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1 - MAZZETTE FINMECCANICA: INDAGATO L'UOMO DELL'UDC
Rita Cavallaro per "Libero"
L'inchiesta sulle tangenti di Finmeccanica scuote anche l'Udc. A gettare ombre sul partito di Pierferdinando Casini è l'iscrizione nel registro degli indagati di Franco Bonferroni, accusato dai magistrati romani di finanziamento illecito ai partiti. A tirare in ballo il consigliere di amministrazione di Finmeccanica, in quota Udc, è stato il superconsulente Lorenzo Cola, che in un interrogatorio del 9 dicembre 2010 ha detto ai pm di aver personalmente consegnato nelle mani di Bonferroni una mazzetta da 300mila euro.
Una consegna che sarebbe avvenuta nell'ufficio di Lorenzo Borgogni, l'uomo delle relazioni istituzionali che con le sue dichiarazioni sta facendo tremare i partiti della Seconda Repubblica. Il denaro, proveniente da fondi neri ricavati grazie al sistema delle sovrafatturazioni, secondo Cola era destinato all'Udc. Gli inquirenti vogliono ora capire se Casini fosse al corrente di quel flusso di denaro che sarebbe finito a rimpinguare le casse del suo partito.
A mettere nei guai Bonferroni sono state le dichiarazioni di Cola, che nell'ambito dell'inchiesta Enav racconta il meccanismo delle sovrafatturazioni, la creazione dei fondi neri per le tangenti e i flussi di denaro. L'incontro in cui sarebbe stata consegnata la tangente al consigliere di Finmeccanica è avvenuto agli inizi del 2008.
«Portai a Borgogni 300/350mila euro in contanti, che mi furono consegnati da Iannilli e che provenivano da sovrafatturazioni di società che lavoravano con Selex, delle quali Iannilli (Marco, ndr) era formalmente il commercialista », spiega Cola, chiarendo che «in sintesi Borgogni mi aveva fatto la richiesta di denaro, io la girai a Iannilli, che preparò il contante e me lo fece trovare in una busta nella mia auto guidata dal mio autista».
Cola aggiunge che «raggiunsi l'ufficio di Borgogni, dentro vi trovai due persone, una delle quali mi venne presentata da Borgogni come il Bonferroni, cui venne consegnato il denaro. In seguito », si legge nel verbale, «ho verificato effettivamente che la persona in questione era Bonferroni». Non una parola su chi fosse l'altra, su chi avesse accompagnato l'onorevole in una così delicata circostanza. Tanto che i magistrati chiedono a Cola come facesse a dire che la mazzetta fosse destinata al partito di Casini se all'epoca Bonferroni non era più parlamentare dell'Udc. La risposta è chiara: «Per noi del gruppo Bonferroni era espressione dell'Udc e [...] costituiva un riferimento politico preciso».
L'iscrizione nel registro degli indagati di Bonferroni emerge da un documento integrativo di Finmeccanica richiesto dalla Consob e consegnato agli azionisti in occasione dell'assemblea. Il consigliere di amministrazione il 2 maggio scorso aveva già informato l'azienda di aver ricevuto l'avviso di garanzia a fine marzo. Lo aveva fatto nel corso di una riunione congiunta tra il comitato per il controllo interno e il collegio sindacale della società .
Bonferroni aveva spiegato di aver chiesto di essere ascoltato dai pm romani e l'interrogatorio, in cui l'indagato ha dichiarato la propria estraneità ai fatti, è avvenuto il 21 aprile scorso. Finmeccanica ha intanto rinviato all'esito delle indagini in corso «ogni valutazione sulle iniziative da assumere» nei confronti del consigliere. Quello di Bonferroni, comunque, non è il primo presunto caso di tangenti che scuote il partito di Casini.
Nell'inchiesta Enav, infatti, è coinvolto anche il tesoriere dell'Udc, Giuseppe Naro, nelle cui mani il dominus della Print System, Tommaso Di Lernia, avrebbe consegnato 200mila euro. Soldi che Di Lernia avrebbe portato a Naro in via Due Macelli e che «erano destinati a Casini. Vennero consegnati al tesoriere dell'Udc», ha raccontato, «perché erano assenti sia Cesa (Lorenzo, segretario del partito, ndr) che Casini, impegnati in un'operazione di voto».
2 - UNA VITA PASSATA A SCHIVARE INCHIESTE...
Elisa Calessi per "Libero"
Se esistesse un guinness dei primati in fatto di inchieste, Franco Bonferroni l'avrebbe vinto. à dal 1993 che al suonare di ogni vicenda giudiziaria riguardante i rapporti tra politica e affari, lui finisce in mezzo. Finora, bisogna dirlo, è sempre uscito immacolato. Ma la cosa stupefacente è che, nonostante i guai giudiziari, non ha mai smesso di surfare sulla cresta del potere. Magari cambiando referenti. Ma sempre restando sull'onda. Chi lo conosce, alza le spalle: «Il Bonfo è il Bonfo».
Uno che «sa sempre trovare la soluzione». O che ci prova. «Adesso ti spiego io...», è una sua tipica frase. Ma chi è, esattamente, Franco Bonferroni? La sua prima vita è politica. Nato a Reggio Emilia nel 1938, ragioniere, presidente della Camera di Commercio, viene eletto per la prima volta in Parlamento con la Dc nel 1979. Corrente di Arnaldo Forlani, fedelissimo dell'ex ministro dei Trasporti Giovanni Prandini, amico del Cardinal Ruini (ha celebrato nel 2003 le nozze della figlia), esce dal Palazzo nel 1994.
Quattro legislature, è stato sottosegretario all'Industria e al Commercio nel VI governo Andreotti ('89-'91), poi al Commercio estero nel VII governo Andreotti ('91-'92). Un cursus honorum che gli ha ottenuto un vitalizio di 5.076 euro al mese. Un tipico esemplare di «sotto-governo», lo descrive chi lo conosce. Uno, cioè, capace di tenere i rapporti tra la politica e i potenti. I suoi guai cominciano nel '93, quando inizia Tangentopoli. Il 9 marzo gli arriva il primo avviso di garanzia dalla Procura di Trento.
L'inchiesta riguarda gli appalti Anas per la superstrada Merano-Bolzano. L'imprenditore Paolo Pizzarotti, di Parma, gli avrebbe consegnato un miliardo di lire, in quanto braccio destro di Prandini. Il 15 marzo è indagato dal pool di Mani Pulite, sempre per gli appalti dell'Anas. L'accusa, anche qui, è di corruzione. Poi è la volta della Procura di Roma. Due avvisi di garanzia per concussione. Un mese dopo torna nel mirino della Procura di Milano, che chiede al Parlamento l'autorizzazione a procedere nei confronti suoi e dell'ex ministro Prandini.
Un nuovo avviso di garanzia gli arriva in luglio. Questa volta per la ristrutturazione dello stadio "Galleana" di Piacenza. Al centro dell'inchiesta una Fiat Croma che gli avrebbe regalato un imprenditore piacentino, Costantino Trabucchi. Secondo i pm si tratterebbe di una tangente. Bonferroni, per sbarazzarsene, avrebbe poi regalato la Croma all'allora vescovo di Reggio Emilia, Paolo Gibertini. Sia Bonferroni, sia Trabucchi vengono assolti. Intanto va avanti il filone Anas. Finisce davanti al Tribunale dei ministri. Viene condannato a 3 anni e 8 mesi per corruzione.
Quindi prosciolto. Nel 2004 è Calisto Tanzi, il patròn di Parmalat, a chiamarlo in causa tra i politici a cui avrebbe dato soldi. Lui, con Libero, ammette: «Mi ha dato contributi elettorali nel '79, nell'83 e nell'87», le tre volte in cui è stato eletto alla Camera. Il suo nome era spuntato anche nell'affaire P2, tra gli affilati della Gran Loggia d'Italia. Venne deferito ai probiviri della Dc. E assolto. Dal '94 si ritira dalla politica. Ma non dal potere. Diventa amico di Lorenzo Cesa, ma anche di Gianni Letta e Fedele Confalonieri. Entra nel cda di Finmeccanica. E siamo a oggi.
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