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Luigi Bisignani per ''Il Tempo''
Caro Direttore, Papa Bergoglio ha dovuto davvero faticare e arrabbiarsi per mettere fine a quel tribunale a luci rosse che in Vaticano ha deciso per anni sulla nullità dei matrimoni cattolici e che negli archivi conserva migliaia di testimonianze su disfunzioni e perversioni sessuali di tutti i tipi, umilianti soprattutto per le donne. Per vincere questa imbarazzante partita, Papa Francesco ha dovuto affrontare non solo le agguerrite lobby dei giudici ecclesiastici e degli avvocati matrimonialisti ma addirittura la conferenza episcopale italiana e la curia, che hanno cercato inutilmente di mettersi di traverso rispetto alle sue decisioni. Questa la storia fino ad oggi mai scritta.
papa francesco bergoglio e le donne
Il 15 agosto Francesco ha firmato il motu proprio 'Mitis Iudex Dominus Iesus' sulla riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità dei matrimoni. Ed è subito iniziata la guerra. Lo stesso Papa, infatti, è stato costretto a tenere il documento nel cassetto fino a settembre inoltrato, a causa delle reazioni dei canonisti della segreteria di Stato e del Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi.
Il fatto che ora in ogni diocesi il vescovo possa decidere personalmente, con una procedura semplificata e, soprattutto, gratuita, è stato giustamente visto come la fine del sistema ultraconsolidato (e remunerativo) che girava intorno ai Ter, i tribunali ecclesiastici regionali istituiti nel 1938 da Papa Pio XI.
papa francesco bergoglio e le donne
All'epoca, dopo il Concordato, l’unica uscita da un matrimonio fallito era la causa di nullità (il divorzio in Italia è stato istituito 40 anni dopo). La prima reazione è stata addirittura del cardinale Francesco Coccopalmerio, il capo del Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi, il quale, sua sponte, ha inviato una circolare ai Tribunali ecclesiastici italiani dicendo loro che la nuova procedura non riguardava l’Italia poiché in esso non veniva espressamente abolito il motu proprio di Pio XI. In realtà, Francesco aveva decretato che le sue norme avessero vigore “nonostante ogni altra norma contraria”.
A questa errata interpretazione del Codice ha subito risposto il Papa facendo sapere agli interessati, tramite il sostituto Becciu durante l’apertura dell’anno accademico dello Studium Rotale (la scuola degli avvocati ecclesiastici), che l’interpretazione autentica gli attribuiva, come legislatore, "ogni facoltà" in virtù del canone 16 del Codice di Diritto canonico e che pertanto il suo motu proprio valeva ovunque, Italia compresa.
Nonostante questo, la Conferenza Episcopale Italiana ha inviato ai vescovi italiani una lettera a firma del segretario Nunzio Galantino, quello che si è scagliato contro la moralità dei politici quest'estate, nella quale si sosteneva che il Papa con le sue disposizioni "limitava" i compiti della Rota Romana e lasciava integri quelli dei Tribunali Regionali italiani.
Il 10 dicembre, al rientro dal suo viaggio in Iraq, monsignor Galantino è stato pregato di presentarsi urgentemente presso la sede della Rota Romana dove, per ordine del Papa, il decano gli ha servito uno shampoo di richiamo all’ordine, preannunciando che il Pontefice avrebbe prodotto un altro “motu proprio” con una risposta adeguata anche ai giochi Cei.
NUNZIO GALANTINO E BAGNASCO don nunzio
E infatti il pomeriggio del giorno dopo sull’Osservatore Romano è apparso un rescritto pontificio che, dopo aver servito agli interessati una lezioncina di diritto canonico, ha stabilito la definitiva gratuità dei processi ecclesiastici. L’ultima decisione papale sta facendo ridere il mondo cattolico perché tutti gli altri Paesi che avevano istituito i Tribunali Ecclesiastici Regionali (Usa,Brasile,India…) avevano subito compreso e accolto entusiasticamente la lezione, mentre gli italiani hanno avuto bisogno che il Papa gliela spiegasse due volte, come agli studenti del primo anno di diritto canonico.
E ora non solo monsignor Galantino cerca di incontrare il Papa davanti alla macchinetta del caffè a Santa Marta per chiarirsi, ma pare che provi a farlo anche il capo della comunicazione vaticana Dario Viganò, potente direttore, e non solo, del Centro televisivo vaticano, finito un po’ nell’ombra dopo aver trasformato, nel giorno dell’apertura del Giubileo della Misericordia, la facciata di San Pietro in Disneyland. Non è stato un caso se in Piazza non si è vista neppure una porpora. Chissà chi ha suggerito quelle assenze. A Santa Marta credono di saperlo.
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