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Pasquale Napolitano per ‘Il Giornale’
Sconfessato e abbandonato. Matteo Renzi teme l'assedio. Dentro e fuori il Pd. Due regioni, Sicilia e Campania, consegnano l'immagine di un possibile declino della leadership renziana. Il rottamatore rischia di scivolare nell'isolamento.
In terra sicula, le elezioni regionali di novembre hanno scatenato guerre tra bande e fughe tra i democratici: nella giornata di ieri 40 militanti della federazione giovanile di Catania hanno deciso di non rinnovare la tessera del partito, annunciando l'appoggio per Claudio Fava, candidato per la presidenza della Sicilia di Mdp.
L'esodo tra i giovani segue di poche ore l'addio di altri due dirigenti: il parlamentare regionale uscente Pino Apprendi, che ha deciso di non ricandidarsi con il Pd, e l'ex segretario regionale dei Ds Tonino Russo, che ha aderito al movimento civico Arcipelago Sicilia del sindaco di Palermo Leoluca Orlando. L'imposizione della candidatura di Fabrizio Micari ha fatto naufragare il progetto renziano nell'Isola.
Il termometro di una temperatura rovente in casa Pd è contenuto nelle parole di Fabio Venezia, sindaco di Troina in provincia di Enna, e dirigente di lungo corso: «Molti dirigenti storici e centinaia di militanti, fra cui moltissimi giovani, stanno abbandonando il partito nella più totale indifferenza e inerzia». In realtà, la «vera» manovra di accerchiamento a Renzi è partita da Napoli: due ministri del Pd, Dario Franceschini e Graziano Delrio, hanno accettato l'invito alla festa nazionale di Mdp: una decisione che smentisce, pubblicamente, la linea di rottura con gli ex compagni di partito imposta dall'ex sindaco di Firenze.
E non solo: Franceschini e Delrio hanno aperto all'ipotesi, ripetutamente bocciata dal segretario del Pd, di un ritorno alle stagioni del centrosinistra, modello Ulivo, «L'unità nel centrosinistra è una necessità», ha commentato Franceschini. «Bersani, Civati, D'Alema? Eravamo nello stesso partito fino a qualche mese fa, faccio molta fatica a pensare a loro come avversari», ha ribattuto il ministro.
Più esplicito il messaggio di Graziano Delrio, renziano della prima ora, che in un confronto con Pierluigi Bersani ha chiarito la propria posizione: «Non chiudo il dialogo a sinistra con Mdp e Pisapia, spero che abbia successo il loro tentativo di allargare il campo di centrosinistra. Io non sono un esponente di un partito di destra». Due schiaffi, pesantissimi, al leader democratico.
E sempre da Napoli, il presidente del Senato Pietro Grasso ha criticato la scelta del partito democratico di rinunciare all'approvazione dello ius soli. Mentre il ministro Delrio ha sconfessato la renziana Maria Elena Boschi che aveva chiuso il discorso («Mancano i numeri») rilanciando, al contrario, il tema: «C'è ancora tempo per l'approvazione». Accerchiato e isolato. Renzi prova a reagire, annunciando l'avvio ufficiale della campagna elettorale a bordo del treno che partirà da Roma il 17 ottobre. Un treno destinato a girare l'Italia con pochi passeggeri a bordo.
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