DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
GIANNI LETTA SILVIO BERLUSCONI
Francesco Olivo per “la Stampa”
Dicono di aspettare, ma preparano il voto. Matteo Salvini è volato in Costa Smeralda per serrare i ranghi con Silvio Berlusconi, dettando condizioni a Mario Draghi che di fatto avvicinano le elezioni in autunno. Lo dicono ancora con formule dubitative, per non passare come i responsabili di una crisi che viene addebitata tutta a Giuseppe Conte, ma di fatto ogni tentativo di soluzione è complicato dai paletti posti dal centrodestra.
La strategia tenuta fino adesso da Lega e Forza Italia esce rafforzata dal pranzo in Sardegna: «O noi o il Movimento 5 Stelle». Una pretesa che a Roma viene letta come il sabotaggio di ogni flebile margine di trattativa, visto che la condizione che Draghi ha posto per andare avanti è proprio la presenza del M5S in maggioranza. Se ne sono accorti i ministri di Forza Italia, in testa Mariastella Gelmini, che denunciano, in pubblico o in privato, la sudditanza del proprio partito ai disegni di Salvini.
mara carfagna maria stella gelmini
La partita non è chiusa e oggi Berlusconi dovrebbe sbarcare a Roma per seguire di persona le delicate trattative dei prossimi giorni. Ieri il Cavaliere ha invitato il leader della Lega a Villa Certosa per un pranzo di lavoro. Il discorso di Conte di sabato sera è stato letto come una chiusura e il vertice, previsto per oggi, è stato anticipato. Manca poco allo snodo decisivo di questa strana crisi e il centrodestra vede vicino il traguardo, mostrando il volto dell'unità. In realtà le posizioni non sono esattamente identiche.
Il segretario del Carroccio vuole votare subito, come dice in serata durante un comizio nella Bergamasca: «L'attuale Parlamento è di sei ere geologiche fa. Impossibile governare anche con il Pd. Meglio restituire la parola agli italiani», anche se ancora non sa cosa fare mercoledì: «Decideremo in piena libertà». Il fondatore di Forza Italia è meno sicuro, sa che l'occasione elettorale è ghiotta, ma non può restare indifferente agli appelli che gli vengono rivolti da più parti, primo fra tutti Gianni Letta, il consigliere di una vita, che non smette di ripetere che andare a votare subito farebbe precipitare il Paese nel caos.
Prima del pranzo con il leader della Lega, Berlusconi è stato aggiornato sugli sviluppi della crisi dai capigruppo Annamaria Bernini e Paolo Barelli, dal coordinatore Antonio Tajani e dalla senatrice Licia Ronzulli, una riunione telematica con lo scopo di controbilanciare le pressioni che Berlusconi sta subendo dai consiglieri e dai manager delle sue aziende. Non è un caso che alla riunione su Zoom abbia partecipato anche Niccolò Ghedini, storico avvocato del Cavaliere, con opinioni opposte a quelle di Letta.
Anche Salvini ha i suoi interlocutori da ascoltare: i governatori del Nord, che vedono messa a repentaglio parte dei soldi del Pnrr, le aziende e le categorie, spina dorsale della vecchia Lega, terrorizzate dalle conseguenze di una crisi che scoppia alla vigilia di una tempesta annunciata per l'autunno. Come convincere tutti questi mondi che è meglio andare a votare? Per prima cosa cercando di smentire le previsioni più catastrofiste in caso di elezioni anticipate: «Non sono a rischio né l'attuazione del Pnrr, né le Olimpiadi, né i fondi contro il caro energia ed il caro carburanti», spiegano i viceministri della Lega, Federico Freni (Economia) e Alessandro Morelli (Trasporti).
La nota congiunta diffusa dai due partiti al termine del pranzo non cambia nella sostanza la linea degli ultimi giorni. Per prima cosa c'è una fotografia della situazione: «Le nuove dichiarazioni di Conte - contraddistinte da ultimatum e minacce - confermano la rottura di quel "patto di fiducia" alla base delle dimissioni di Draghi». Poi c'è l'aut aut: «È da escludere la possibilità di governare ulteriormente con i 5 stelle per la loro incompetenza e la loro inaffidabilità».
Si arriva così alla conclusione: «I leader di Forza Italia e Lega, con il consueto senso di responsabilità, hanno concordato di attendere l'evoluzione della situazione, pronti a sottoporsi anche a brevissima scadenza al giudizio dei cittadini». Quindi si resta in attesa, palla a Draghi, ma lo scenario elettorale viene collocato in un arco temporale «brevissimo», un superlativo assoluto che non è messo lì per caso. La porta non viene completamente chiusa a una soluzione intermedia: proseguire con i fuoriusciti del M5S. Tra le resistenze interne ai partiti ci sono quelle dei ministri.
Mariastella Gelmini è tornata a criticare la linea del partito, chiedendo, un'intervista a Repubblica, di «non mettere condizioni a Draghi». La ministra degli Affari regionali è stata criticata da Giorgio Mulè, sottosegretario alla Difesa, che ha definito la sua posizione, «rispettabile, ma personale». In difesa di Gelmini sono intervenuti cinque parlamentari azzurri.
matteo salvini al matrimonio berlusconi fascina 3
La ministra è delusa dalla posizione dei vertici di FI e ritiene che i margini per vincere la battaglia "antisovranista" dentro al partito siano quasi nulli. Gelmini, i suoi fedelissimi ne sono certi, non esclude più la possibilità di lasciare presto il partito. Mara Carfagna mantiene una linea più prudente, ma ai suoi interlocutori di questi giorni ha spiegato che l'immagine di un Parlamento che manda a casa uno dei premier più rispettati al mondo, avrà ripercussioni negative sulla credibilità del Paese. Sono posizioni distanti da quelle dei vertici del partito. Una cosa sola mette d'accordo tutti: «Da qui a mercoledì può succedere di tutto».
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