantaggio degli esclusi (la campagna vittimista potrebbe sdoganare per sempre il Rassemblement national e portare il numero due Bardella lì dove Marine non è mai riuscita ad arrivare).
Anche in Italia, del resto, un conflitto del genere ha avvelenato e condizionato la vita politica per vent’anni, fino all’estromissione dal Senato, eccezionalmente decretata a voto palese, di Silvio Berlusconi, per una condanna passata in giudicato.
L’interferenza tra i due poteri costituzionali, l’esecutivo e il giudiziario, non è però meno pericolosa per la democrazia quando funziona al contrario.
La destra «sovranista» che strepita contro la sentenza Le Pen ha taciuto quando Trump graziò e scarcerò i golpisti che avevano dato l’assalto al Campidoglio, annullando così una condanna penale per motivi politici.
Diverso ancora è il caso della Romania, subito evocato da Salvini sulla scia della polemica di Vance con l’Europa. Lì non si trattava di un «reato comune» con effetti politici; ma della sospetta intromissione di un potere straniero (la Russia) nel processo elettorale.
LA CONDANNA DI MARINE LE PEN BY GIANNELLI
E comunque anche la vicenda di Bucarest richiama la necessità di norme ad hoc, di rango costituzionale, se non si vuole che siano le corti di giustizia a decidere la sorte delle prossime consultazioni elettorali; soprattutto nell’Europa dell’Est, lì dove la Russia di Putin crede di avere un diritto di «patronage» (a questo proposito, sarebbe ridicola se non fosse tragica l’accusa del Cremlino alla Francia di «violare le regole democratiche», proveniente da un regime che il capo dell’opposizione, Aleksei Navalny, non solo l’ha escluso dalle elezioni, ma l’ha avvelenato, incarcerato e fatto morire in Siberia).
[…] Come se ne esce? Probabilmente mettendo al lavoro parlamenti e giuristi sulla definizione di nuove regole […]. L’immunità parlamentare, per esempio […].
Forme analoghe di immunità per le cariche dello Stato, statuti dell’opposizione che ne preservino le prerogative e i leader, creazione di corti ad hoc per giudicare la correttezza del processo elettorale: alle liberal-democrazie servirà un po’ di creatività se vogliono tenere insieme lo stato di diritto e la credibilità del processo elettorale.
A tutti poi converrà mettere fine alla sbornia di populismo giustizialista che tanto è andata di moda un po’ ovunque negli ultimi anni, e che può ritorcersi contro i suoi stessi pifferai: Marine Le Pen aveva sempre auspicato la norma sull’ineleggibilità, e anzi ne chiedeva una versione più severa: a vita. Con lo slogan «mani pulite e testa alta».
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