FLASH! – MARIA ROSARIA BOCCIA CONTRO TUTTI: L’EX AMANTE DI GENNY-DELON QUERELA SANGIULIANO (GIÀ…
1.PD
Jena per “la Stampa”
Benvenuto compagno Verdini.
2. FI, LA SCISSIONE DI VERDINI “SILVIO,TI FAI COMANDARE DA QUELLE TRE RAGAZZINE”
Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
Finisce come annunciato: una scissione e fiumi di muti rancori. Tra Silvio Berlusconi e Denis Verdini l’addio è gelido, perché si conoscono da decenni e hanno attraversato assieme terreni troppo minati per sollevare polveroni pubblici. Nel chiuso di Palazzo Grazioli - di fronte a Gianni Letta, Fedele Confalonieri e Nicolò Ghedini - trovano però sfogo le accuse di sempre.
«Io continuo a volerti bene, presidente. Ma lascio - sibila l’ex coordinatore, secondo quanto riferiscono - perché non posso prendere ordini da tre ragazzine ». Pensa al cerchio magico fondato da Maria Rosaria Rossi, Debora Bergamini e Francesca Pascale. «Con Renzi non hai futuro, non conterai più nulla e sarai irrilevante», prevede l’anziano leader. Il resto è battaglia di numeri e reclutamento di senatori tra due esperti del ramo.
Quando varca la soglia dell’ufficio romano dell’ex premier, Verdini già conosce l’esito del faccia a faccia. L’ha confidato proprio a Confalonieri, incontrato segretamente una settimana prima: «Io voterò le riforme. E non riuscirò a far capire a Silvio che sta sbagliando linea». Il presidente Mediaset, fan della linea del dialogo, gli consiglia di sostenere l’esecutivo restando nel partito. Di più, l’idea è quella di puntellare la maggioranza dai banchi dell’opposizione, appoggiando lo sforzo anti-tasse promesso da Renzi.
BERLUSCONI VERDINI ALFANO INAUGURAZIONE SEDE FORZA ITALIA FOTO LAPRESS
Troppo tardi, però, perché l’ingranaggio non si può fermare e Verdini ha bisogno di mostrarsi ufficialmente “renziano”. Berlusconi, invece, continua a contrastare Palazzo Chigi. Eppure due sere fa, a cena con i senatori, si è detto incuriosito dalle mosse del premier: «Bisogna capire se riuscirà davvero a costruire il “partito della nazione”...».
Si combatte con il pallottoliere alla mano, a questo punto. Numeri certi non ne esistono. La controinformazione dissemina falsi indizi.
LA CONDANNA DI BERLUSCONI PELLEGRINAGGIO A PALAZZO GRAZIOLI DENIS VERDINI
Di certo Verdini tempesta di telefonate i senatori, promettendo un futuro nel grande contenitore renziano. Può contare su due fittiani (Langella e Longo), l’azzurro Mazzoni, Barani e D’Anna (Gal), Pietro Langella (Ncd) e Riccardo Conti (Misto). In bilico i due uomini di Raffaele Lombardo (Scavone e Compagnone), anche se l’ex governatore siciliano ha già fatto sapere informalmente: «Io non tratto con Verdini, parlo direttamente con Renzi». Undici senatori al massimo, comunque. «Noi andiamo per la nostra strada - assicura un fedelissimo come Ignazio Abrignani - ed entro mercoledì terremo una conferenza stampa per annunciare l’addio a Forza Italia».
All’ex Cavaliere non resta che provare a ridimensionare l’ennesima scissione. Contatta i dubbiosi, uno per uno. Ma l’amico di un tempo è parecchio oltre. Ha anche individuato la nuova sede di Azione liberale. In pieno centro, dove un tempo sventolava la bandiera del Psdi di Pietro Longo.
3. SILVIO E VERDINI, PRANZO D’ADDIO: “SE TE NE VAI SARÀ PEGGIO PER TE”
Ugo Magri per “la Stampa”
Per tutto il pranzo, Berlusconi non ha fatto che ripetergli col cuore in mano: «Se te ne vai mi dispiace da morire», oppure «ti prego, Denis, evita di darmi questo immenso dolore». Ma poi, non appena Verdini ha infilato l’uscio di Palazzo Grazioli, e Silvio è rimasto da solo con gli altri tre commensali (che erano Confalonieri, Letta e l’avvocato Ghedini), il tono dei discorsi è cambiato radicalmente: «Vuole correre in sostegno al governo? Peggio per lui. Anzi, peggio per Renzi che se lo prende in carico. Verdini gli provocherà un danno d’immagine bestiale. Se il premier legittima un’operazione del genere, vuol dire che si sente davvero alla canna del gas».
Insomma, il rammarico di perdere un altro pezzo di partito sembra più che bilanciato, agli occhi di Berlusconi, dalla ghiotta opportunità di scatenare qualche bella campagna mediatica (le bocche da fuoco non gli mancano certo) contro il «governo Renzi-Verdini» e di ergersi addirittura a censore del «nuovo trasformismo». Il rinvio a giudizio del senatore toscano, deciso ieri dal Gup con l’accusa di bancarotta in concorso con tre imprenditori, non poteva cadere con una tempistica migliore.
Riflessi negativi
Il rischio di una figura poco esaltante è ben chiaro ai piani alti Pd. Voci autorevoli dal Senato hanno messo in guardia Renzi che, se a Verdini e soci si spalancassero le porte della maggioranza, potrebbero determinarsi contraccolpi forti. Non solo la minoranza interna si sentirebbe sfidata, ma tutte le anime belle della sinistra, che sono tante, proverebbero disagio nel combattere fianco a fianco con i nuovi «Responsabili».
Già, perché il gruppo che si costituirà sotto l’insegna di Azione liberal-popolare sarà composto in Senato da personaggi quasi tutti legati a sponsor del calibro di Cosentino, Cuffaro, Lombardo. Nomi che nella base Pd non evocano sensazioni positive. Due soli senatori lascerebbero Forza Italia (Verdini, appunto, e Mazzoni); altri due verrebbero strappati a Fitto (Longo e Falanga), un altro paio a Gal (Barani e D’Anna).
cena di finanziamento del pd a roma luca lotti
A questi sei, considerati lo «zoccolo duro», pare vogliano aggiungersi Scavone e Compagnone, vicini all’ex governatore siciliano Lombardo, molto voglioso di un contatto con Renzi. Forse aderirà Ruvolo, a suo tempo intimo di Cuffaro. Forse da Ncd si aggiungerà Langella, o magari aderirà Lavico... Potranno essere alla fine dieci, forse undici, magari 12, quanti bastano per formare un gruppo parlamentare che reca piccoli privilegi (stanze, segretarie, portaborse). Il numero esatto lo scopriremo nei primi giorni della prossima settimana, anche se sulla tempistica Verdini vuole rifletterci su e i più saggi dei suoi non intendono mettergli ansia.
Il ruolo di Lotti
Due sere fa, racconta l’«Huffington Post», Verdini è andato a cena con il braccio destro del premier al «Gallura», ristorante chic dei Parioli. Non è una sorpresa, dal momento che i due sono entrambi fiorentini e in continuo contatto via sms. Lotti ha la delega piena e totale di Renzi al quale, formalmente, di questa trattativa nulla risulta. Mille indizi portano però a ritenere che, senza una mano da Palazzo Chigi, Verdini mai ce l’avrebbe fatta a raccogliere la sua «sporca dozzina». A Matteo l’estetica interessa fino lì. Gli preme piuttosto avere i numeri per governare. E i voti in Parlamento, come la pecunia, «non olent».
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