FLASH! – MARIA ROSARIA BOCCIA CONTRO TUTTI: L’EX AMANTE DI GENNY-DELON QUERELA SANGIULIANO (GIÀ…
Ugo Magri per "La Stampa"
Con i nervi scossi dal processo Ruby, convinto che le riforme potrebbero salvarlo, Berlusconi ha trattato a pesci in faccia i suoi dissidenti. Si è spinto a urlare un «vaffa» nei confronti del campano D’Anna, reo (tra le altre colpe) di punzecchiare la sua fidanzata Francesca. Ma perfino nei confronti di Capezzone, uno che vive di politica e per la politica, ha mostrato sprezzo senza precedenti: «Sì, vai, vai pure con Fitto, andatevene...», gli ha riso in faccia. Nessuno, nemmeno nel «cerchio magico», avrebbe immaginato un tale show durante la riunione dei gruppi parlamentari «azzurri».
Dire che ha messo tutti quanti in riga sarebbe un eufemismo. Semmai li ha presi a frustate evocando i probiviri che, per chi non frequenta i partiti, sono il loro tribunale interno, la Santa Inquisizione incaricata di bruciare gli eretici. Ma soprattutto, al termine del suo discorso, l’ex Cavaliere ha tranciato con furia il dibattito: fine della riunione, basta così. Inutilmente una dozzina di mani si sono levate per chiedere la parola e contestare la tesi del sostegno senza se e senza ma alle riforme, appena teorizzata dal leader.
Lui ha ramazzato i fogli, si è alzato in piedi, e nella calca che sempre segue queste adunanze Berlusconi s’è trovato di fronte un capo dei rivoltosi, cioè Minzolini. «Smettila di contestare le mie decisioni», l’ha apostrofato con un sorrisetto indecifrabile, «so io cosa voglio, non è da ieri che faccio politica». E l’altro, un po’ guascone: «...e io per 35 ne ho scritto da cronista».
Fin qui restiamo sul piano delle battute più o meno amabili. Poi però si è avvicinato serissimo Capezzone: «È grave che si voglia azzerare il dibattito con la minaccia dei probiviri». Il tempo di rifiatare e poi la frase che ha mandato Berlusconi fuori dei gangheri: «Siamo come il Pci del 1971», cioè quello che buttò fuori i dissidenti del Manifesto... «Tu non puoi mettere in discussione la mia storia politica», è scattato l’ex premier, «vai con Fitto e andatevene tutti e due...».
«Vabbè, presidente, arrivederci», ha agitato la mano D’Anna esponendosi pericolosamente e subito azzannato dal Capo: «Se continui a farmi del male con le tue dichiarazioni, mando affanc... pure te». E l’altro, risentito: «Che fai, mi cacci?». Berlusconi (nel racconto dei testimoni) è un fiume in piena, «sì, vattene, vattene da Alfano, tanto stai già da lui!».
Nell’insieme, una scena abbastanza selvaggia che ha scosso parecchi, compresi alcuni di quelli che poco prima avevano applaudito convintamente il discorso. Secco. Determinato. Secondo la Gelmini efficacissimo. Il trionfo della linea Verdini: «Sono vent’anni che mi date la vostra fiducia, vi chiedo di confermarmela ancora una volta. Onoriamo il patto del Nazareno, anche se non sono le nostre riforme ideali ma quelle possibili. Perfino se noi ci sfilassimo, Renzi avrebbe i numeri per farle da solo.
E comunque, sono stati compiuti grandi passi avanti rispetto al testo originario. Faremo opposizione dura ma sull’economia, e sarà Brunetta a coordinare le iniziative». Poteva bastare. Invece Berlusconi estrae di tasca un foglietto e lo legge con lo sguardo incupito. È l’«ukase», l’ultimatum ai dissidenti: «Alle Europee gli elettori non ci hanno premiato per via delle nostre liti da spogliatoio. Chi metterà in difficoltà Forza Italia, rischierà di trovarsi davanti ai probiviri...».
Oggi capiremo se la minaccia ha avuto effetto. Ma intanto, per tutta risposta, i dissidenti forzisti e di Gal hanno presentato oltre 1000 emendamenti al testo delle riforme. E oggi probabilmente si riuniranno per decidere il da farsi. «Non finisce qui», sussurrano gli amici di Fitto, «anzi il bello incomincia adesso». Sullo sfondo, l’ombra di una nuova scissione.
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