DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
1. IN 3 MILA ASSENTI OGNI GIORNO LO SCANDALO DELLE PARTECIPATE
Lorenzo De Cicco Giuseppe Gioffreda per il Messaggero
Tra malattie, permessi 104, fantasiose licenze per andare a messa o «per fare il trasloco» (con autocertificazione, ça va sans dire), nella galassia delle aziende del Campidoglio si assenta ogni giorno quasi il 12,6 per cento dei dipendenti. Sia chiaro: ferie e riposi settimanali esclusi.
VIRGINIA RAGGI E ANDREA MAZZILLO
Significa che lasciano sguarniti i turni tra autisti di bus, netturbini o impiegati quasi 3mila addetti su 22.700: uno ogni otto. Questo tenendo in considerazione soltanto le società partecipate al 100 per cento dal Comune di Roma. È contro di loro che ora rischia di abbattersi il «pugno di ferro» minacciato l' altro ieri dalla sindaca Virginia Raggi, ospite al forum del Messaggero. Una mossa per provare a «spazzare via le sacche di inefficienza» da una ridda di enti che ogni anno succhiano diversi miliardi di euro alle già disastrate casse di Palazzo Senatorio.
I NUMERI
In questo inglorioso ranking dell' assenteismo, sul gradino più alto del podio c' è l' Ama, la municipalizzata dei rifiuti. L' ultimo report trimestrale sulle assenze ha certificato che ogni giorno dà forfait il 14,9 per cento dei lavoratori. All' Atac, la malandata azienda dei trasporti pubblici su cui pesa un debito monstre da 1,2 miliardi di euro, invece il tasso di assenza è del 12,1 per cento, quasi il doppio dell' omologa partecipata milanese, la Atm, dove non si presenta al lavoro il 6,8 per cento del personale.
Considerando che Atac ha quasi 12mila dipendenti, vuol dire che quasi 1.400 lavoratori disertano i turni. Di questi, 750 sono autisti o macchinisti, oltre la metà dei quali non timbra il cartellino lamentando «problemi di salute». Una delle percentuali più alte è quella dei macchinisti (12,5 per cento di assenze), con le malattie che pesano per il 5,5 per cento e i permessi legati alla legge 104 per il 2,5 per cento.
Ancora peggio va ad Aequa Roma, l'«Equitalia» del Campidoglio, che dovrebbe scovare i furbetti che evadono le tariffe comunali. Qui si assenta il 14,2% dei dipendenti. E allora forse non è un caso che il 90% delle controversie di medio e grande importo venga smaltito in ritardo, come ha certificato un rapporto interno.
Come si spiega questa abnorme proliferazione di assenze? Sicuramente le malattie hanno un peso determinante (all' Ama sono il 7,3 per cento), ma accanto alla pioggia di certificati medici che ogni giorno invadono gli uffici del Personale delle varie società comunali, c' è una sfilza di permessi e congedi dalla natura quantomeno singolare.
Qualche esempio: ad Aequa Roma il Natale e la Pasqua si festeggia in anticipo. Ai 300 dipendenti infatti da anni viene concesso un permesso (retribuito, ovviamente) per assistere alla messa in occasione delle due maggiori festività cristiane.
Quando? Ovviamente non nei cosiddetti «super-festivi», quando i dipendenti pubblici sono naturalmente a riposo. Questa speciale licenza «per le messe», come si legge nell' ultimo contratto decentrato che risale al giugno del 2007, viene elargita a chi partecipa alle cerimonie «nei giorni precedenti l' evento». Ci si assenta per celebrare la festa, prima della festa stessa. Pensare che Aequa Roma già riconosce ai suoi lavoratori 72 ore di permessi retribuiti all' anno, che si aggiungono alle 32 ore previste dal contratto nazionale della categoria.
All' Adir, la Mutua assicuratrice di cui Roma Capitale possiede il 74% (il resto è di Atac e Ama), le assenze sfiorano il 10 per cento (9,96 per cento). Nel contratto dei 78 dipendenti è previsto un giorno di riposo, sempre pagato, per chi fa il trasloco. Non c' è bisogno di mostrare le foto degli scatoloni, basta un autocertificazione in cui si fa cenno al «cambio di abitazione». Fino a qualche tempo fa chi lavorava alle Assicurazioni capitoline aveva diritto, si fa per dire, anche a una «pausa colazione» (15 minuti al giorno) e di un' ora al mese di licenza per andare al bancomat («operazioni bancarie», recitava il contratto).
A Risorse per Roma, la partecipata romana a cui tocca gestire l' immenso patrimonio immobiliare del Comune, oltre 40mila tra appartamenti e locali, i 640 dipendenti fino a un paio di anni fa godevano di 40 ore di permessi l' anno per le visite mediche di nonni, fratelli e nipoti. «Senza necessità di giustificazione oraria».
Permesso abolito, insieme a tanti altri, dall' attuale presidente e amministrazione delegato, Massimo Bartoli. Il risultato qual è? Oggi Risorse è la municipalizzata capitolina con il tasso di assenze più basso, e per distacco. Appena il 4 per cento. Una mosca bianca nello sciame delle malconce partecipate di Roma. Infatti Bartoli ha appena rassegnato le sue dimissioni.
2. NEI DEPOSITI C' ERA ANCHE IL BARBIERE: 5 EURO LA SFORBICIATA DURANTE IL LAVORO
Lorenzo De Cicco per il messaggero
Barba e capelli? Cinque euro. Ma la sforbiciata, adesso, tocca ai barbieri dell' Atac. Pochi lo sanno, ma autisti e macchinisti della più grande partecipata dei trasporti d' Italia, da anni, possono andare dal parrucchiere direttamente sul posto di lavoro.
Mentre aspettano di montare sul bus o, non troppo di rado, perfino quando risultano in malattia. Basta affacciarsi nei locali riservati dentro i depositi, da Tor Vergata a Tor Sapienza.
Adesso però ai barbieri toccherà appendere le forbici al chiodo.
Venerdì scorso infatti l' amministratore unico della società, Manuel Fantasia, ha firmato una circolare in cui si legge che Atac «non ha interesse a mantenere attivo il servizio attualmente svolto nei locali barberie». Ecco perché «i locali occupati - c' è scritto nel provvedimento - dovranno essere resi liberi da persone e cose entro e non oltre il 31 luglio 2017».
IL RUOLO DEI SINDACATI
A ricevere la circolare è stato il Dopolavoro, il cartello dei sindacati che per decenni ha gestito le mense aziendali senza contratto, ma ricevendo milioni su milioni dalla società del Campidoglio. Che pagava al buio, senza nessun controllo su quanti pasti venissero effettivamente distribuiti ai dipendenti. Una commessa su cui infatti sta indagando la Procura di Roma, dopo l' esposto presentato dall' ex direttore generale, Marco Rettighieri. E infatti anche le mense ora sono in via di smantellamento.
Le barberie erano dunque in mano all' organizzazione dei sindacati, evidentemente intenzionati a difendere l' inalienabile diritto di sfoggiare l' ultimo hairstyle prima di entrare in cabina di guida. Il problema è che spesso ad accomodarsi sulle poltroncine del parrucchiere, a prezzi popolari, era anche chi per l' azienda risultava in permesso o addirittura in malattia.
Un esempio? L' ex direttore operativo della municipalizzata, Pietro Spirito, che sul disastro di Atac ha scritto un libro, Trasportopoli, racconta di avere scovato dal barbiere della rimessa di Acilia, qualche anno fa, un autista che aveva disertato i turni per «motivi di salute». Racconta Spirito: «Appena uscito dal salone barbiere in canottiera e sandali, rivolgendosi agli altri colleghi presenti nel piazzale, esclama: Aho! Me ne torno ar mare. Del resto sto in malattia, e me devo curà. Se vedemio, buon lavoro a tutti».
Ovviamente il malcapitato dirigente provò a reagire, chiedendo le generalità per procedere a una contestazione disciplinare. Risposta: «Faccia pure, tanto finirà nel nulla».
E aveva ragione. Ricorda ancora Spirito: «La mia contestazione disciplinare si arenò nelle secche di una procedura organizzativa aziendale orientata a tutelare i peggiori comportamenti dei dipendenti, soprattutto quando sono sotto l' ala protettiva del sindacato».
LO STOP
Ma, come per le mense ormai «in crisi di scorte» (quella di via Prenestina ha già chiuso i battenti), anche per i barbieri è arrivato il momento di smobilitare.
Questo almeno chiedono i nuovi vertici dell' azienda. La missiva spedita dall' amministratore unico al Dopolavoro infatti avverte che se i locali non verranno liberati, «il Dopolavoro sarà ritenuto responsabile per ogni danno conseguente al protrarsi dell' illegittima permanenza degli attuali occupanti». E Atac si tutelerà nelle sedi legali. Forse è il caso di darci un taglio.
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